Il 13 e 14 marzo 2003 rappresentanti del governo e funzionari di polizia olandesi e americani hanno tenuto una riunione sull’attività di repressione del crimine e sul terrorismo. Ma gli accordi raggiunti hanno ben poco a che vedere col terrorismo e riguardano quasi tutti le droghe, in particolare l’ecstasy. Sembra infine essersi avverato il desiderio delle agenzie americane preposte alla repressione del crimine: poter disporre della collaborazione completa e incondizionata del sistema legale olandese.
Malgrado siano stati formalmente decisi nel quadro della “guerra al terrorismo internazionale”, tali accordi vanno visti alla luce di una guerra molto più vecchia, la “guerra alla droga”. L’unica differenza è che ora si sta ricorrendo a metodi più severi. I nuovi accordi rientrano in una tendenza generale del governo americano, delle agenzie investigative e dei servizi di intelligence ad avere (meno) rispetto per la sovranità di altri paesi dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001. Le competenze dei loro servizi di contrasto del crimine vengono estese per mancanza di fiducia nelle capacità degli altri paesi di far rispettare la legge. In aggiunta al numero (segreto) di agenti già presenti in Olanda, il Dipartimento di Stato nominerà un nuovo responsabile per gli affari globali e la Dea (Drug enforcement administration) designerà un agente speciale e un analista con il compito di supervisionare le operazioni di polizia. Tutti gli agenti Dea sono di stanza presso l’ambasciata americana all’Aia e godono di immunità diplomatica. Questo significa tra l’altro che, in presenza di scandali o di dubbi sul funzionamento del sistema legale – come è avvenuto per l’indagine parlamentare nel caso Van Traa – gli agenti americani non possono essere processati né interrogati.
Dalla cooperazione alla fusione
Ancora più importante dell’espansione della Dea in Olanda è l’integrazione del sistema americano con quello olandese. Tale integrazione riguarda tre aspetti. Il primo è lo scambio di informazioni tra le diverse agenzie. «Gli Usa e l’Olanda – recita il documento che registra gli accordi – intendono scambiare e condividere quanto più possibile le informazioni riguardanti la cooperazione sulle azioni di contrasto del crimine». Inoltre le dogane di entrambi i paesi si consulteranno più spesso: si parla di corsi di addestramento congiunti e della messa a punto di un database congiunto per prevenire e analizzare il narcotraffico. La proposta più estrema di cooperazione è una auspicata integrazione del personale delle strutture di polizia: esperti statunitensi e olandesi hanno deciso di verificare la possibilità di indagare insieme su grosse organizzazioni internazionali dedite al narcotraffico.
Il secondo aspetto concerne la ricerca accademica e la prevenzione del consumo. Questo argomento è stato appena sfiorato, ma i rappresentanti di entrambi i paesi auspicano una stretta cooperazione anche in questo campo. Il documento afferma che la circolazione di informazioni e di ricerche accademiche dovrebbe servire a prevenire il consumo di droghe. In questo modo non si ha un’osservazione obbiettiva degli effetti delle droghe. La ricerca accademica diventa funzionale a una data politica, e non è essa stessa a informare la politica delle droghe. Qui vediamo un (altro) esempio di una tradizione olandese che si sta perdendo: la ricerca obbiettiva sugli effetti delle droghe e sui loro modelli di consumo.
C’è poi un terzo fattore. Le regole stesse del sistema penale saranno alterate. Così, si afferma che le «incompatibilità» tra i due sistemi giuridici nazionali saranno «risolte» per facilitare richieste legali e procedure di confisca. Leggi e norme sono viste come faccende puramente tecniche, che possono essere modificate in base ai desideri e alle richieste dei servizi di repressione del crimine. Altre considerazioni non svolgono alcun ruolo e viene meno il controllo democratico. Questo modo di trattare la legge e le regole è coerente col modo in cui il documento è stato presentato alla Camera bassa: il risultato logico di uno scambio tra esperti che va al di là delle dispute e non necessita di disposizioni di legge.
In concreto, si configura una graduale integrazione dei due sistemi legali. Non si tratta di semplice cooperazione, ma di fusione. Sta nascendo un sistema legale in cui le agenzie preposte alla repressione del crimine, in entrambi i paesi, possono selettivamente appropriarsi delle normative o rivederle, sottraendosi così al controllo da parte dei sistemi legali. Non è del tutto chiaro dove questa integrazione ci porterà, ma di certo essa mina la logica della politica delle droghe olandese. Nel documento non v’è traccia di considerazioni di tipo sanitario, tradizionalmente la pietra angolare della politica sulle droghe olandese. Questo emergente regime transatlantico di repressione del crimine sfugge al controllo della democrazia nazionale olandese: ha le sue regole, la sua logica e la sua dinamica.
Le regole
I funzionari di polizia possono selettivamente appellarsi alle regole di entrambi i paesi sottraendosi al controllo dei sistemi legali nazionali. Per citare una massima classica ma ancora valida: dove le regole sembrano equivalersi, è il potere a determinare l’esito. La volontà del governo olandese e dei giudici di estradare persone sospette stride con lo scetticismo, o addirittura con l’ostilità, degli Usa nei confronti di paesi e di istituzioni internazionali come il tribunale dell’Aia, che mettono in dubbio l’impunità dei cittadini americani. Dopo lo scalpore sollevato dalle recenti estradizioni di cittadini olandesi sospettati, questi nuovi accordi renderanno le estradizioni ancora più facili.
La logica
L’emergente regime transatlantico ha come unico obbiettivo quello di individuare e bloccare la produzione e il traffico di droga, senza che nessuna attenzione sia dedicata a considerazioni diverse dall’azione di contrasto o a interessi diversi da quelli delle forze dell’ordine. La sovranità dello stato olandese sta subendo una erosione così come la sta subendo la politica olistica delle droghe attuata dall’Olanda che, tradizionalmente, presta attenzione non solo all’azione di contrasto ma anche a considerazioni di tipo sanitario.
Uno slittamento è già evidente. Ad esempio, ci sono state richieste di porre fine a una politica di “quasi-tolleranza” (nella dichiarazione di intenti del precedente governo). Martin Witteveen dell’Unità droghe sintetiche ha dichiarato che la politica delle droghe olandese andrebbe rivista: l’Olanda darebbe una cattiva immagine di sé dando spazio alla riduzione del danno connessa al consumo.
La dinamica
La logica repressiva sta entrando in altre aree di intervento. In particolare, dato che alla cooperazione tra le agenzie preposte alla repressione del crimine non viene posto alcun limite, ci si può attendere che questo regime transatlantico non limiterà la sua azione all’ecstasy o al terrorismo. Per la verità, le autorità doganali americane non hanno intercettato quantitativi rilevanti di ecstasy (né di qualunque altra droga) olandese negli ultimi due anni. In passato non era chiaro se i trafficanti arrestati – che spesso si erano imbarcati a Bruxelles o Parigi – avessero ottenuto l’ecstasy da un produttore olandese. Ma ora è certo che le strutture di polizia americane stanno intercettando quantitativi di ecstasy olandese scarsi se non addirittura nulli. Avendo la stessa Unità droghe sintetiche dichiarato che i produttori di droga stanno abbandonando l’Olanda, questi nuovi accordi arrivano in un momento infelice. Il fatto che simili decisioni vengano prese proprio ora ha a che fare soprattutto con l’atteggiamento intransigente adottato dopo l’11 settembre dalle agenzie americane di polizia e dai loro omologhi olandesi, che condividono la stessa impostazione.
Un’altra ragione che ha reso possibili questi accordi è la perdurante mancanza di analisi da parte dei rappresentanti olandesi. Questi ultimi sembrano non sapere che in America la trentennale “war on drugs” ha fallito sotto tutti i punti di vista: i costi stanno aumentando, l’uso di droghe è quasi sempre stabile o in aumento (e in generale è maggiore che in Olanda), la popolazione carceraria è cresciuta fino a raggiungere cifre stratosferiche. Oltre a tutto ciò, nelle carceri Usa i diritti umani vengono abitualmente disattesi; frequenti lesioni anali sono solo uno degli indicatori della violenza sistematica delle bande e della generale indifferenza delle autorità americane rispetto al destino dei prigionieri.
Le estradizioni di sospetti olandesi in questo sistema carcerario – così come lo scambio di informazioni e la revisione delle norme legali – sono trattate come questioni puramente tecniche. Comunque, per le agenzie Usa di contrasto al crimine, questi accordi rientrano in un programma più generale che mira a esercitare un’influenza fuori dei confini nazionali. Per loro non si tratta di questioni tecniche. La mancanza di analisi da parte dei rappresentanti olandesi ha portato alla stipula di accordi che non prevedono limitazioni. È una formula aperta, in cui l’interpretazione e l’attuazione sfuggiranno al controllo politico o sociale. Se vogliamo impedire che il sistema giuridico olandese funzioni come una succursale dell’industria americana di polizia, è necessario che i politici si assumano la responsabilità di legiferare e governare seriamente. Alle agenzie di polizia americane e olandesi non dovrebbe essere consentito di dettare l’agenda politica senza che prima siano stati fissati chiaramente gli obbiettivi politici, i mezzi legittimi e i limiti giuridici.