È contenuta nel decreto 309 del ’90 all’articolo 125, la norma secondo la quale bisogna identificare i soggetti a rischio di tossicodipendenza fra i lavoratori con mansioni che implicano un rischio per terzi. Il principio, in sé, non è mai stato respinto dalle organizzazioni sindacali, il problema è la sua applicazione: qual è, cioè, il limite dei controlli, sia rispetto alla platea dei lavoratori coinvolti che, soprattutto, rispetto alle modalità del consumo? Gli eventuali test vanno eseguiti durante l’orario di lavoro? O anche, come sembrerebbe logico, nelle ore immediatamente precedenti? Oppure, come si è finito per sostenere oggi, esplicitamente, sempre, con l’evidente allargamento della problematica ad abitudini private, a stili di vita che nulla hanno a che vedere con l’effettiva “idoneità alla mansione”?
Sorge a questo punto una selva di questioni che riguardano la privacy delle lavoratrici e dei lavoratori, nonché il rispetto delle norme contrattuali e legislative attinenti al tema (dallo Statuto del ’70 alla 626 del ’94, al recente decreto riguardante la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro). Tutta questa problematica, già sollevata unitariamente da Cgil, Cisl e Uil all’inizio degli anni ’90, si è puntualmente riaffacciata quando, nella prima parte del 2006, il ministero del Welfare, allora guidato da Roberto Maroni, ripropose la questione: sempre identificando, di fatto, l’idoneità alla mansione col semplice consumo, “in sé”, delle sostanze psicoattive illegali.
Il tema è successivamente riemerso nella seconda parte del 2006, per iniziativa del ministero della Salute, allora guidato da Livia Turco: ma questa volta nonostante l’espressione ripetuta delle perplessità sindacali, si giunse, tenendo scarsamente conto di esse, a un testo alquanto unilaterale, approvato anche dai rappresentanti delle Regioni il 30 ottobre 2007: si tratta appunto della intesa Stato-Regioni destinata a dare concreta applicazione all’articolo 125 del decreto 309/90. Essa prevede che praticamente tutti i lavoratori dipendenti che hanno a che fare con il trasporto aereo, marittimo ferroviario e su strada, nonché con impianti nucleari, materiali esplosivi o gas nocivi, siano sottoposti a esami preventivi (clinici e con test) prima di essere adibiti alla mansione “a rischio”: e successivamente sono previsti esami obbligatori e periodici dello stesso tipo.
Un “allegato” al testo contiene l’elenco dettagliato delle categorie di lavoratori che sono coinvolte, ponendo e non risolvendo, implicitamente, il grosso problema della esclusione delle categorie sanitarie (i medici, in particolare) e dei lavoratori autonomi dell’autotrasporto. Ma, soprattutto, sia nella “premessa” che nei dodici articoli del testo, si insisteva anche esplicitamente sulla completa inammissibilità del consumo “anche saltuario” senza ulteriori precisazioni (si pensi all’effetto grottesco di una simile norma, se venisse coerentemente adottata, e applicata, anche per l’alcol). Si cercò tuttavia, un anno fa, di tener conto delle obiezioni, riferite appunto non al principio generale, ma alle concrete applicazioni: e fu quindi varata una commissione tecnica di esperti, composta prevalentemente sulla base si competenze medico/sanitarie, ed incaricata di fissare le procedure per l’applicazione dell’intesa.
A questo punto, con l’insediamento del nuovo Governo nel 2008, e la successiva attribuzione della delega per le tossicodipendenze a Carlo Giovanardi, la vicenda ha conosciuto un punto di svolta assolutamente negativo: infatti proprio Giovanardi ha a sua volta varato un particolareggiatissimo testo: si tratta delle procedure – assai minuziose e insistentemente motivate – attraverso le quali dovrà essere applicata l’intesa Stato-Regioni del 2007. Si è, in pratica, deciso come, quando e a chi si faranno i test, ignorando gli elementi di problematicità emersi dalla Commissione tecnica insediata da Livia Turco (alla quale partecipavano anche due membri indicati dalla Cgil).
Come nell’intesa Stato-Regioni, così pure nel documento più recente in caso di positività agli accertamenti è previsto un lungo percorso riabilitativo, e la immediata rimozione dalla mansione “a rischio”. Peculiare del testo Giovanardi è la precisazione sul tipo di test: urine per tutti, capelli o peli pubici (sic!) per coloro che, risultati positivi una volta, vogliono dopo il recupero tornare alla mansione precedente. Specifica del testo Giovanardi è anche l’insistenza sul fatto che la differenziazione fra “uso sporadico” e “dipendenza” è irrilevante, oltre che difficile da stabilire. Sfugge completamente a chi ha redatto il documento il problema determinato dalla più diffusa fra le sostanze psicoattive illegali, la cannabis, che lascia tracce (anche nelle urine) per molto tempo, fin a 30 giorni o più. Sfugge anche, o peggio, è deliberatamente previsto il fatto che la positività al test del capello può rilevare un’assunzione avvenuta addirittura anni prima.
Il testo Giovanardi sulle “procedure per l’esecuzione degli accertamenti” è stato emanato a luglio del 2008 e approvato dalla Conferenza Stato-Regioni a settembre. Spetta ora alle organizzazioni sindacali il compito di agire responsabilmente, ma con fermezza, elaborando una critica argomentata del provvedimento, e nel frattempo riducendo i danni che possono derivare da una sua applicazione impropria ed estremizzante.
*Cgil nazionale, responsabile dipendenze