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Nelle democrazie occidentali il trend è in direzione della liberalizzazione delle leggi sulla cannabis. (La cannabis comprende sia la marijuana che l’hashish). Nel 1976, l’Olanda adottò la depenalizzazione de facto. Per la legge olandese il possesso resta un reato, ma per una scelta di politica nazionale, il ministero della Giustizia non applica questa legge. Dopo il 1980 si è andato sviluppando un sistema di «coffee shops» in cui l’acquisto di piccole quantità di cannabis da parte degli adulti è stato dapprima tollerato informalmente, poi formalmente consentito in locali appositamente autorizzati. Durante gli anni ‘90 le politiche sulle droghe in Svizzera, Germania, Spagna, Belgio e Italia si sono spostate nella stessa direzione dell’Olanda. Il Portogallo ha depenalizzato la cannabis nel 2001, e l’Inghilterra a sua volta ha riclassificato la cannabis nel 2004. Il Canada e la Nuova Zelanda stanno attualmente considerando la depenalizzazione della cannabis. Questi spostamenti costituiscono i primi passi di un allontanamento dal paradigma dominante di politica delle droghe sostenuto dagli Stati Uniti, ossia la proibizione basata sulla punizione.

Procedendo in direzione opposta, gli Stati Uniti hanno irrigidito le sanzioni penali per i reati connessi alle droghe aumentando gli arresti per i reati connessi alla cannabis. A partire dal 1996, gli elettori di otto stati americani più il Distretto di Columbia hanno approvato delle iniziative (referendarie, ndr) sulla marijuana medica, ma il governo federale si è opposto alla loro implementazione. Nel 2001, per reati connessi alla marijuana, sono state arrestate 723.627 persone. Nel 2002 la Drug Enforcement Administration ha cominciato a effettuare blitz ai danni delle organizzazioni per la marijuana medica, mentre l’Office of National Drug Control Policy della Casa Bianca ha lanciato una nuova campagna contro la marijuana.

I controlli sociali informali messi in campo dai consumatori sono più potenti di quelli formali.
Uno studio mette a confronto due città molto simili ma con politiche opposte.

Queste politiche mirano a scoraggiare l’uso. Il nocciolo della tesi empirica sostenuta dai fautori della proibizione è che, senza la minaccia di una punizione, la prevalenza, la frequenza e la quantità di cannabis consumata aumenterebbero, minacciando la salute pubblica. La questione se la deterrenza nei confronti del consumo serva a migliorare la salute pubblica era al di là dello scopo del nostro studio, ma abbiamo esaminato la tesi secondo cui le politiche sulle droghe influirebbero sul comportamento del consumatore scoraggiandone il consumo. È possibile che il rapporto di causa-effetto agisca nell’altro senso: che cioè il comportamento del consumatore influisca sulle leggi e sulle politiche, come è avvenuto per le politiche sull’alcool in alcuni paesi. Comunque, negli Stati Uniti, il Marijuana Tax Act del 1937, che per primo criminalizzò la cannabis, precedette il consumo di canapa ampiamente diffuso, e aveva chiare origini politiche. In Olanda, la depenalizzazione di fatto della cannabis ha iniziato a prendere forma verso la fine degli anni ‘60, mentre si diffondeva il consumo nella controcultura giovanile. I policy makers olandesi decisero che il consumo di cannabis difficilmente avrebbe portato a ulteriore devianza, mentre la criminalizzazione poteva portare a un danno maggiore per i consumatori di quello causato dalla droga stessa. Dunque, in nessuno di questi due paesi il comportamento dei consumatori è stato la causa effettiva delle leggi o delle politiche.

Gli effetti presunti delle politiche sulla cannabis sono stati studiati da quanti criticano la criminalizzazione negli Stati Uniti e da quanti sono scettici nei confronti della depenalizzazione olandese. Finora però non ci sono stati studi comparativi rigorosi sul comportamento dei consumatori, allo scopo di valutare se la criminalizzazione limiti il consumo o se la depenalizzazione lo faccia aumentare. Il nostro studio ha messo a confronto i modelli di carriera del consumo in campioni rappresentativi di consumatori  di cannabis con una qualche esperienza in due città con molte somiglianze  ma con diversi regimi di controllo delle droghe: Amsterdam, Olanda (depenalizzazione) e San Francisco, California (criminalizzazione).

San Francisco è stata scelta come la città americana di confronto non perché sia rappresentativa del paese, ma perché è la città più comparabile ad Amsterdam. Entrambe sono grandi città portuali altamente urbanizzate con popolazioni  diversificate di poco più di 700.000 abitanti. Si tratta di centri finanziari e di intrattenimento per co- nurbazioni regionali più ampie, e da lungo tempo sono per- cepite nel loro paese come cosmopolite, politicamente liberal e culturalmente tolleranti.

A San Francisco, i funzionari di polizia non sono così zelanti nel far rispettare le leggi sulla marijuana come lo sono quelli della maggior parte delle città statunitensi. Ciononostante, San Francisco è inserita nel contesto delle politiche di criminalizzazione delle droghe, un contesto di politica della droga marcatamente diverso da quello di Amsterdam. Ad Amsterdam, comprare e vendere cannabis è permesso in 288 coffee shops autorizzati, ed anche il consumo pubblico è consentito, mentre a San Francisco comprare, vendere o consumare marijuana in pubblico resta un reato. Ad Amsterdam, in caso di consumo o di compravendite di modesta entità, la polizia non agisce né in via preventiva né reattiva, anche se fa rispettare le regole che vietano ai coffee shops di farsi pubblicità, di vendere ai minori e di creare disturbo alla quiete pubblica.

A San Francisco, la polizia interviene energicamente sulle compravendite, sia in via preventiva che reattiva; e reagisce in modo più moderato sul consumo.

Due regimi a confronto

Queste sono differenze tangibili per i consumatori, nel contesto delle politiche sulla droga. A San Francisco, gli studenti vengono sospesi da scuola per l’uso di marijuana e sottoposti a trattamento. Sempre a San Francisco, i consumatori rischiano citazioni, multe e arresti se sorpresi a comprare, possedere o consumare marijuana. Ad Amsterdam i consumatori non corrono nessuno di questi rischi.

A San Francisco, l’uso e la vendita di altre droghe illecite, talvolta usate dai consumatori di cannabis, sono oggetto di attiva repressione. Ad Amsterdam, la polizia può occasionalmente intervenire, se ci sono proteste per il consumo in pubblico o la compravendita di altre droghe, ma non effettua pattugliamenti per individuare tali reati.

Il metodo della ricerca

Per avere risposte sui modelli di carriera, era necessario non un semplice campione casuale di consumatori di cannabis, bensì un campione casuale di consumatori cosiddetti «esperti» (cioè con una esperienza di almeno 25 episodi di consumo nel corso della loro vita). Ad Amsterdam, il reclutamento dei consumatori ha costituito parte della ricerca sulla prevalenza del consumo della popolazione generale. Il tasso complessivo di risposte è stato del 50,2%, corrispondente a un campione di 4364 soggetti. A quanti di questi hanno riferito di avere usato la cannabis almeno 25 volte, è stato chiesto di prendere parte ad una intervista approfondita sul loro consumo di cannabis. Di questi 535 consumatori «esperti», 216 (il 40,5%) sono stati intervistati nel 1996.

A partire dal 1997, la ricerca condotta ad Amsterdam sui consumatori esperti è stata replicata a San Francisco, con una preliminare breve ricerca sulla prevalenza, principalmente mirata a produrre un campione casuale rappresentativo di consumatori «esperti». Il tasso di risposta complessivo è stato del 52,7%, corrispondente ad un campione di 891 persone. Di queste, 391 hanno riferito di aver usato canapa almeno 25 volte, e alla fine 266 sono stati intervistati in profondità sui loro modelli di carriera di consumo.

Età iniziale, primo uso regolare e uso massimo

L’età media di inizio del consumo di cannabis è risultata quasi identica in entrambe le città: 16,95 anni ad Amsterdam e 16,43 a San Francisco. L’età media di inizio del consumo regolare (almeno una volta al mese) è anch’essa quasi identica: 19,11 anni ad Amsterdam e 18,81 anni a San Francisco. L’età media a cui, in entrambe le città, i soggetti che hanno risposto hanno cominciato il loro periodo di massimo consumo è stata di circa due anni dopo l’inizio del consumo regolare: 21,46 anni ad Am- sterdam e 21,98 anni a San Francisco. In netta maggioranza gli intervistati che, in entrambe le città, hanno riferito periodi di massimo consumo di tre anni o meno.

I modelli di consumo della cannabis nel corso del tempo

Abbiamo fatto domande sulla frequenza e la quantità del consumo e sull’intensità e durata dell’intossicazione. Per valutare come queste dimensioni di uso possono avere subito variazioni nel corso del tempo, abbiamo fatto domande per ciascuna di esse su quattro periodi: il primo anno di consumo regolare (una volta al mese o più), il periodo di massimo consumo, l’ultimo anno (i dodici mesi prima dell’intervista), e gli ultimi tre mesi (i tre mesi prima dell’intervista).

La frequenza del consumo. Nei quattro periodi suddetti, il modello generale è simile nelle due città. Durante il primo anno di uso regolare, una netta maggioranza di persone ha dichiarato di aver usato cannabis una volta alla settimana o anche meno, mentre solo piccole percentuali hanno riferito un consumo quotidiano. La frequenza d’uso è aumentata durante il periodo di massimo consumo, ma poi è scesa notevolmente. Rispetto a quelli intervistati a San Francisco, i soggetti intervistati ad Amsterdam hanno riferito un consumo più frequente durante il primo anno di consumo regolare e durante il periodo di massimo consumo. Quando si paragona il periodo di massimo consumo con l’ultimo anno, l’uso quotidiano scende dal 49% al 10% ad Amsterdam e dal 39% al 7% a San Francisco. Questo calo è ancora maggiore con riferimento agli ultimi tre mesi.

La traiettoria di fondo della frequenza del consu mo nel corso delle carriere è parallela nelle due città. La maggior parte dei consumatori ha riferito un periodo di consumo massimo da due a tre anni, dopo il quale la stragrande maggioranza ha ridotto fortemente la frequenza del consumo o ha smesso del tutto. Circa i tre quarti dei soggetti intervistati in ciascuna città hanno riferito di avere usato cannabis meno di una volta alla settimana o di non averla usata affatto nell’anno precedente l’intervista.

La quantità di canapa consumata. Nel primo anno di consumo regolare, pochi soggetti, tra quelli che hanno risposto in ciascuna città, hanno consumato grosse quantità di cannabis. Solo il 3% ad Amsterdam, e il 5% a San Francisco, hanno usato 28 grammi durante un mese medio. Durante questo periodo, i soggetti intervistati ad Amsterdam hanno usato quantitativi significativamente inferiori rispetto a quelli di San Francisco. Quando le due categorie più piccole (meno di 2 grammi al mese, da 2 a 4 grammi al mese) sono combinate insieme, si osserva che i due terzi degli intervistati ad Amsterdam (il 66%) e pochi di meno a San Francisco (il 59%) hanno consumato un massimo di quattro grammi al mese, durante il primo anno di consumo regolare. Più di un terzo ha usato meno di due grammi al mese durante il primo anno di consumo regolare: il 38% ad Amsterdam e il 35% a San Francisco.

Le quantità consumate durante i periodi di massimo consumo sono maggiori e molto simili nelle due città. I due terzi circa degli intervistati hanno consumato una media di 14 grammi o meno al mese: il 69% ad Amsterdam e il 64% a San Francisco. Meno di un intervistato su cinque in ciascuna città (il 18%) ha consumato una media di 28 grammi al mese o più durante i periodi di massimo consumo.

Durante l’anno precedente l’intervista, il consumo di chi ancora usava la canapa era calato fortemente. Una netta maggioranza ha usato quattro grammi o meno al mese, anche se questa percentuale è risultata minore ad Amsterdam (63%) che a San Francisco (72%). In entrambe le città, circa un intervistato su tre ha riferito assenza di consumo. Nell’insieme, i modelli sono risultati paralleli nelle due città; le quantità di sostanza usata sono aumentate dal primo consumo regolare al consumo massimo, ma poi sono diminuite decisamente oppure il consumo è cessato del tutto nel corso della carriera degli intervistati.

L’intensità dell’intossicazione. È stato chiesto agli intervistati di valutare generalmente a quale livello di intensità «si facevano» con la canapa. Alcuni ricordavano questo fatto con maggiore coerenza di altri, ma tutti sono stati in grado di fare delle distinzioni di base fra alterazioni (high) più o meno intense. Per aumentare l’affidabilità delle stime degli intervistati, abbiamo mostrato una scala da uno a sei, da «leggermente alterato» fino a «molto fatto», chiedendo loro di scegliere il numero che meglio esprimeva il loro livello di alterazione, per ciascun periodo. In ambedue le città, gli intervistati hanno in genere aumentato l’intensità della loro alterazione durante i periodi di massimo consumo, ma in seguito è andata moderandosi. I soggetti di Amsterdam hanno in misura significativa maggiori probabilità di quelli di San Francisco di riportare stati di intossicazioni più lievi nel primo anno di uso regolare e durante i periodi di massimo consumo: i punteggi medi del primo anno sono di 3,5 per Amsterdam e di 3,9 per San Francisco; nel periodo di massimo uso, questi punteggi si sono innalzati rispettivamente a 3,9 e 4,4.

Lo stesso modello si ritrova per i periodi recenti, anche se i punteggi medi sono in discesa. La proporzione di intervistati che ha scelto il 6 («molto fatto») rimane piccola, fra il 3% e il 7% in ambedue le città. Per gli stati di alterazione sperimentati nell’ultimo anno, di nuovo i soggetti di Amsterdam mostrano maggior probabilità di riportare intossicazioni più lievi. Quanto agli ultimi tre mesi, la maggioranza, in ambedue le città, ha riportato alterazioni più leggere, da 1 a 3. In breve, gli intervistati di ambedue le città hanno riportato livelli decrescenti di intossicazione lungo il corso delle loro carriere.

La durata dell’intossicazione. Abbiamo anche chiesto quanto a lungo gli intervistati erano rimasti alterati durante una occasione tipica di consumo. Le durate nel tempo riportate sono correlate con la frequenza e con la quantità di sostanza consumata, ma non sono solo una funzione della frequenza e quantità.

Qui, di nuovo, abbiamo trovato una tendenza alla moderazione lungo il corso delle carriere di consumo in ambedue le città. Gli intervistati di Amsterdam hanno riportato stati di alterazione di una qualche maggiore durata rispetto a quelli di San Francisco durante il primo anno di uso regolare.

Comunque, durante gli altri tre periodi, non ci sono differenze significative: in ciascuna città, una chiara maggioranza di consumatori ha regolato l’assunzione in modo che gli stati di alterazione durassero dalle due alle tre ore o anche meno. Minoranze consistenti in ciascuna città ha riportato di esser rimasto alterato per 4 ore o più durante i periodi di maggior consumo, ma le percentuali diminuiscono drasticamente nei periodi successivi. Fra coloro che hanno usato la canapa nei tre mesi prima dell’intervista, l’89% dei soggetti di Amsterdam e il 93% di San Francisco hanno riportato di essere rimasti in uno stato alterato dalle 2 alle 3 ore o anche meno.

Tabella 1 e 2 cannabis

I modelli complessivi di carriera del consumo

Abbiamo anche chiesto agli intervistati di delineare i loro modelli complessivi di carriera. Abbiamo presentato una tipologia di traiettorie, chiedendo di identificare quella che meglio descrive l’evoluzione del loro consumo di canapa nel corso del tempo (vedi tab.1). Due sono i modelli di carriera prevalenti in ambedue le città. Il modello 4 è il più comune (graduale aumento di consumo seguito da un sostenuto declino), e corrisponde al 49,4% del  campione combinato.  Al secondo posto il modello 6 (ampie variazioni nel tempo), corrispondente al 24,4% del campione combinato.

I modelli 1, 2, 3 e 5 sono stati scelti ciascuno solo dal 6 all’8% del campione combinato. Il modello 3 (consumo stabile, dall’inizio in avanti) è stato scelto più frequentemente, in maniera significativa, dai soggetti di Amsterdam (11,1%) rispetto a quelli di San Francisco (1,9%); mentre il modello 5 (uso intermittente, con molti inizi e cessazioni nel corso del tempo) è stato scelto più di frequente, in maniera significativa, dai soggetti di San Francisco (il 9,5%), rispetto a quelli di Amsterdam (3,2%).

Questi risultati sono coerenti con quelli sulla frequenza d’uso e la quantità di sostanza consumata, nonché con l’intensità e la durata dell’intossicazione, e hanno rilevanti implicazioni per la sanità pubblica. Le tesi secondo cui la canapa produrrebbe addiction e dipendenza, porterebbero ad aspettarsi che molti consumatori «esperti» si ritrovino nel modello 2 (una escalation dei consumi nel corso del tempo). Ma questo modello è riportato solo dal 6% degli intervistati in ambedue le città, il che significa che il 94% ha un modello complessivo di carriera che non rientra nel modello di escalation.

L’uso di altre droghe illegali

Un’altra questione importante circa gli effetti delle politiche della droga riguarda l’uso di altre droghe illecite. Uno degli obiettivi di sanità pubblica della decriminalizzazione adottata in Olanda è la «separazione dei mercati», in cui la distribuzione regolamentata di canapa riduce la probabilità che la persona in cerca di canapa sia trascinata verso subculture devianti dove si vendono anche le droghe «pesanti»; mentre uno degli obiettivi di sanità pubblica della criminalizzazione negli Stati Uniti è la riduzione dell’uso di canapa e dunque della riduzione della misura in cui la canapa serve come «droga di passaggio» alle droghe più pesanti.

La prevalenza dei consumatori che hanno fatto uso di canapa almeno 25 volte nella vita è molto più alta a San Francisco che ad Amsterdam, ed è lo stesso per i consumatori di altre droghe illegali. La tabella 2 mostra una prevalenza di uso lifetime (almeno una volta nella vita) di altre droghe illegali significativamente più bassa ad Amsterdam rispetto a San Francisco. Durante i tre mesi prima dell’intervista, la prevalenza di uso di crack e quella di oppiacei sono significativamente più alte a San Francisco, ma non c’è differenza significativa per la cocaina, le anfetamine e l’ecstasy. I tassi di non-continuazione (il declino dalla prevalenza lifetime alla prevalenza negli ultimi 3 mesi) sono in certa misura più alti a San Francisco per la cocaina, le anfetamine e l’ecstasy; ma i tassi di non-continuazione sono comunque alti in ambedue le città.

La discussione

I sostenitori della criminalizzazione attribuiscono a questo regime di controllo lo speciale potere di influire sui comportamenti dei consumatori. Le nostre scoperte gettano dubbi su questa capacità. Nonostante la diffusa disponibilità legale di canapa ad Amsterdam, fra le due città non ci sono differenze nell’età di inizio dell’uso, nell’età del primo consumo regolare, o nell’età di inizio del consumo massimo. I casi sono due: o la disponibilità di canapa a San Francisco è pari a quella di Amsterdam a dispetto delle differenze di politica, oppure la disponibilità di per sé non ha una grande influenza sull’avvio e sulle altre fasi del consumo.

Abbiamo anche riscontrato notevoli somiglianze nei modelli di carriera nei due differenti contesti di politiche. Anche se sono state riscontrate alcune differenze significative in certe dimensioni del consumo durante alcune fasi della carriera, la traiettoria di base è la stessa in ambedue le città e in tutte le dimensioni del consumo: un incremento fino ad un periodo, limitato, di massimo consumo, seguito da un declino sostenuto del consumo nel corso del tempo, oppure dalla cessazione. Dal punto di vista della sanità pubblica, è significativo che una chiara maggioranza di consumatori, in ambedue le città, non abbia mai usato la canapa quotidianamente, né abbia mai usato grosse quantità di sostanza, neppure nei periodi di maggior consumo; inoltre quel consumo è sceso rapidamente dopo i periodi di picco. Per di più, entrambi i campioni hanno riportato un simile solido declino nel grado e nella durata dell’intossicazione. Solo il 6%, in ciascuna città, riporta una escalation del consumo nel tempo.

Se fossero fondate le tesi secondo cui la canapa causerebbe dipendenza, dovremmo aspettarci una escalation dei consumi nel tempo.
Ma ciò non è accaduto al 94% degli intervistati

Ci aspettavamo che le differenze di politica della droga influenzassero la durata delle carriere di consumo e i tassi di cessazione. Alla criminalizzazione è attribuito il compito di diminuire la disponibilità di droga, scoraggiare l’uso e incentivare la cessazione. Si dice invece che la decriminalizzazione aumenti la disponibilità di droga, incoraggi l’uso, e disincentivi chi vuole smettere. Perciò ci aspettavamo di trovare ad Amsterdam carriere più lunghe, e un minor numero di soggetti che hanno smesso di consumare, ma i nostri risultati non confermano queste previsioni. Le carriere di uso di canapa variano da 1 a 38 anni, e il 95% degli intervistati in ambedue le città ha riportato carriere di almeno 3 anni. La lunghezza media di carriera è un po’ più lunga a San Francisco (15 anni), che ad Amsterdam (12 anni), ma questo risultato in gran parte dipende dalla età media più alta del campione di San Francisco (34 anni rispetto ai 31 anni di Amsterdam).

Allo stesso modo, percentuali quasi identiche dei soggetti che hanno risposto per ciascuna città avevano cessato il consumo prima di essere intervistati (il 33,8% ad Amsterdam e il 34,3 % a San Francisco). Se le politiche sulla droga avessero una potente influenza sul comportamento dei consumatori, non ci dovrebbero essere somiglianze così forti in regimi di controllo così diversi. Le nostre scoperte non appoggiano la tesi secondo cui la criminalizzazione ridurrebbe il consumo di canapa, mentre la decriminalizzazione lo farebbe aumentare. Per di più, non sembra che la decriminalizzazione in vigore in Olanda sia associata ad un maggior consumo di altre droghe illecite a paragone dell’uso che ne viene fatto a San Francisco; né sembra che la criminalizzazione in vigore a San Francisco sia associata ad un minor uso di altre droghe illegali a paragone dell’uso che ne viene fatto ad Amsterdam. Per la verità, può essere vero piuttosto il contrario, a giudicare dalla prevalenza lifetime del consumo di altre droghe illegali.

Il nostro studio presenta dei limiti e dovrebbe essere replicato in altre città su periodi di tempo più lunghi. I risultati hanno i limiti di tutti gli studi basati sul self report (ad esempio, una memoria selettiva o poco chiara, una sottovalutazione o sopravvalutazione dei fatti); ed abbiamo cercato di minimizzare questi inconvenienti tramite domande formulate accuratamente, l’utilizzo ampio di test preliminari e l’uso di misure multiple. Il questionario è disponibile su www.cedro-uva.org. I campioni comparabili e le misure ci hanno aiutato a isolare gli effetti delle politiche sulla droga, ma il restante «altro» non è necessariamente «equivalente». Le condizioni sociali e culturali negli Stati Uniti sono diverse da quelle in Olanda: perciò, se gli Stati Uniti dovessero adottare l’approccio olandese, il consumo di canapa potrebbe aumentare. Altri studi, per esaminare la prevalenza del consumo prima e dopo un cambio di politiche, potrebbe gettare luce su questo problema, anche se le ricerche passate circa l’impatto della decriminalizzazione della marijuana in 11 stati americani nel corso degli anni ‘70 non hanno riscontrato alcun aumento.

Una ipotesi di ricerca per il futuro può essere questa: con una droga largamente usata come la canapa, i controlli sociali informali che fanno parte del- la cultura dei consumatori hanno una funzione regolatrice più potente dei controlli sociali formali, quali quelli delle politiche delle droghe. È una ipotesi che emerge dalle risposte alle domande circa le circostanze ritenute più appropriate per l’uso di canapa. Il relax emerge come lo scopo più diffuso dell’uso di canapa, in ambedue le città: la maggioranza di soggetti, in tutte e due i centri, riportano di aver usato tipicamente la canapa con gli amici e nelle aggregazioni sociali; mentre la maggioranza, in ambedue le città, menziona il lavoro e lo studio come situazioni inappropriate per l’uso. In ambedue le città, il 69% riferisce che gli stati emotivi negativi sono inadatti al consumo di canapa, e l’80% riporta di aver consigliato la virtù della moderazione ai nuovi consumatori.

Conclusioni

Questi dati suggeriscono che i consumatori più esperti organizzano il consumo seguendo la loro «etichetta» subculturale (ossia le norme e le regole sul come, il quando, il dove, il perché e con chi usare la droga), più che le leggi o le politiche.

Quando si attengono a questa etichetta, i consumatori esperti sembrano regolare il consumo di canapa in modo da minimizzare il rischio che questo possa interferire col normale funzionamento sociale. Questo ci porta a pensare che, se le politiche formali sulle droghe fossero basate sulle politiche informali che i consumatori già seguono, le politiche delle droghe potrebbero avere maggiore rilevanza.

Craig Reinarman, Peter Cohen, Hendrien Kaal

Questo articolo è apparso sulla rivista American Journal of Public Health, May 2004, Vol 94, No. 5 con il titolo «The Limited Relevance of Drug Policy: Cannabis in Amsterdam and in San Francisco».
Copyright: 2004 American Public Health Association.