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WASHINGTON — Il rischio di conflitto d’interessi nella campagna di McCain. Sua moglie Cindy controlla la Budweiser, impero da 300 milioni. La birra ha fin qui portato bene a Cindy e John McCain: denaro, prestigio, influenza. Fondata dal padre di lei, Hensley & Co è uno dei più grandi distributori americani dei prodotti di Anheuser-Busch, l’azienda che fra le altre cose fermenta la Budweiser. Anche se non coinvolta nella gestione quotidiana, un affare da 300 milioni di dollari l’anno, Cindy McCain ha eredidato Hensley & Co dal genitore e ne è diventata presidente alla sua morte, nel 2000. La signora possiede inoltre più di 1 milione di azioni di Anheuser. Ma troppa bevanda di luppolo, in senso metaforico s’intende, rischia ora di procurare un forte mal di testa al candidato repubblicano alla Casa Bianca. Due conflitti, neppure tanto potenziali, uno d’interesse l’altro anche più immediato e contundente di carattere politico, incombono sulla campagna di John McCain, già protagonista di numerose gaffe nelle scorse settimane e con qualche problema di ritardo nei sondaggi su Barack Obama, in Stati decisivi per il duello di novembre. Giovedì scorso il board di Anheuser-Busch, che ha sede in Missouri, ha respinto l’offerta ostile di acquisto, lanciata dal gigante belga InBev, produttore di Stella Artois e Beck’s, al prezzo di 65 dollari per azione. Il no al take-over da 46 miliardi è stato apprezzato in modo bipartisan da senatori e congressisti dello Stato, democratici e repubblicani, preoccupati che Anheuser- Busch cessi di essere una «compagnia americana».

Ma la partita rimane aperta e nel frattempo il titolo si è subito apprezzato in Borsa. Tace Cindy McCain, azionista di Anheuser, i cui dipendenti hanno fin qui donato qualcosa come 23 mila dollari alla campagna di suo marito. Ma l’aspirante first-lady è sotto pressione perché esprima il suo parere. Rovello per nulla semplice, visto che se si pronunciasse a favore dell’offerta (vendendo le azioni e facendo il suo interesse) rischierebbe di alienare a suo marito gli elettori del Missouri, considerato uno «show-me-State», uno Stato che mostra agli altri dove andare e che nel 2000 e nel 2004 aveva scelto il candidato repubblicano. Se Cindy avallasse invece il no del board, tenendosi le azioni, allora contraddirebbe tutta la retorica libero-scambista del marito, esponendo John McCain all’ennnesima accusa di flip-flop, cioè di cambiare posizione su temi cruciali a seconda della convenienza. Ma il patrimonio della signora McCain è in prospettiva ancora più esplosivo, nel caso di una vittoria del coniuge a novembre. Hensley & Co infatti è titolare di licenze federali per la distribuzione di alcolici. Di più, è da anni in guerra con i gruppi proibizionisti, per contrastare i quali paga fior di lobbysti a Washington, lavorandosi i congressisti per non far passare leggi più restrittive sul consumo di alcol.

L’azienda per esempio si oppone all’iniziativa delle «Madri Contro la Guida in Stato di Ubriachezza», che vorrebbe imporre per legge di indicare anche su bottiglie e lattine di birra e vino il contenuto alcolico. Così delicato è il tema, che John McCain da anni si astiene dal votare o intervenire su qualsiasi cosa che riguardi l’alcol. Ma se fosse eletto alla Casa Bianca, molti intravedono un conflitto di interessi insostenibile. Soprattutto se Cindy continuasse a presiedere Hensley & Co: «Non si può gestire un’azienda di birra dalla Casa Bianca — ha detto al Los Angeles Times Samuel Popkin, docente di Scienze politiche a San Diego —. McCain lascia un candelotto di dinamite sul tavolo. È imbarazzante». Nessuno si aspetta che dallo Studio Ovale, McCain conceda favori speciali alle aziende che producono o distribuiscono alcolici. Ma il conflitto di interessi potrebbe frenarlo dall’agire energicamente su temi come l’alcolismo giovanile. La sua campagna dice che «nessuna decisione sarà presa» fino a dopo le elezioni.