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I kit antidroga distribuiti alle famiglie per testare i loro ragazzini non sono certo la più grave delle nostre emergenze. La distribuzione massiccia a Milano lo scorso anno è stata un flop, pochi i genitori che hanno ritirato la scatoletta del genitore-piccolo-chimico, si vede che il buon senso non ha abbandonato i più. Tuttavia, le iniziative – a forte connotato politico – si moltiplicano, fino ad arrivare in Versilia e in Piemonte. E il mutare degli scenari politici non depone bene, stante che la destra, promotrice del law&control sui ragazzini, rischia di riprendersi la maggioranza. Non solo, ma qualche sbandata l’aveva avuta anche la sinistra, se ci ricordiamo le parole della ministra Turco, inclini ad aperture possibiliste più che a decisa esecrazione. Cosa che preoccupa, perché il kit è una (piccola) parte di un (più grande) “discorso chimico” che sta avanzando spedito, tra brain desease e vaccino anticocaina. No drugs no future recita il titolo di un bel libro, e pare che l’affermazione valga, nel caso del kit, anche per l’approccio educativo. E qui è il punto: a parte addetti ai lavori, noi di Forum, qualche preside isolato (e magari punito), poche voci si sono alzate e si alzano contro l’educazione chimica. Negli States, dove il kit è usato a man bassa in molte scuole, peraltro con risultati scarsi o nulli, come già detto su queste pagine, si levano voci critiche autorevoli, dall’associazione dei pedagogisti a quella dei neuropsichiatri infantili. C’è una società – civile, scientifica, delle professioni – che si assume un compito di chiarezza, conoscenza e responsabilità pubblica. E da noi? Qui tutto pare consumarsi sulle pagine di qualche giornale, ma non c’è una società civile, fatta di genitori, insegnanti, educatori, mondo adulto e mondo professionale, società scientifiche che se ne prenda davvero carico e faccia chiarezza. È per questo che siamo fermi, e che rischiamo.
Chi batte un colpo?