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La semplice presentazione di altri tossicodipendenti al proprio fornitore di sostanze stupefacenti “non puo’ considerarsi penalmente rilevante”. Lo sottolinea la Cassazione, annullando senza rinvio “perche’ i fatti non sussistono” una sentenza della Corte d’appello di Trento, che aveva condannato due giovani per una presunta attivita’ di intermediazione, svolta dagli imputati presentando altri tossicodipendenti al proprio pusher. In primo grado i due, all’epoca dei fatti poco piu’ che ventenni, erano stati condannati dal tribunale di Trento rispettivamente a 4 mesi e 2 mesi e 20 giorni di reclusione, con la concessione delle attenuanti e la sospensione condizionale della pena. I giudici d’appello, invece, avevano sostituto la condanna a 4 mesi con il pagamento di una multa complessiva di 5.760 euro, confermando la sentenza di primo grado per l’altro imputato.
I difensori avevano quindi presentato ricorso alla Suprema Corte, la quale, con la sentenza n.31816 della sesta sezione penale, ha ritenuto fondati i loro rilievi: “in materia di traffico di stupefacenti – scrivono gli ‘ermellini’ – l’intermediazione implica lo svolgimento in proprio di un’attivita’ di concorso con lo spacciatore, che puo’ anche consistere nell’avviamento, concordato con quest’ultimo, di tossicodipendenti consumatori. Al di fuori dell’accordo concorsuale, il semplice fatto della presentazione di altri tossicodipendenti al proprio fornitore non puo’ considerarsi penalmente rilevante”.