Tutto avviene martedì mattina a Piazza Armerina, in provincia di Enna: durante un’assemblea di Istituto, regolarmente convocata, la Polizia della locale Questura – allertata da una “segnalazione anonima” – entra all’interno della Scuola superiore Majorana-Cascino e identifica gli organizzatori, ovvero i rappresentanti di Istituto della componente studentesca nel pieno delle loro funzioni. Cosa da lasciar sbalorditi, non fosse che il tema dell’assemblea era la legalizzazione della cannabis, e l’invitato esterno fosse Pierluigi Gagliardi, collaboratore di “Meglio Legale”.
Non si conosce l’oggetto di questa “segnalazione anonima”: la Preside, in quel momento assente, ha dovuto confermare in videochiamata di aver autorizzato l’assemblea, cosa che non ha fatto desistere gli agenti dal chiedere le generalità agli studenti. I quali, stupiti della loro presenza, si sarebbero sentiti rispondere alle legittime richieste di spiegazione rispetto all’intromissione un eloquente “le domande le facciamo noi”.
Che importa se studenti e studentesse avessero deciso di esercitare il proprio diritto di parlare di un argomento che li riguarda da vicino, consumino o non consumino, invitando un ospite in collegamento remoto. Che importa in fondo se le assemblee “costituiscono occasione di partecipazione democratica per l’approfondimento dei problemi della scuola e della società in funzione della formazione culturale e civile degli studenti” (Art. 13, DL n. 297/94). Un diritto degli studenti che, insieme a quello di libertà di espressione, di rango costituzionale, passa serenamente in secondo piano quando si parla di una pianta che accompagna l’uomo da millenni, ma che è diventata il nemico numero uno delle forze dell’ordine italiane.
Basta nominare la cannabis per mettere in allarme le Questure. Sono i dati raccolti ogni anno sul Libro Bianco sulle droghe e sulla relazione del Dipartimento Centrale dei Servizi Antidroga che dimostrano come la cannabis sia al centro della repressione, non solo dello spaccio. Si tratta della sostanza che è stata usata nella vita da più di un terzo degli italiani e così oltre un milione sono le persone segnalate al prefetto per uso di cannabis dal 1990 ad oggi, oltre il 70% del totale.
Quello di Piazza Armerina è un fatto di una gravità inaudita: talmente grave ed eccezionale che non può essere in alcun modo derubricato a “normale controllo”. Talmente grave che il segretario nazionale di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, e Davide Faraone, deputato di Azione-Italia Viva, annunciano un’interrogazione parlamentare ai ministri dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, e degli Interni, Matteo Piantedosi.
Un fatto che non può non essere messo in collegamento con la perquisizione di un minore senza la presenza dei tutori avvenuta in questi giorni all’interno una scuola fiorentina, oppure con quanto successo due settimane fa alla Fiera di Roma, a Canapa Mundi. Oltre 500 campioni sequestrati, Polizia, Carabinieri, Forestali e Guardia di Finanza impegnate in 3 giorni di assillanti, costosi e assurdi controlli in mezzo agli stand di onesti imprenditori. Il tutto finito con una denuncia per spaccio, per un campione che avrebbe sforato il limite consentito, trovato nello stand delle associazioni dei pazienti.
Le forze dell’ordine non dovrebbero entrare nelle Università o nelle Scuole. Ormai la prassi è il contrario. Non tanto per quel che è successo recentemente alla Sapienza, ma perché grazie a “Scuole Sicure” i cani antidroga sono di casa davanti alle nostre scuole – a volte anche dentro – magari pochi giorni dopo che i loro conduttori graduati sono intervenuti a una qualche assemblea sulla prevenzione delle dipendenze. Un cortocircuito letale per un rapporto educativo sano, che criminalizza i giovani proprio a Scuola e che troppo spesso – in assenza di un minimo buon senso pedagogico – attribuisce ai rappresentanti delle forze dell’ordine compiti che non sono loro.
Tornando al caso di specie. Non sappiamo se esista un ordine esplicito del Ministro Piantedosi, una circolare o un passaparola che dal Viminale sia arrivato alle Questure italiane per “attenzionare” in modo particolare la cannabis. Forse non siamo ancora alla “guerra via per via, negozio per negozio, quartiere per quartiere, città per città” del mai rimpianto Ministro della Paura Matteo Salvini, e si tratta solo di una gara dei quadri intermedi per accreditarsi presso il Ministro “questurino”. Un meccanismo perverso di adeguamento preventivo della base alle politiche dei vertici. È però evidente che dagli urli degli anni scorsi, con il Governo Meloni siamo passati ai fatti. La Destra al potere dimostra la propria forza repressiva in silenzio, colpendo i singoli, uno per uno. Siano sequestri durante fiere internazionali o intimidatorie identificazioni all’interno di edifici scolastici. L’importante è che il resto del paese non rimanga in silenzio.
*Direttore di Fuoriluogo