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Si è molto discusso sull’uso populistico della giustizia penale e del carcere, quali armi contro i nemici sociali. Pratica che viene incontro alla nuova enfasi (assai diffusa e popolare) sulla centralità della pena carceraria come sola sanzione e la sua certezza. In coerenza, il carcere è sempre più declinato in versione “dura” e “chiusa” con contorno di lavoro obbligatorio e salvifico. Per “ripartire dalla Costituzione”, seguendo il pensiero di Margara, si presentano oggi due questioni di fondo: l’intreccio tra penale e politica, il significato che la giustizia e il carcere hanno assunto nel senso comune.

Da tanto tempo si parla di uso simbolico del penale mettendolo in relazione al declino del sociale e alla incapacità della politica di governare la società moderna. Da un lato il diritto penale e il carcere sono agitati come clava “certa” contro i socialmente indesiderati (migranti, Rom e consumatori di sostanze); dall’altro, vacilla la “certezza” del principio costituzionale di uguaglianza di fronte alla legge. C’è chi può violare la legge e chi non può. “Meno stato e più galera”: così si esprimeva profeticamente Margara qualche anno fa.

Dal dibattito su questi temi, sviluppato in un incontro in occasione del secondo anniversario della morte di Alessandro Margara, è scaturito l’impegno per un convegno nazionale, ispirato al suo pensiero e alla sua opera. “Carcere e Giustizia, ripartire dalla Costituzione. Rileggendo Alessandro Margara” è il titolo del convegno nazionale che si terrà il 7 e 8 febbraio a Firenze, organizzato dal Garante dei detenuti della Regione Toscana, da la Società della Ragione ONLUS e dalla Fondazione Michelucci. Il convegno è stato preparato attraverso “Laboratori” tematici, per raccogliere il più largo contributo di idee e favorire la maggiore partecipazione possibile.

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