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Le comunità terapeutiche si devono strutturare sempre più in modo da assicurare, oltre alla cura dei sintomi sanitari, la maggior inclusione sociale possibile, rafforzando le capacità delle persone accolte affinché recuperino un ruolo sociale attivo e soddisfacente. È questo uno dei concetti alla base del documento con il quale il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA) ha voluto presentare la propria visione sulle comunità terapeutiche e sul loro significato oggi a tutti gli attori del sistema dei servizi.

Una presa in carico di tutti i bisogni della persona può essere perseguita solo se la comunità terapeutica opera in modo integrato con altri attori della comunità locale ­– servizi sociali e sanitari, Comuni, associazioni, imprese ­– nell’ottica di una responsabilità sociale diffusa che parte dal coinvolgimento della persona accolta e si estende alla comunità territoriale di riferimento. Un percorso capace di comprendere aspetti sanitari e sociali, di cura e di partecipazione attiva alla vita sociale, tenendo in considerazione anche la componente abitativa e socio-lavorativa, compresa la salvaguardia del posto di lavoro quando presente.

La nascita di bisogni diversi nell’ambito delle dipendenze e la complessità delle situazioni, fortemente cambiate dalle prime esperienze rivolte alle persone dipendenti da eroina, stimolano una riflessione del pubblico e del privato per ridisegnare un sistema che risponda con soluzione diverse e innovative. I percorsi che le realtà legate al CNCA propongono sono flessibili, senza obiettivi predeterminati dall’esterno e calati dall’alto.

È necessario creare strutture e strumenti intermedi che diano risposte diverse a bisogni differenti, che accompagnino le persone verso livelli di autonomia differenziati, come residenzialità leggere, servizi domiciliari, formazione e nuove forme di reinserimento lavorativo, maggior integrazione con pratiche di riduzione del danno. Ma anche pensare a nuove figure educative che accompagnino questi percorsi. Tutto questo deve diventare una procedura e un metodo di lavoro comune in tutta Italia.

L’Intesa sui criteri di sicurezza e qualità delle comunità terapeutiche recentemente approvata in Conferenza Stato-Regioni, primo atto normativo che definisce criteri sostanzialmente omogenei per quanto riguarda i requisiti di accreditamento delle diverse strutture, è un primo passo nella giusta direzione, ma non basta ancora, visto anche che non prevede nulla in merito alle risorse per attuare quanto indicato nel testo. C’è pur sempre il rischio di pensare le comunità terapeutiche come mera risposta a un problema sanitario, senza farsi carico della persona nel suo complesso. Infine, occorre evitare – come vorrebbero alcuni esponenti politici – che le comunità si trasformino in micro carceri per ospitare le persone tossicodipendenti inserite nel circuito penale. Le comunità non possono diventare luoghi di coercizione.

Davanti alle evoluzioni e ai mutamenti dei bisogni delle persone, non c’è dubbio che le comunità debbano essere sempre più in rete con una comunità più grande composta dai Comuni, dai SerD, dalle associazioni, dalle aziende e dai cittadini.

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  • pdf atto-dintesa-repn39-del-21mar-2024
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    Aggiunto in data: 6 Agosto 2024 9:39 Dimensione del file: 2 MB Download: 24