Era registrato un numero nella rubrica del cellulare di Federico Aldrovandi. Un numero che venne chiamato dal suo telefonino proprio il 25 settembre 2005, il giorno della tragica colluttazione con la polizia. Ma quella telefonata venne fatta alle 8 di sera, quando il ragazzo era morto da circa 14 ore e il telefonino era già sotto sequestro all’interno della questura di Ferrara.
È l’ennesimo mistero – che potrebbe però presto rilevarsi inconsistente non appena sarà possibile darne una spiegazione – che fa da contorno al caso Aldrovandi. La novità è emersa questa mattina praticamente a margine della diciottesima udienza del processo per l’omicidio colposo del 18enne. A quanto si apprende, il magistrato titolare delle indagini, Nicola Proto, ha disposto una perizia – inserita ora nel fascicolo del pm – per rintracciare l’intestatario dell’utenza e risalire al momento in cui quel numero, al quale non era abbinato nessun nome, venne salvato nella memoria del cellulare.
L’esito della breve indagine non ha fatto altro che infittire la rete di punti interrogativi: quel numero appartiene a un ispettore di polizia, già sentito in aula come testimone in una delle precedenti udienze, che partecipò al sopralluogo in via Ippodromo.
Perché era registrato nel telefonino di Federico? Il ragazzo conosceva l’ufficiale in questione? E chi dall’interno della questura lo ha digitato la sera in cui il ragazzo perse la vita? E per quali motivi, visto che era già sotto sequestro (la madre la riceverà il giorno dopo)? Questa la ridda di domande che sorgono immediate attorno a questo nuovo, ultimo particolare. Che potrebbe, va ribadito, rivelarsi però di alcuna importanza.