La normalizzazione dell’uso della cannabis in Italia ha preso negli ultimi mesi la via maestra anche grazie al boom della cosiddetta marijuana light. Il lancio di Easyjoint a maggio scorso ha di fatto scoperto il vaso di pandora del vastissimo consumo di cannabis nel nostro paese. Le infiorescenze di cannabis senza THC, e quindi legali, sono andate letteralmente a ruba, provocando sorpresa nei media mainstream, polemiche anche nel mondo antiproibizionista e grande interesse nella filiera della canapa industriale. Ne abbiamo parlato con Luca Marola, storico attivista antiproibizionista, fondatore del Canapaio Ducale di Parma, ma soprattutto mente di Easyjoint.
La vostra iniziativa commerciale, ed il successo che ha conseguito, ha anche qualcosa di politico. Svela l’ipocrisia italiana e porta in evidenza come il consumo di cannabis in Italia sia un consumo ormai normalizzato.
Quando avete deciso di fare l’azzardo, e perchè?
Abbiamo inventato EasyJoint, la commercializzaione della cannabis light, come reazione ai risultati raggiunti dai tavoli tecnici ministeriali ed alla legge di tutela e sostegno della filiera della canapa industriale. Durante le negoziazioni ed in legge assistiamo alla rimozione delle infiorescenze perchè “troppo simili alla marijuana“. Il proibizionismo e la sua irrazionalità hanno intaccato un buon testo di legge, in origine, mutilandolo. Come se i fiori della pianta non esistessero. Visto che da nessuna parte è esplicitamente vietata la commercializzazione dell’infiorescenza, abbiamo deciso di occupare questo limbo per segnalare l’incongruenza della legge appena approvata e permettere ai reali portatori d’interesse, aziende agricole ed associazioni di categoria, di riaprire la questione e chiedere in modo un po’ più deciso che, almeno con i decreti attuativi, il fiore e la sua commercializzazione e produzione siano normati. Abbiamo quindi associato un valore economico ad un prodotto naturale ignorato, fino a pochi mesi fa, sia dalle aziende produttrici di canapa, sia dal legislatore per fare in modo che la legge venga velocemente corretta.
Dal punto di vista legale cosa vi aspettate? La magistratura si è già interessata a Easyjoint?
EasyJoint è un progetto, non un prodotto. Questo significa che dietro vi è una strategia commerciale, politica e comunicativa ma significa anche che sono state previste numerose puntate. Una reazione ottusa e violenta era un’eventualità, finora non concretizzatasi. Siamo stati in grado finora di mantenere il progetto ancorato alla realtà agricola italiana: abbiamo scelto di non produrre direttamente infiorescenze ma utilizzare le aziende agricole della filiera, ad oggi 86 sono le aziende che forniscono il fiore di cannabis a noi; sfruttiamo il successo mediatico ottenuto per veicolare educazione ed informazione sulla realtà agricola italiana, sulle varietà di cannabis coltivabili e le loro caratteristiche, sui cannabinoidi secondari legali e le loro proprietà terapeutiche. Abbiamo da subito fatto rete, rete che si espande quotidianamente. Forse anche per questo motivo ci hanno finora lasciato lavorare…
In poche ore dal lancio avete terminato le scorte. Dove viene prodotta, e come, la cannabis che usate. E come l’avete scelta?
Effettivamente abbiamo avuto un boom di vendite nelle prime ore di vita, a metà maggio. Ora tutto è tornato nella norma o meglio abbiamo rinforzato il sito, l’e-commerce e creato, anche qui, una rete distributiva che conta ad oggi oltre 200 rivenditori autorizzati di modo da allentare la pressione che abbiamo subito nelle prime settimane. Oltre alla rete dei grow shop, da inizio settembre apriremo le vendite anche attraverso le erboristerie. La cannabis da noi commercializzata viene prodotta unicamente in Italia. E questo è per noi un vanto. Le tonnellate finora commercializzate con EasyJoint provengono da un po’ tutta Italia. I principali produttori sono comunque in Campania, Sicilia, Marche e Piemonte. Valutiamo raccolti che abbiano un qualche aspetto particolarmente interessante: alta concentrazione di cannabidiolo, un
bouquet di terpeni particolare, la provenienza da campi certificati come biologici. Chiediamo comunque a chiunque voglia venderci il raccolto di analizzare il prodotto attraverso laboratori certificati per verificare i contenuti di cannabinoidi, fitotossine ed aflatossine nonchè concentrazioni di metalli pesanti ed altri agenti contaminanti. Le nostre infiorescenze sono italiane, biologiche e sicure.
Ci puoi dire i “numeri” dell’impresa?
15 tonnellate commercializzate in sei mesi di attività, 86 aziende agricole che coltivano canapa per EasyJoint che arriveranno a 250 entro febbraio prossimo, oltre 200 grow shop come rete distributiva e un’ottantina di altri negozi come erboristerie e altro, 75 posti di lavoro creati in EasyJoint favorendo la creazione di altri 250 posti di lavoro. Tutto questo in soli sei mesi…
Hai sempre parlato di un’attività ponte fra economia e politica…
Io sono un attivista antiproibizionista, prima di tutto. Mi presto al tour del Radical Cannabis Club come “insegnante” di coltivazione di marijuana con iniziative di disobbedienza civile che si sono svolte a Roma, Milano, Torino ed altre città; abbiamo fondato la Italian Cannabis Business School (www.cannabischool.it) per chi vuole entrare nel “cannabusiness” con basi solide ed inizieremo i corsi veri e propri in autunno; è partita la terza stagione di Non Solo Skunk, l’unica trasmissione radiofonica settimanale sulla cannabis e la legalizzazione. Queste sono le iniziative più significative del mio impegno a tutto tondo per la cannabis e la sua regolamentazione.