WASHINGTON – John Brennan era il candidato designato da Barack Obama per guidare la Cia. Lo hanno subito «impallinato » ricordando che era un sostenitore delle «extraordinary rendition», ossia il trasferimento di dozzine di terroristi — veri o presunti — in Paesi amici dove spesso sono stati torturati. E Brennan ha dovuto rinunciare all’importante poltrona, affidata poi a Leon Panetta. Ma il presidente non ha abbandonato la politica delle «rendition » e ne ha autorizzato il proseguimento. «Dobbiamo preservare certi strumenti — ha spiegato un funzionario —. Sappiamo che ha causato controversie in certi ambienti e tempeste politiche in Europa. Ma se condotto secondo certi parametri, è accettabile». E i consulenti legali della Cia sono già al lavoro per fissare eventuali paletti. Alcuni li ha suggeriti Tom Malinowski di Human Rights Watch: 1) Ottenere garanzie che i prigionieri non saranno torturati una volta trasferiti nel Paese designato. 2) Esigere un regolare processo e una detenzione normale.
A sorpresa, Malinowski ha osservato che «in determinate circostanze» le «rendition » hanno legittimità. Un parere opposto a quello espresso dalle medesime associazioni per i diritti umani quando alla Casa Bianca c’era Bush. Sotto la precedente ammini-strazione, il programma ha avuto un’impennata con decine di sospetti fatti sparire. Tra loro l’estremista Abu Omar, rapito a Milano nel febbraio 2003 da un commando Cia, poi finito in una prigione egiziana. Proprio ieri l’ex imam di Milano ha inviato una lettera a Obama per chiedergli un risarcimento per la detenzione e le torture che dice di aver subito. «Io sono tra le vittime della guerra americana infernale condotta da George W. Bush contro l’Islam e i musulmani », ha scritto. Risarcendolo, ha aggiunto, Obama «alimenterà speranze» sulla nuova amministrazione Usa. Abu Omar fu rinchiuso in uno dei tanti «Hotel California », le carceri dove sai quando entri ma non quando esci. Centri di detenzione — dal Marocco all’Europa dell’Est — che Obama ha deciso di rimpiazzare con qualcosa di più agile e temporaneo. Tra gli ordini impartiti alla Cia c’è la possibilità di trattenere i sospetti in luoghi speciali «per poco tempo e su base transitoria». Sull’efficacia delle «rendition» e del ricorso alla tortura il giudizio degli 007 non è compatto.
C’è chi sostiene che abbiano rappresentato la risposta adeguata e chi ne sottolinea l’inutilità. Per i primi, la Cia ha ricavato notizie vitali. Per i secondi l’intelligence, affidando i prigionieri ad altri, ne ha perso il controllo. Inoltre le informazioni fornite dagli interrogati non erano verificabili e non potevano essere usate in un tribunale perché macchiate dalla tortura. Anche la clausola delle garanzie dell’alleato sul rispetto del prigioniero è considerata una «foglia di fico». Ma, andando oltre il dibattito, è chiaro che la nuova amministrazione ha deciso di mantenere la pressione sui terroristi usando le «black operations », le operazioni clandestine. Dunque catturare i terroristi quando è possibile farlo senza limiti territoriali, incalzarli con una serie di raid nei loro rifugi con i letali aerei senza pilota. In questo le differenze tra Bush e Obama sono solo formali. E del resto vale ricordare che le «rendition» non sono nate dopo l’11 settembre. Le prime vennero organizzate negli anni ’80 sotto Reagan, ma c’era un aspetto non secondario: il terrorista, portato negli Usa, subiva poi un regolare processo. Il programma è poi continuato con Bill Clinton che, dopo l’attacco alle Twin Towers nel 1993, ha concesso carta bianca agli 007. Loro, come si dice in gergo, si sono tolti i guanti e hanno iniziato a catturare gli estremisti per poi trasportarli con jet speciali in Stati amici. Uno su tutti, Talat Fuad Kassem. Il 13 settembre 1995 la Cia lo intercetta in Croazia, poi lo consegna agli egiziani. Nessuno ne ha più sentito parlare.