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‘Ci sono voluti vent’anni per sconfiggere il narcotraffico che proveniva dalla Thailandia, in Afghanistan siamo solo al terzo anno della nostra battaglia’. Tom Schweich, nominato lo scorso anno dal presidente George W. Bush ‘coordinatore per la lotta alla droga e per la riforma della giustizia in Afghanistan’, si dice ‘cautamente ottimista’ sul futuro della lunga e difficile guerra al papavero da oppio.

‘Le buone notizie -spiega Schweich in un incontro con la stampa italiana- sono che da un punto di vista geografico la maggior parte del territorio afghano non e’ piu’ occupata da piantagioni di oppio e possiamo dire che quest’anno in 26 province su 34 non ci sara’ nessuna o quantomeno pochissima produzione di oppio’.

‘Sfortunatamente nel sud del paese in almeno 5 province, dove e’ piu’ forte l’attivita’ talebana, il problema rimane molto serio’.

Schweich, al quale il presidente Bush ha conferito per il suo incarico il ruolo di ambasciatore, e’ a Roma per una serie di incontri con le autorita’ italiane tra cui il procuratore nazionale Antimafia Pietro Grasso, per discutere delle iniziative di riforma del sistema giudiziario in Afghanistan, nel quale l’Italia ha un ruolo di primo piano, e di lotta al narcotraffico. Negli ultimi anni, spiega l’ambasciatore, un misto di ‘bastone e carota’, fatto di incentivi ai contadini per riconvertire le loro piantagioni e di lotta ai trafficanti, ha ‘liberato’ molte delle province a nord e a est del Paese dalle piantagioni di papavero da oppio.
Le coltivazioni si sono pero’ spostate e concentrate nelle province meridionali, tra quella di Farah, dove operano le truppe italiane, e quella di Kandahar. La produzione, di fatto, come si legge anche nel recente rapporto dell’UNODC (United Nations Office on Drugs and Crime), diretto dall’italiano Antonio Costa, e’ raddoppiata negli ultimi due anni e in Afghanistan si produce il 90% dell’oppio mondiale.

‘Per quest’anno non ci aspettiamo un aumento della produzione rispetto allo scorso anno, ma un calo significatico dipende molto dalle inziative in corso in Afghanistan per ridurre la coltivazione. Mi aspetto pero’ che la produzione sara’ la stesso o poco piu’ bassa di quella dello scorso anno’. Una produzione, spiega Schweich, di cui ‘il 50% transita attraverso l’Iran, un 30% attraverso il Pakistan e il restante 20% attraverso gli altri paesi confinanti’, per poi riversarsi sotto forma di eroina sui mercati mondiali della droga.

Sul coordinamento nella lotta al narcotraffico con i paesi vicini dell’Afghanistan, Schweich spiega che ‘Gli Stati Uniti non hanno relazioni con Iran e non ci coordiniamo con loro. Altre nazioni lo fanno e per noi va bene. Con il Pakistan e gli altri abbiamo una collaborazione molto stretta’.
Sempre il rapporto UNODC, come conferma il diplomatico americano, sfata un mito abbastanza diffuso: la coltivazione dell’oppio non e’ piu’ necessariamente legata alla poverta’ dei contadini afghani.

‘E’ cambiata la dinamica. I contadini che hanno accettato di riconvertire le loro piantagioni hanno ricevuto aiuti e assistenza per lo sviluppo nelle loro aree, mentre vediamo che ora la coltivazione papavero da oppio e’ in mano a gente assai piu’ benestante, in alcuni casi ricca, e potente’. Alcune foto aeree mostrate da Schweich illustrano molto bene la situazione nelle aree nelle quali attualmente si concentra la produzione di oppio. Si vedono campi ben irrigati e fattorie ben organizzate, in alcuni casi prossime centri abitati. Segno che la produzione e’ passata in mano a ricchi latifondisti ben collegati all’insorgenza talebana. ‘Si tratta di un legame molto stretto e lo sta diventando ancora di piu”.

La guerra al papavero da oppio non e’ direttamente condotta dalle truppe Isaf, spiega Schweich, ma portata avanti da speciali unita’ della polizia afghane. La stategia portata avanti dagli Stati Uniti e dai loro alleati prevede ora un consolidamento dei successi ottenuti e un maggiore impegno per il futuro. ‘Nel nord e a est dove la coltivazione del papavero da oppio e’ stata ridotta o fermata del tutto, vogliamo assicurarci che la popolazione riceva aiuti specifici per lo sviluppo delle loro province, come ricompensa per aver accettato di riconvertire le loro piantagioni. Nel sud abbiamo bisogno di una migliore coordinamento tra iniziative militari e civili per individuare ed eliminare con forza i bersagli di maggiore importanza’.
Nelle aree nelle quali la strategia implementata da Schweich ha avuto successo, c’e’ stato anche un benefico ‘effetto collaterale’, a vantaggio delle donne. A molte di esse, infatti, i capitribu’ consentono ora di lavorare nei siti di stoccaggio e conservazione dei raccolti (siti e celle frigorifere) realizzati con il passaggio alle piantagioni alternative. Tra l’altro, questi nuovi strumenti, consentono ai contadini afghani di poter vendere le loro merci non solo nei mercati locali, ma, grazie alle possibilita’ di conservazione, anche di poterli esportare.

Nessuno spazio invece, secondo Schweich, per le proposte avanzate anche dall’Italia, di acquistare la produzione di oppio per usarla a fini medici. ‘Abbiamo analizzato quelle proposte molto attentamente, ma il problema e’ che il prezzo dell’oppio legale e’ molto inferiore a quello dell’oppio illegale per i contadini afghani e’ piu’ vantaggioso da un punto di vista economico accettare le colture alternative che noi offriamo loro’.