Ad aprire un nuovo capitolo della mediocre fiction che intende celebrare i fasti della sicurezza con una ringhiosa determinazione punitiva, ci pensa la stipula dell’atto di intesa tra il governo, le regioni e la provincia di Trento e di Bolzano sull’obbligo di certificazione di assenza di tossicodipendenza per alcune categorie di lavoratori che svolgono mansioni pericolose nei confronti di terzi. Nulla da eccepire sull’auspicio che autotrasportatori e lavoratori che svolgono alcune attività particolarmente rischiose, debbano essere lucidi e sobri durante l’esercizio delle loro mansioni. È altrettanto ovvio pretendere che persone che soffrono di una condizione di dipendenza da sostanze psicoattive debbano essere allontanate da mansioni pericolose (non solo quelle elencate nell’atto di intesa), finché non abbiano raggiunto una remissione dal loro stato di dipendenza. Ma queste semplici e razionali considerazioni non trovano posto in un atto legislativo che continua a confondere stati di dipendenza, consumi personali di tipo privato e consumi che comportano rischi nei confronti di altri. Così l’atto d’intesa, che reca il titolo “certificazione di assenza di tossicodipendenza”, afferma poi all’articolo 3, in piena continuità con i presupposti e le soluzioni indicate dalla legge Fini-Giovanardi, che si tratta di: “accertamenti sanitari per accertare l’assenza di assunzione di sostanze stupefacenti”. Rincara la dose poi all’art. 4 sugli “accertamenti sanitari preventivi”: nel quale si stabilisce che il datore di lavoro nell’assegnare mansioni comprese tra quelle rischiose, o il medico competente nel momento dell’assunzione, provvedano a testare il lavoratore presso il Sert, che diviene luogo di certificazione anche nei casi di infortunio inferiore ai 20 giorni o “in tutti i casi in cui il medico competente lo ritenga motivatamente necessario”. Il capolavoro si compie all’art. 8 nel quale si definiscono le modalità di accertamento e le procedure tecniche: di fatto si ripropone come criterio dirimente la presenza dei metaboliti delle sostanze stupefacenti nei liquidi organici, chiudendo in tal modo il cerchio che identifica tracce di consumi anche pregressi con stati di dipendenza e/o comportamenti attuali. Questa confusione, oltre che politica, è anche medico legale poiché l’insensatezza di fare coincidere consumi e dipendenze è avallata tecnicamente. Sorprendente è la posizione di Federserd, che vede in questo atto di intesa una possibile “riqualificazione” dei Sert, confermandosi così un’organizzazione più para sindacale e corporativa che scientifica. Al contrario, Pier Paolo Pani, presidente della Sitd (Società Italiana Tossicodipendenze), con lungimirante acume scientifico afferma che «il superamento ope legis di funzione di diagnosi e valutazioni di prognosi di natura chiaramente tecnica svilisce e dequalifica la funzione del Sert delegato a guardiano della legge piuttosto che della salute dei cittadini». Forse l’unico merito di questo atto di intesa è di aver spinto a chiarire il ruolo dei Sert che devono essere governati da ragioni tecnico scientifiche e non da opportunismi politici e corporativi.