Il manicomio dimenticato
Siamo detenuti/internati dell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino. Questo lascia pensare che siamo matti, o criminali incalliti, ma per buona sorte non è così. Siamo qui in osservazione per trenta giorni, per degli abusi delle Case circondariali. Siamo stati portati in questo manicomio criminale perché abbiamo protestato pacificamente in merito al fatto che ci proibiscono il diritto alle cure mediche, il lavoro, l’accesso alla legge Gozzini. Inoltre in questo istituto abbiamo assistito al pestaggio del malato Massimiliano Pastore, circa il quale abbiamo esposto querela a norma di legge. Non abbiamo il diritto di vivere civilmente; siamo tutti i giorni preda di abusi tra i quali pestaggi, maltrattamenti peggio della Turchia.
Ci rivolgiamo al Dott. Margara perché si occupi delle torture e delle condizioni disumane dei nostri carceri italiani e degli Opg che egli ben conosce.
Sette detenuti dell’Opg, lettera firmata
Margara risponde
Non è facile rispondere alla lettera inviata da questi detenuti. Può essere letta nell’ottica degli interessati (sette persone che chiariscono di essere temporaneamente in Opg per esservi stati inviati dal carcere per osservazione psichiatrica) o nell’ottica più larga delle situazioni e delle condizioni oggettive in cui la loro detenzione si svolge.
L’ottica della lettera è quella di chi raggiunge un livello di incompatibilità con le strutture del carcere, che lo fa entrare in un conflitto aperto con le stesse. L’invio in Opg è preceduto da una proposta sanitaria in tal senso dei sanitari del carcere e, in particolare, di uno psichiatra, che, se ritenuta fondata, viene seguita da un provvedimento del magistrato che dispone il ricovero in tale istituto. L’osservazione dura, di regola, 30 giorni e si conclude con il rientro in carcere, talvolta in un carcere diverso da quello da cui si è stati inviati in Opg. È rara la proroga del periodo di osservazione e raro anche il provvedimento di ricovero prolungato in Opg, quando vengono confermate condizioni psichiatriche incompatibili con la detenzione in carcere.
Secondo chi scrive la lettera, l’invio in Opg dal carcere è avvenuto perché essi hanno inutilmente reclamato, non essendo stati soddisfatti i loro diritti alle cure mediche, a un posto di lavoro, ai benefici della legge Gozzini. Per quello che è accaduto in Opg, a Montelupo, si fa riferimento al caso specifico di un detenuto, che è uno dei firmatari della lettera, che sarebbe stato “pestato”, e a generici “abusi, tra i quali pestaggi e maltrattamenti” nei confronti degli altri scriventi.
Non credo che il mio compito sia quello di difendere le istituzioni penitenziarie, ma neanche quello di sottoscrivere la protesta e di non cercare di inquadrarla nelle situazioni e condizioni oggettive, nelle quali si sviluppa. Le insufficienze delle strutture penitenziarie, all’origine del conflitto degli autori della lettera, non possono essere che confermate, tanto maggiori, quanto maggiore sarà il carico di detenuti e problemi dei carceri da cui provengono. Difficile la situazione sanitaria, in attesa di una riforma che non arriva. Scarse le risorse di lavoro (più vicine ad un reale 10% dei detenuti, che al 20% delle statistiche). Difficile l’accesso ai benefici della legge Gozzini, che dipende anche dalle risorse esterne di una persona (vi sono iniziative del volontariato, ma spesso non bastanti). Certo, su tutto c’è la impossibilità delle pochissime unità di personale addetto, particolarmente educatori, a conoscere e a seguire tutte le situazioni. Chi insiste a trovare risposte ai problemi che ritiene di avere, trova spesso i muri oggettivi di queste insufficienze.
Si vede all’orizzonte qualcosa che cambi questa situazione? Per vero, si sente parlare di nuove carceri, ma non di intervenire sulle inefficienze di quelle esistenti. Soprattutto appare di là da venire la possibilità di conoscere e seguire tutte le situazioni, il che potrebbe disinnescare molti conflitti. Ma di nuovo personale destinato a questo non si parla.
E vengo all’Opg. Il caso specifico lamentato nella lettera è noto. Che tale episodio rispecchi l’andamento ordinario della vita dell’istituto non credo si possa dire. Del resto il rapporto del Comitato Europeo per la prevenzione delle torture e dei trattamenti inumani e degradanti in Italia, che ha visitato anche l’Opg di Montelupo nel febbraio 2000, afferma che «la delegazione non ha raccolto nessuna asserzione, né rilevato altri indizi di deliberati maltrattamenti di pazienti da parte del personale curante…»
Va ricordato che gli ospedali psichiatrici giudiziari italiani restano fortemente condizionati da strutture edilizie e da personale simili a quelli delle carceri. Da qualche anno, con una immissione di un certo numero di infermieri, si è avuto l’avvio di un processo di sanitarizzazione degli istituti. A Montelupo, dei quattro reparti, uno solo (per circa 50 persone) può contare su celle singole; gli altri tre, raccolgono la maggior parte dei ricoverati in stanzoni con più persone e una situazione di promiscuità che non agevola i trattamento sanitari. La situazione è più difficile per il reparto denominato unità di osservazione, che raccoglie in particolare i detenuti come quelli che hanno scritto la lettera.
È giusto ricordare che gli operatori di Montelupo sono molto impegnati nel realizzare aperture trattamentali, che sono, però, praticabili per i soli internati a seguito di sentenza definitiva. Su 247 assegnati al 31/8/2001 (l’istituto, negli ultimi tempi, è sovraffollato: la capienza prevista è di 188 unità), 153 sono internati definitivi: di questi 32 sono in licenza finale di esperimento al loro domicilio o in strutture esterne; degli altri 121, 99 fruiscono di licenze (85 di licenze orarie frazionabili e 14 di licenze per più giorni) e 4 sono in semilibertà. Qualche intervento è possibile anche per i 17 detenuti ricoverati stabilmente per le loro condizioni psichiche (di questi cinque fruiscono di permessi premio). Invece, per i 65 internati provvisori (con procedimento penale ancora in corso) e i 17 detenuti in osservazione psichiatrica dal carcere (con brevi permanenze in Opg), le possibilità di aperture all’esterno sono inesistenti.
Da tempo è chiaro che la reale modifica degli Opg passa essenzialmente attraverso una riforma legislativa. Tuttavia le diverse proposte in merito non hanno neppure iniziato un concreto percorso normativo.