“Contro la droga serve tolleranza zero“, ha dichiarato al quotidiano La Stampa il Ministro della Famiglia Lorenzo Fontana, esplicitando la propria disponibilità ad assumere la delega delle politiche sulle droghe nel nuovo governo. Lo slogan rimanda a politiche di pura repressione, riesumando una visione “preistorica” oltre che ideologica delle politiche sulle droghe: quella della cosiddetta War on Drugs del secolo scorso. Un approccio che ha dimostrato tutta la propria inefficacia e pericolosità.
Nell’ultimo decennio molti paesi, e perfino diverse agenzie delle Nazioni Unite, hanno espresso in sede nazionale e internazionale il proprio dissenso verso la politica di “guerra alla droga”: tanto che nel 2016 è stata convocata una sessione speciale sulle droghe dell’assemblea generale dell’Onu (Ungass 2016), in cui i diritti umani, il supporto alle persone in difficoltà, i rischi della stigmatizzazione dei consumatori sono stati temi emergenti, relegando in secondo piano l’applicazione della legge penale. Molti paesi dell’America Latina hanno abbracciato il cosiddetto “modello europeo”, basato appunto sul riequilibrio delle politiche, dal penale al sociale. Perfino il tema della legalizzazione non è più un tabù, per la cannabis è una realtà ormai in diverse parti del mondo: dall’Uruguay al Canada, che ha definitivamente approvato la regolamentazione legale della cannabis il mese scorso. Per non parlare della rivoluzione americana, dove ormai diversi stati, dal Colorado alla California, hanno in vigore sistemi legali di produzione e vendita di marijuana.
Inoltre, sono sempre più le evidenze scientifiche circa l’efficacia, in termini di salute pubblica, degli interventi di riduzione del danno nel contrasto all’overdose e alle malattie a trasmissione sessuale (in primis Hiv). I dati sul consumo di sostanze non hanno mai registrato flessioni (anzi spesso aumenti), malgrado gli sforzi e le enormi quantità di denaro spese nella repressione penale e nella lotta al narcotraffico.Tirando le somme, le politiche di “tolleranza zero” hanno solo prodotto carceri piene, aumenti di infezioni droga correlate, più morti.
Il tema delle droghe è questione importante, non si capisce perché il Ministro Fontana si lasci andare a dichiarazioni estemporanee senza alcun approfondimento. In un’agenda di governo seria, il primo impegno dovrebbe essere la revisione dell’attuale Testo Unico, in primis delle pesanti sanzioni amministrative previste per il consumo, in modo che le persone che usano sostanze possano essere liberate dal rischio di punizioni che li emarginano e li stigmatizzano. Si tratta poi di decriminalizzare l’autocoltivazione di cannabis, primo passo per la sua regolamentazione. Altro intervento urgente e strutturale riguarda le misure alternative alla detenzione per le persone che consumano sostanze e dipendenti, finite in carcere per reati minori non violenti.
Al nuovo governo chiediamo che, nel rispetto della stessa legge sulla droga, organizzi finalmente nei tempi più brevi possibili la Conferenza Nazionale sulle droghe, a ben nove anni dall’ultima convocazione. La Conferenza è la sede naturale per valutare le politiche fin qui seguite e per elaborare un piano d’azione nazionale innovativo, che prenda le distanze dall’approccio iper-punitivo inaugurato nel 2009-2010. Infine, è necessario procedere al rilancio e alla riorganizzazione dei servizi per le dipendenze, con particolare attenzione alla riduzione del danno.
Di questo vogliamo parlare al più presto con il nuovo governo, entrando nel merito delle questioni di oggi e lasciando da parte gli slogan di ieri. Una cosa è certa: il ministro Fontana dimostra di essere il meno adatto a ricevere la delega per la politica delle droghe.