Dal 10 al 14 marzo sono riuniti a Vienna i delegati di 53 governi che compongono la Cnd, la– Commissione internazionale sugli stupefacenti, per discutere dei «progressi» fatti nella ultradecennale lotta globale alle droghe.
Giusto dieci anni fa, nel 1998, si celebrava a New York la Sessione speciale sulle droghe dell’Assemblea generale dell’Onu per valutare l’impatto delle politiche di lotta agli stupefacenti in vigore dal 1961. In quell’occasione il governo statunitense era riuscito a imporre la propria volontà di prolungare la strategia di «guerra mondiale alla droga» per altri 10 anni, con l’esplicito obiettivo di «eliminare o ridurre sensibilmente produzione, commercio e traffico di sostanze psicotrope nel mondo». Il vero appuntamento di verifica dei dieci anni di azioni globali contro la droga è stato tuttavia rimandato al 2009, quando si decideranno criteri e modalità di valutazione dei risultati raggiunti nell’ultimo decennio, oltre che la linea politica in materia di controllo internazionale del fenomeno delle droghe. Politica le cui attività costano 70 miliardi di euro l’anno di soldi pubblici.
A ben guardare, le cifre dei report annuali sulla produzione e consumo di droghe, comprese quelle dell’ultimo World drugs report 2007 confermano il fallimento della strategia di lotta portata avanti dalle Nazioni unite e appoggiata da Washington. Dal 1998 la produzione globale di droghe [cannabis, cocaina, anfetaminici] è cresciuta, mentre quella di oppio ha addirittura raggiunto livelli record dopo l’invasione dell’Afghanistan e la fine del potere talebano nel paese, in particolare nelle province meridionali. Allo stesso modo, la maggior parte della coltivazione globale di coca si è concentrata in Colombia, Bolivia e Perù. La strategia applicata è stata in tutti i casi quella di tentare con la forza l’eradicazione delle coltivazioni attraverso misure repressive e militari. Questi tentativi hanno portato a risultati limitati, e comportano serie conseguenze per lo sviluppo economico e sociale legittimo, nonché per i diritti umani delle comunità colpite. La maggior parte degli agricoltori coltivano piante usate nella produzione di droghe illegali come mezzo di sostentamento primario.
Il fallimento delle strategie applicate hanno portato l’Unodc – Ufficio delle Nazioni unite per le droghe e il crimine – a rivedere la terminologia, passando ora a porsi come obiettivo per i prossimi anni il «contenimento» del fenomeno droghe al posto della «significativa riduzione» immaginata nel 1998. Questo cambio di obiettivo in corso d’opera è alla base delle dichiarazioni trionfalistiche del direttore dell’Unodc Antonio Costa, che difende l’operato dell’agenzia «vantando» una sostanziale stabilità nella produzione e nel consumo, stabilità anch’essa posta in discussione dalle conclusioni presentate da numerosi enti indipendenti. In tal senso vanno i dati contenuti nella relazione dell’Osservatorio europeo sulle Droghe, che nel Report 2007 lancia un preciso allarme: i consumi aumentano in maniera costante e le morti per overdose sono cresciute sensibilmente nell’ultimo anno. Anche l’Idcp–International drug policy consortium, ha criticato duramente la politica scelta dall’Onu, e ha pubblicato un documento per far conoscere alle associazioni ed alla società civile i dettagli strategici e per invitare al dibattito e all’azione «dal basso» sul tema del consumo di droga. Da più parti è stata avanzata la tematica della Riduzione del danno, espressione associata principalmente alla adozione di misure di salute pubblica per i consumatori, che li aiutino a non contrarre infezioni, ma anche ad evitare overdose ed altre conseguenze sanitarie negative che possono derivare loro dal consumo di droghe.
In tal modo, molti stati stanno mettendo in discussione l’approccio penale dominante e la centralità della riduzione dell’offerta nella soluzione dei problemi droga correlati, e stanno invece puntando molto su politiche e approcci che mettano al centro la salute e le conseguenze sociali del mercato illegale e del consumo delle droghe. Il documento pubblicato dall’Idcp valuta tale scelta come «la più chiara e diffusa presa di distanza da una politica di tolleranza zero che mira unicamente a ridurre al minimo o sradicare il consumo e il commercio di sostanze».
Sintomo di una presa di coscienza dell’inefficacia della strategia di «guerra» alla droga, in particolare in Europa e in America Latina, dal 7 al 9 marzo scorsi numerose organizzazioni tra cui l’europea Encod, [European coalition for just and effective drug policies] hanno scelto di organizzare eventi paralleli al vertice ufficiale del CND. Lo slogan delle giornate, durante le quali si è discusso di politiche globali, di proibizionismo, di misure sociali e di come arrivare ad un approccio altro alla problematica è stato «La guerra alle droghe deve finire. Aiutateci a dichiarare le pace».