Tempo di lettura: < 1 minuto

Letizia Moratti (Suor Letizia, come la chiama il suo assessore alla Cultura Vittorio Sgarbi, dopo la censura di una mostra d’arte omosessuale) ha fatto aderire Milano alla rete delle “Città europee contro la droga” e ne ospiterà un vertice in autunno. Non paga, Lady Letizia ha annunciato dalla Turchia, dove ha incontrato i suoi sodali di questa formidabile lega della moralità assoluta, che il Comune non intende più finanziare associazioni o comunità che non rispettassero il principio della “tolleranza zero”. Primo taglio i progetti di scambio siringhe, giusto per consentire all’Aids di rialzare un poco la testa. Una solerte ancella di Letizia è l’assessore alla Salute, Carla De Albertis, che ha coinvolto le famiglie in un progetto di spionaggio domestico. Ha spedito migliaia di lettere ai genitori degli adolescenti della zona sud di Milano per invitarli a ritirare gratuitamente in farmacia un kit per testare l’urina dei propri figli. La risposta è stata modesta – poche decine di kit – e nulla si è saputo sull’esito dei test. Quanti giovani sono stati salvati grazie a questa trovata che aveva come umoristico titolo “Droga:parliamone in famiglia”? Non sappiamo nulla delle conversazioni nei pressi dell’orinatoio, ma sono spuntati in città manifesti che spiegano, con scientifica sicumera, come un po’ di inappetenza, qualche sbalzo di umore o la progettualità ridotta (sic!) di un adolescente siano indizi per capire se un ragazzo si stia avvicinando alla droga. L’importante è la fede nel modello di San Patrignano, rinunciare alla scienza, alla conoscenza e affermare che non esiste distinzione fra i derivati della cannabis e le altre droghe o riproporre la teoria della marijuana come droga di passaggio. Questa è la cifra culturale del pensiero che governa Milano.