Cose inaspettate accadono in un Paese quotidianamente ricco di odio e devastato dalla propaganda. Il 27 marzo è stata presentata la relazione del Garante nazionale delle persone detenute e private della libertà personale che ha svelato la crisi drammatica del carcere, con un sovraffollamento che colpisce dignità e diritti. Il capitolo sulla salute mentale nel circuito penale denuncia la vasta disapplicazione della legge 81 del 30 maggio 2014 in quanto si è diffusa l’errata convinzione che le Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza abbiano sostituito meccanicamente “i desueti e inadeguati Ospedali psichiatrici giudiziari”. “Troppe volte si cade in questo equivoco”, si precisa.
Il Garante afferma con nettezza che insisterà per la valorizzazione e la applicazione della riforma “nella piena consapevolezza che si tratta di favorire un processo culturale complesso che eviti di risolvere il tema dell’infermo di mente autore di reato, riducendolo all’esigenza di aumentare i posti letto di degenza nelle Rems e di fronteggiare una presunta, crescente domanda di ospedalizzazione”. Su questa linea si è mosso anche il Consiglio Superiore della Magistratura con una delibera del 24 settembre 2018 in cui si invitano i magistrati della cognizione e quelli di sorveglianza a considerare residuale il ricorso alla misura di sicurezza detentiva e a ben valutare i proscioglimenti per incapacità di intendere e volere e la pericolosità sociale.
Nel 2017 si è realizzata una vera rivoluzione, la chiusura degli Opg, gli orrendi manicomi criminali e si rivela davvero perniciosa la nostalgia per l’istituzione totale da parte di alcuni magistrati di sorveglianza e da parte del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria; per l’approfondimento di questi aspetti rimando alla rubrica di Francesco Maisto pubblicata sul manifesto il 30 gennaio 2019.
Il 22 marzo è stato approvato l’ultimo parere del Comitato Nazionale di Bioetica, disponibile sul sito ufficiale, proprio su “Salute mentale e assistenza psichiatrica in carcere”. Ci sono riflessioni approfondite, dati, proposte per replicare a leggende metropolitane che vengono propalate sulla rete e sui giornali in maniera irresponsabile.
Il CNB era già intervenuto nel 2013 sul tema della salute in carcere (La salute dentro le mura) ma ha ritenuto urgente esprimere un nuovo parere (approvato all’unanimità), in presenza di una grave criticità per la tutela della salute mentale, nell’ambito della salute generale delle persone in carcere.
Il documento analizza in modo approfondito il valore della riforma che ha portato alla chiusura degli Opg e lamenta i ritardi normativi che dovrebbero favorire la cura non in stato di detenzione sia dei “rei folli” (le persone condannate al carcere e colpite da disturbo psichiatrico grave), sia dei “folli rei” (le persone prosciolte dalle accuse per vizio di mente e sottoposte a misure di sicurezza). Lamenta il CNB: “L’eredità dell’Opg è ancora viva sia sul piano concreto, per la sorte tuttora incerta delle varie tipologie di malati psichiatrici che affollavano questi istituti; sia soprattutto sul piano culturale, nel persistere della vecchia visione del malato psichiatrico quale soggetto di per sé pericoloso, e dunque da contenere più che da curare”.
Le raccomandazioni finali sono particolarmente pregnanti: si chiede una incisiva riforma delle misure di sicurezza per limitare il ricorso alla misura di sicurezza detentiva e si afferma che “in coerenza con la finalità terapeutica delle Rems, occorre limitare il ricovero ai soggetti nei cui confronti viene applicata una misura di sicurezza detentiva definitiva”.
In conclusione, il CNB invita a riconsiderare la legislazione speciale del “doppio binario” presente nel Codice Rocco di imputabilità/non imputabilità per le persone affette da disturbo mentale che compiono un reato.