Nel Libro Bianco 2016 sugli effetti della legge sulle droghe, diffuso alla fine di giugno l’aggiornamento sul tema «droghe e guida» si era esteso a una critica della nuova legge sull’omicidio stradale. La critica riguardava principalmente due aspetti: primo, la sproporzione tra le pene previste (sino a 18 anni di carcere) rispetto a quelle per i più gravi reati non solo colposi ma anche dolosi; secondo, nei casi in cui entrano in gioco l’alcol e/o le droghe illecite, le molte incertezze sulla fattibilità e validità di affidabili e tempestivi accertamenti clinici e analitici, e, in particolari casi, anche i sospetti di incostituzionalità.
Dopo la stesura dell’aggiornamento si è avuta una dura presa di posizione dell’Unione camere penali, che ha definito la legge sull’omicidio stradale un «arretramento verso forme di imbarbarimento del diritto penale, frutto di cecità politico-criminale e di un assoluto disprezzo per i canoni più elementari della “grammatica” del diritto penale». Inoltre è apparsa su Diritto Penale Contemporaneo una minuziosa analisi critica della legge (di ben 34 pagine) condotta dal penalista Giuseppe Losappio, docente all’Università di Bari; un testo denso di riferimenti giuridici che non tenteremo di riassumere, limitandoci a citare alcuni passaggi del sommario. «E’ l’ennesima riforma che introduce nell’obsoleto tessuto del codice penale il frutto di opzioni politico-criminali di impostazione mediatico-emergenziale». Quindi «non sorprende che la nuova disciplina sia diffusamente caratterizzata da svariati errori di scrittura, difficoltà di lettura e coordinamento sistematico, da ricorrenti tracce di irragionevolezza/sproporzione, alcune delle quali persino di dubbia legittimità costituzionale». Seguono considerazioni sulla «imprecisione della formula che descrive il rapporto tra violazione della regola cautelare ed evento», al punto di postulare un «intervento di ortopedia interpretativa»; il che, se abbiamo capito bene, apre la strada a una troppo ampia discrezionalità nella applicazione della legge.
Sul piano pratico, a parte quanto riguarda alcol e droghe di cui si è detto nel Libro Bianco, hanno iniziato a piovere segnalazioni allarmanti su vari possibili effetti perversi della legge. Per esempio, non pochi incidenti di per sé non gravi – come un tamponamento e il conseguente «colpo di frusta» – possono produrre lesioni con prognosi superiore ai canonici 40 giorni. Ebbene, in questo caso il responsabile pur «pulito» di sostanze dovrà affrontare un processo penale con una pena prevista da 3 a 12 mesi di reclusione e con una automatica sospensione della patente per ben cinque anni.
Inoltre il gruppo Pd della Regione Emilia-Romagna ha adottato una risoluzione che chiede alla Giunta regionale di attivarsi insieme al Ministero dell’Interno per ridefinire la responsabilità degli Enti Locali proprietari e gestori delle strade, laddove sia venuta a mancare la manutenzione per mancanza di fondi. Da un lato, infatti, la legge 41/2016 si applica anche a coloro cui compete la tutela della sicurezza stradale, quindi agli Enti locali che abbiano mancato di rendere sicure e fruibili le strade pubbliche. D’altro lato per gli Enti locali, soprattutto per i comuni più piccoli, diventa sempre più difficile garantire una manutenzione adeguata della rete stradale a causa della contrazione delle risorse disponibili.
Insomma, questo fiore populistico-penale all’occhiello di Matteo Renzi pare proprio un bruttissimo imbroglio, e non solo per ciò che riguarda gli incidenti sotto l’effetto di alcol e droghe.