Tempo di lettura: 2 minuti[articolo modificato rispetto alla prima pubblicazione] La decisione del Re del Marocco Mohammed VI di graziare 4.831 coltivatori di cannabis, avvenuta in occasione dell’anniversario della Rivoluzione del Re e del Popolo martedì scorso, non è certo un fulmine a ciel sereno.

Il Marocco ha infatti compiuto significativi progressi nella regolamentazione della cannabis negli ultimi anni. Il Paese è da sempre uno dei principali produttori mondiali di cannabis, in particolare di hashish nella regione del Rif, dove la coltivazione di questa pianta ha rappresentato storicamente una fonte di sostentamento fondamentale. Si stimava che nel 2019 fra le 80.000 e le 120.000 famiglie della valle del Rif si sostenevano con la produzione illegale di cannabis.

Nel 2021, il Marocco ha approvato una legge che ha legalizzato la produzione e l’uso della cannabis per scopi medici e industriali. Questo passaggio ha segnato una svolta importante, distinguendo tra l’uso ricreativo, che rimane illegale, e gli utilizzi terapeutici e commerciali. L’obiettivo era di regolamentare il mercato, ridurre il commercio illecito e creare nuove opportunità economiche per le comunità locali. Da allora l’ANRAC, l’agenzia incaricata di supervisione e regolamentazione della coltivazione legale e delle esportazioni di cannabis per scopi medici, farmaceutici e industriali ha concesso oltre 200 licenze per la lavorazione della cannabis, l’importazione di semi e l’esportazione di prodotti. A luglio 2024, il Paese ha effettuato la sua prima, anche se simbolica, esportazione legale di cannabis a basso contenuto di THC in Svizzera. Il raccolto legale di cannabis del 2023 ha raggiunto 294 tonnellate, dimostrando il potenziale economico della legalizzazione.

Nonostante i progressi infatti, il Marocco continua a essere il principale produttore mondiale di cannabis, con una fiorente attività illecita di produzione e traffico di cannabis a scopo ricreativo. Del resto, come confermano i rapporti dell’Agenzia delle droghe dell’UE (EUDA) la maggior parte della resina di cannabis spacciata in Europa proviene dal Marocco, contrabbandata attraverso la Spagna dove nel 2022 sono state sequestrate 672,5 tonnellate di hashish, ovvero l’82% dei sequestri di resina in tutta l’UE.

Questa grazia pare quindi suggellare il percorso di riforma della regolamentazione della cannabis nello stato marocchino, e vuole proprio aiutare le persone precedentemente coinvolte nella coltivazione illegale a passare al quadro legale. Per Leonardo Fiorentini, segretario di Forum Droghe “non ci sarebbe neanche da stupirsi troppo, se non venisse naturale confrontare la situazione marocchina con quella italiana, dove il processo è esattamente il contrario, ovvero far deragliare nell’illegalità l’intera filiera produttiva della cannabis light. Il Marocco ha intrapreso una strada razionale, che pur non arrivando alla piena regolamentazione legale della cannabis, rimanendo rigidamente all’interno delle convenzioni internazionali, cerca di promuovere una filiera di produzione legale che possa dare un’alternativa credibile a chi da decenni sopravvive coltivando per i mercati illegali.”

“Una strada – conclude Fiorentini – che potrebbe percorrere anche il nostro paese. Invece da una parte si continuano a porre mille ostacoli alla nascita di una produzione nazionale di cannabis terapeutica, aprendo bandi che non si chiudono mai, e dall’altra si interviene per uccidere – con un emendamento al Ddl Sicurezza che vorrebbe vietare le infiorescenze a basso contenuto di THC – l’intera filiera della canapa italiana“.

[Foto: Di UN Climate Change – Flickr, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=105978865]