Il primo negozio per la vendita di marijuana ai canadesi maggiorenni ha aperto ufficialmente i battenti a St. John’s, nell’isola di Terranova (Newfoundland), avamposto di fronte alla costa nord-orientale canadese, un minuto dopo la mezzanotte locale di mercoledì 17 ottobre 2018 (corrispondenti alle 4:31 italiane). Man mano toccherà agli altri negozi sparsi sul territorio nazionale, tra cui uno a Montreal, i cui addetti, in un tweet con foto seguito da un video-anteprima, spiegano che stanno “sistemando sugli scaffali circa 130-150 prodotti”.
È proprio su Twitter che abbondano i messaggi di vario tipo in tema, inclusi quelli della Polizia di Toronto con utili dritte su modelità e applicazioni delle nuove norme. Oltre a svariate vignette spiritose, non mancano annunci di prodotti sfiziosi come il vino infuso di cannabis. Con l’avvicinarsi dell’ora fatidica – quello che i canadesi chiamano “C-day” – circolano anche le ultimissime notizie sulle disposizioni locali, che possono variare anche parecchio e di cui è bene prendere visione in anticipo.
Occorre infatti ricordare che spetta comunque alle dieci province e ai tre territori canadesi stabilire i dettagli operativi per l’applicazione in loco del Cannabis Act (come illustrato qualche giorno fa). Per esempio, riguardo alla maggiore età, lo standard è 19 anni, ma in Alberta il limite è 18 anni, mentre in Quebec, dove il nuovo governo s’insedierà il giorno dopo la legalizzazione, si vuole già alzare tale limite a 21 anni. Rispetto all’uso in luoghi pubblici, le autorità di Montreal hanno optato per le stesse norme attualmente in vigore per il tabacco, mentre nelle altre provincie sarà possibile fumarla solo in privato. E in tal senso tende e camper nei campeggi dei parchi nazionali saranno considerati “case private temporanee”, come chiarisce l’agenzia nazionale Parks Canada.
Oltre alle differenze imposte dalle autorità locali nel trasporto di materia prima nei propri autoveicoli, in viaggio come pure sui voli aerei interni i cittadini canadesi potranno portare con sé fino a 30 grammi di cannabis, e potranno consumarla in formati edibili (ma vige il divieto di fumarla, analogamente alle comuni sigarette). Spetterà comunque al personale di bordo intervenire prontamente in caso di “comportamenti a rischio”, come nel caso dell’intossicazione da alcol o simili situazioni. Nel caso di atterraggi d’emergenza nei limitrofi Stati Uniti, aereo e passeggeri rimarranno sulla pista, consentendo ad addetti o agenti di salire a bordo per risolvere eventuali problemi e poi ripartire. E il servizio postale nazionale si dice attrezzato a gestire l’ovvio aumento di spedizioni di pacchetti contenenti cannabis, forte dell’esperienza acquisita con la marijuana medica. Ai rivenditori muniti di licenza verrà sempre richiesto di verificare la maggiore età prima di ogni invio, e sarà possibile fare acquisti direttamente dai siti web autorizzati con spedizione a domicilio.
Problemi più seri si prevedono alla frontiera con gli Usa, dove il possesso e il trasporto (ovvero, il traffico) di cannabis rimane un reato federale. Tuttavia l’agenzia di Border Patrol ha appena chiarito che i cittadini canadesi operanti a vario titolo nel settore della marijuana legale potranno normalmente viaggiare da e verso gli Stati Uniti. Ciò dopo che nei giorni scorsi diversi operatori del settore si erano visti impedire il passaggio, pur se ovviamente non è consentito portare oltre confine nessun tipo di sostanza illegale.
Secondo alcune fonti mediatiche, questa storica decisione di un Paese del G7 (in aggiunta all’analoga normativa approvata in Uruguay nel 2013) potrebbe dare ulteriore impeto alla “rivoluzione globale della cannabis”. Oltre alla sue comprovate proprietà terapeutiche, la marijuana potrebbe imporsi come alternativa ricreativa più sana di alcol e tabacco, dando così vita a un vero e proprio boom economico sull’intero territorio nord-americano. Grazie alla legalizzazione nazionale, in Canada gli operatori del settore potranno usare conti e agevolazioni bancarie, entrare in borsa e sponsorizzare studi medici e altre attività farmaceutiche – superando le limitazioni di simili norme approvate in California e altri Stati Usa soltanto a livello locale.
Si prevede che il mercato canadese possa raggiungere un fatturato annuale di circa 6,5 miliardi di dollari, mentre quello californiano potrebbe toccare addirittura 11 miliardi. Una combinazione entusiasmante con ulteriori promesse di espansione in altri Paesi. Non a caso Daniel Yi, portavoce dell’azienda californiana MedMen, attiva anche in Canada, si lancia ad affermare: «La piena legalizzazione per l’uso da parte degli adulti in Canada è un momento storico che tutto il mondo dovrebbe celebrare».
Sul fronte opposto, va notato che Smart Approaches to Marijuana, gruppo non-profit statunitense anti-legalizzazione, ha già lanciato una campagna per verificare l’impatto negativo della legalizzazione in Canada, rimarcando che questa legislazione si pone in netto contrasto con le normative internazionali e rischia di creare una nuova industria simile a quella del “Big Tobacco”. E il maggior quotidiano nazionale, Globe and Mail, ricorda che comunque la vita quotidiana non cambierà granché: la stragrande maggioranza dei canadesi non fa uso regolare di cannabis né conta di iniziare ora che è legale.
Infine, pur se i grandi imprenditori canadesi sperano che il business della cannabis balzi presto a livelli industriali, non mancano certo i produttori locali . «La mia fattoria sarà piccola e lenta», spiega Kelly Coulter. «Conto di fare come certi produttori vinicoli in Italia che vendono subito tutto il raccolto perché hanno l’uva migliore, e poi in inverno si riposano». Coulter, già esperta di agricoltura biologica, ha affittato un ettaro di terreno in British Columbia, dove il clima è temperato-mediterraneo, e appena possibile lancerà la sua coltivazione all’aperto, denominata “Slo Farms” – sull’onda del noto movimento Slow Food.