Ripercorriamo gli eventi. Il Dipartimento di Stato americano sottopone al governo giamaicano la richiesta di arresto ed estradizione di un trafficante di droga. Per molti mesi il governo rifiuta, poi cambia idea. Quando la polizia arriva, il trafficante resiste con la forza. Ne seguono violenze, con decine di morti sul campo e il gangster ancora alla macchia.
Tristemente, questo è uno scenario familiare. Nell’ultimo decennio, paesi dell’emisfero occidentale sono caduti come pezzi di domino, sospinti nell’instabilità e nella guerra civile dai campioni della più oscura delle ideologie, la “guerra alla droga”. Chiariamo bene perché Christopher “Dudus” Coke, il leader in fuga del cartello criminale Shower posse e “signore” dei “Giardini di Tivoli”, ha potuto ammassare le ricchezze e acquisire la potenza di fuoco per sfidare il governo giamaicano: per via della domanda americana di cocaina illegale prodotta in Colombia e che transita per la Giamaica. Chiariamo anche che la criminalità giamaicana si è data al traffico di cocaina alla metà degli anni ottanta, subito dopo che il governo del premier Edward Seaga aveva concesso ai militari americani di sradicare i campi di cannabis in Giamaica. Scomparsa la ganja, è arrivata la cocaina crack, con un effetto indesiderato di spostamento dei consumi e di finanziamento ad un nascente sottobosco criminale.
Dagli anni ottanta, i boss insediati nei dintorni di Kingston si sono trasformati in una via di mezzo fra un Robin Hood e un signore della droga urbano, controllando il territorio nel patchwork delle zone deprivate della città.
Sono stati i politici a permettere che ciò avvenisse. Subito dopo l’indipendenza, il partito Labour giamaicano e il partito nazionale del Popolo hanno fondato la loro influenza sui distretti elettorali alimentando gang di fuorilegge del partito. Una volta al potere, i politici avrebbero restituito il favore con contratti governativi e garantendo impunità alla loro manovalanza paramilitare. Ancora una volta, è stato Edward Seaga a indicare la via, stabilendo i “Giardini di Tivoli” come la “madre” delle comunità militarizzate. Intanto la guerra alla droga globale degli Usa aveva fatto rialzare il prezzo della cocaina e della marijuana, offrendo opportunità ai disperati di tutto il mondo. Le gang armate di strada affiliate al partito si trasformarono in organizzazioni di trafficanti, con ramificazioni nelle coste degli Stati Uniti, nel Regno Unito e naturalmente in Sud America.
La classe politica giamaicana in pubblico si torce le mani come paladina della crociata antidroga, ma molti hanno relazioni strette coi “signori” che controllano i loro collegi elettorali. Forse la stessa ascesa di Golding è in funzione del denaro guadagnato col traffico di droga.
In ogni caso, con più di 73 vite perdute e ampie parti di Kingston in fiamme, la carriera di Dudus è finita, così come quella di Bruce Golding. Il riflesso positivo della vicenda è che forse il governo spingerà per porre fine al ruolo dei “signori” e riprendere ai gangster il controllo cittadino.
La prima sfida comunque è di governare le forze dell’ordine giamaicane, dette “la polizia più letale del mondo” per il record nelle uccisioni extragiudiziarie. La polizia non è mai stata popolare fra la popolazione giamaicana e di certo non l’ha aiutata il coinvolgimento nella guerra alla droga americana. Questa ha seriamente minato la legittimità del governo, poiché l’uso di ganja è profondamente radicato in tutto il paese.
Ma è importante ripercorrere ciò che innescato l’esplosione – una domanda di estradizione degli Usa in nome dell’autodifesa visto che il traffico di cocaina è un cosiddetto “problema di sicurezza”nazionale. Nel frattempo più di 73 giamaicani sono morti, uccisi da pistole e fucili made in Usa. Mai un solo trafficante o costruttore di armi letali è però stato messo sotto accusa, poiché le autorità americane non riconoscono come ragione di preoccupazione la produzione e la vendita di pistole.
Così il giamaicano Dudus Coke è un criminale perché rifornisce i consumatori americani consenzienti di una polvere bianca che innalza temporaneamente la fiducia in sé. Ma i signori americani Smith e Wesson, le cui pistole hanno provocato direttamente la morte di dozzine di giovani giamaicani, innocenti spettatori di una resa dei conti fra poliziotti e gangster, sono uomini d’affari rispettosi della legge. Una bizzarra torsione della giustizia naturale.
Giamaica, ultima vittima della war on drugs americana
Articolo di Redazione
L’articolo di Axel Klein, Università del Kent, già esperto per il governo giamaicano della politica delle droghe per la rubrica del Manifesto del 16 giugno 2010. La versione originale dell’articolo nella versione inglese di fuoriluogo.it.