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«Difficile la beatitudine in un Paese la cui maggiore università cacciò il filosofo Lucio Colletti, lo storico Renzo De Felice, il sindacalista Luciano Lama, e ora manda metaforicamente al rogo il sapiente e mite vescovo di Roma». Così scrive Giuliano Ferrara, che, dopo essere stato comunista-stalinista, comunista-berlingueriano, socialista, agente della Cia, forzaitaliota e tanto altro ancora, ora, ateo devoto, vorrebbe costruirsi un futuro. Probabilmente da papa. Ma più che Zadig ricorda Fregoli.