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La normativa sulle droghe, in Italia, è ferma da oltre 30 anni alla Legge 309/90, basata su logiche punitive di “guerra alla droga”. Eppure, in questi 30 anni tante cose sono successe: ad esempio, l’Assemblea Straordinaria Generale delle Nazioni Unite, nel 2016, ha visto un dibattito fra i paesi promotori che ha registrato l’insostenibilità, da ogni punto di vista, della war on drugs. La ricerca ha fatto notevoli passi in avanti, dimostrando che le conseguenze dell’uso di sostanze sono legate a diversi fattori (basti ricordare, fra gli altri, “Drug, set, setting” Norman Zinberg, 1984 – pubblicato in italiano solo nel 2019 -; “A caro prezzo” Carl Hart, 2013), che non necessariamente chi usa sostanze è destinato alla dipendenza, che esiste un uso assolutamente controllato, normalizzato, di molte sostanze.
Quella legge che ha dimostrato la propria inefficacia, ottenendo come risultato maggiore la criminalizzazione del consumo riempiendo le carceri di tossicodipendenti, prevedeva anche che, con cadenza triennale, venisse convocata la Conferenza Nazionale sulle Droghe. L’ultima è stata organizzata a Trieste nel 2009, ed è stata davvero un passaggio ininfluente, irrilevante, rispetto alle necessità di innovazione delle politiche sulle droghe. L’ultima Conferenza di una certa importanza, per come il dibattito ha affrontato i temi in discussione, è stata quella di Genova del 2000. Sono passati ormai 21 anni. Il mondo è andato avanti: la ricerca, il lavoro e le pratiche dei servizi hanno sfatato miti e pregiudizi, molti paesi hanno adottato normative per la depenalizzazione dell’uso di sostanze con esiti e ricadute positivi sull’economia, sulla salute delle persone, ed anche in termini di contrasto alla criminalità organizzata. In Italia si continua, invece, a patologizzare il consumo e a criminalizzare i consumatori.
Per questo un vasto fronte di organizzazioni ed associazioni della società civile aveva promosso, dal basso, una conferenza nazionale auto-organizzata, che si sarebbe dovuta tenere a Milano alla fine di febbraio 2020: un luogo dove, finalmente, discutere davvero della necessità improrogabile di un deciso cambiamento nelle politiche sulle droghe. Ma è arrivato il virus, è esplosa la pandemia, e tutto si è fermato.
La Ministra che ha la delega alle politiche sulle droghe, Fabiana Dadone, ha affermato che la Conferenza la vuole fare, che si farà: ovviamente, dopo tanti anni, non possiamo che accogliere con soddisfazione questa notizia. A patto che la Conferenza non sia un contenitore vuoto, ma il luogo di discussione vera, seria, oltre le narrazioni che ci hanno accompagnato in questi anni, e che hanno ancora di più contribuito a creare stigma, emarginazione.
Basti pensare a recenti articoli di autorevoli giornalisti che hanno continuato a parlare di “droga” accomunando tutte le sostanze, che hanno descritto i drogati esclusivamente come persone pericolose, alle dichiarazioni di molti politici, alcuni dei quali hanno suonato campanelli di condomini alla ricerca di pericolosi spacciatori, o si sono sottoposti a test pubblici per dimostrare, non facendo uso di sostanze, la propria integrità morale.
Ci aspettiamo una Conferenza all’altezza delle sfide che abbiamo di fronte, a maggior ragione dopo così tanti anni di assenza di un luogo istituzionale dove discutere seriamene delle politiche portate avanti dai Governi che in questi anni si sono succeduti, delle conseguenze che hanno avuto e dei risultati prodotti, dello stato dei servizi, dei necessari interventi normativi che adeguino le leggi italiane ai saperi ed alle conoscenze che in questi anni si sono sviluppate, a quanto fatto in altri stati del mondo, in termini di legalizzazione e depenalizzazione, oltre che di utilizzo della cannabis a fini terapeutici. Non abbiamo bisogno di una conferenza “sottotono”, magari perché il tema è divisivo e registra posizioni distanti all’interno della attuale maggioranza di governo, ma di una Conferenza in grado di incidere, di provocare davvero un cambio di passo e di registro, dopo anni di immobilismo, se non di arretramenti.
Deve, quindi, tener conto delle competenze e delle esperienze maturate, prevedere la partecipazione attiva ed il contributo di tutti i soggetti coinvolti, delle associazioni della società civile, degli operatori, delle organizzazioni sindacali, dei consumatori, in una discussione vera, aperta, fin dalle fasi di preparazione e costruzione dell’evento. Deve affrontare, finalmente in maniera non ideologica, il tema della legalizzazione della cannabis e della reale e completa depenalizzazione dell’uso personale di sostanze. Deve fornire al Parlamento strumenti per produrre leggi avanzate. Deve dare dignità ai servizi ed agli operatori che vi operano, deve rilanciare le politiche di Riduzione del Danno e dei Rischi: la RdD è inserita nei LeA fin dal 2017, ma ancora non è pienamente esigibile, né adeguatamente finanziata. Deve restituire alle Istituzioni Pubbliche il ruolo di disegnare strategie di regolazione sociale e culturale alternative a quelle penali. Costruire, insomma, una solida base per attivare un cambio di rotta radicale verso un governo politico e sociale del fenomeno contemporaneo dei consumi di droghe.
Il percorso a suo tempo intrapreso, bloccato dall’insorgere della pandemia, aveva prodotto un documento al quale avevano aderito importanti realtà che a vario titolo, da tempo, si occupano di droghe, di sostanze, di dipendenze: è un contributo a questa importante e necessaria discussione. Quel documento chiedeva, appunto, la completa depenalizzazione e decriminalizzazione dell’uso personale, la ridefinizione e riscrittura del sistema dei servizi e degli interventi, in maniera da integrare definitivamente il modello della Riduzione dei Danni e dei Rischi, superando i modelli patologici, stabilendo standard nazionali, qualitativi e quantitativi, per rendere uniformi i sistemi regionali e stabili i vincoli di spesa. Chiedeva di allargare, finalmente, lo sguardo alla dimensione internazionale, di superare l’immobilismo istituzionale che scontiamo da oltre 20 anni, di affrontare il dibattito sulle diverse proposte di legge presentate, e giacenti in Parlamento.
Questi percorsi di riforma e di confronto aperto non sono più rinviabili, sono, invece, possibili e praticabili da adesso.
Per questo, chiediamo di avviare da subito un percorso chiaro e trasparente, inclusivo e condiviso, che porti alla Convocazione della Conferenza nel più breve tempo possibile.
Per questo la Conferenza Nazionale deve tenersi entro la fine di quest’anno, ed affrontare tutti i temi posti.