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TEHERAN (Iran) – Ventinove persone, tutte condannate per omicidio, stupro e traffico di droga, sono state giustiziate per impiccagione domenica mattina all’alba a Teheran, nella prigione di Evin. Lo ha annunciato la televisione di Stato, citando fonti governative. Nelle ultime settimane la polizia iraniana ha effettuato decine di arresti, nell’ambito di un’operazione su vasta scala per reprimere i «comportamenti immorali». Si tratta dell’esecuzione con il più alto numero di condannati registrata negli ultimi anni nel Paese islamico.

«PUNIAMO I MALFATTORI» – Le autorità iraniane hanno moltiplicato le condanne a morte con l’intento di contrastare l’aumento della criminalità, in particolare le rapine a mano armata, i sequestri e il traffico di droga. «L’impiccagione di questi malfattori dimostra la determinazione della repubblica islamica a contrastare il crimine organizzato – ha dichiarato in tv il Procuratore generale di Teheran, Saed Mortazavi – con l’aiuto dei cittadini, Teheran diventerà la città meno sicura al mondo per i trafficanti di droga, i malfattori e i violenti». L’ayatollah Mahmoud Hachémi Shahroudi, detentore del potere giudiziario, ha deciso di recente di limitare le impiccagioni pubbliche per evitare campagne ostili contro il paese. Da oltre un anno, è stato inoltre lanciata una campagna per «migliorare la sicurezza fisica e morale nella società», dando la caccia a criminali e trafficanti di droga, ma prendendo di mira anche le donne che non indossano con la dovuta accortezza il velo e gli uomini che hanno tagli di capelli all’occidentale e indossano abiti considerati contrari all’islam. Nonostante l’impressionante dispiegamento di polizia nel Paese, le autorità non sono però riuscite a debellare criminalità e traffico di droga. Gran parte della droga prodotta in Afghanistan arriva in Iran (paese che conta quasi due milioni di tossicodipendenti e consumatori sporadici), per poi raggiungere anche i mercati europei e arabi.

I NUMERI DEL BOIA – Sono state più di cento le persone giustiziate in Iran dall’inizio del 2008 (almeno 155 secondo i calcoli dell’agenzia di stampa France Presse; Amnesty International fa sapere invece che nel 2007 le esecuzioni sono state 317). Per numero di condanne a morte la Repubblica Islamica è al secondo posto nel mondo, dopo la sola Cina, e precede Paesi quali Arabia Saudita, Pakistan e Usa. Non è la prima volta in cui esecuzioni di massa del genere sono condotte nella famigerata prigione di Evin: lo scorso 2 gennaio vi furono giustiziate simultaneamente tredici persone; nel settembre 2007 furono messi a morte nello stesso giorno 21 condannati, ma la pena capitale fu applicata loro non nel medesimo sito bensì in due differenti.