Il “Centro per le ricerche sulla droga” (CEDRO) dell’università di Amsterdam (che vanta pubblicazioni sulla Germania, la Francia e gli Stati Uniti) ha recentemente condotto una ricerca sulla politica svedese sulla droga che rientra nella serie degli “studi per le nazioni”. Il libro The Swedish Drug Control System – An in-depth rewiew and analisys, scritto dal ricercatore del CEDRO Tim Boekhout van Solinge, fornisce un’analisi storica completa del problema della droga e della politica svedese al riguardo.
IL MODELLO SVEDESE
È dal 1995, anno in cui la Svezia è entrata a far parte della UE, che questo Paese rivendica ad alta voce sulla scena europea il successo del proprio approccio al problema della droga. Infatti, spesso, nelle discussioni internazionali sulla politica della droga, ci si riferisce al modello svedese citandolo come un approccio restrittivo che ha prodotto buoni risultati. Vediamo se è vero.
La politica ufficiale della Svezia sulla droga si fonda su tre punti chiave: prevenzione, cura e misure repressive. Da quando, nel 1977, il Parlamento svedese ha dichiarato che l’obiettivo è una società senza droga, le scelte politiche in materia sono diventate, via via, sempre più repressive. A tale scopo è stato concesso alla polizia sempre più potere; per esempio, dal 1993 un agente può sottoporre chiunque e in qualsiasi momento all’analisi del sangue e dell’urina, se sospetta che la persona si trovi sotto l’effetto di sostanze. Le massicce campagne di informazione sulla droga sono solo in parte, quand’anche lo sono, basate su dati scientifici. L’obiettivo principale di tali campagne è la dissuasione. Perciò, in Svezia, le campagne informative arrivano a sostenere che l’uso della cannabis aumenta la casistica dei suicidi e delle morti violente.
Lo studio del CEDRO esplora anche il modo in cui in Svezia viene curata la tossicodipendenza e rileva che non tutte le pretese sulla sua efficacia possono essere dimostrate. Viene descritto in dettaglio come tale politica venga messa in pratica. A tale scopo, buona parte della ricerca è stata svolta “dietro le quinte”, sotto forma di visite ad aree svantaggiate e ai luoghi di consumo della droga, e di interviste a tossicodipendenti e spacciatori. Oltre a consultare la letteratura specialistica, sono state intervistate decine di persone interessate, quali personalità politiche, medici, assistenti sociali, agenti di polizia e magistrati, scienziati e rappresentanti di movimenti sociali attivi nel settore.
Oltre a dare una descrizione della storia, dell’economia, della politica e della cultura svedese, il libro tratta ampiamente vari problemi, quali la politica sull’alcool e i diversi agenti che hanno influenzato l’elaborazione dell’attuale politica. Vengono, inoltre, presi in considerazione altri aspetti importanti, quali il ruolo dello Stato e, più in generale, gli atteggiamenti e le politiche nei confronti della devianza. Per comprendere la politica svedese sulle droghe è dunque necessario tenere presente un’ampia gamma di fattori.
L’APPROCCIO NORDEUROPEO SULL’ALCOOL
Prima di tutto viene esaminato l’atteggiamento nei confronti dell’alcool, la sostanza intossicante tradizionale, descrivendone il consumo abituale, la funzione e la politica relativa. Diversamente da quanto si pensa fuori dalla Svezia, il consumo non è particolarmente elevato se lo si confronta con quello della maggior parte dei Paesi occidentali. La differenza sta nel fatto che, tradizionalmente, il consumo di alcool in Svezia si attiene a un modello tipicamente nordico, in cui il bere è finalizzato all’intossicazione. In pratica, bere significa per lo più ubriacarsi benché, negli ultimi anni si assista a un cambiamento. Soprattutto tra i giovani, si sta diffondendo il modo di bere degli “europei”. Questo significa che le bevande a base alcolica non sono più assunte direttamente come sostanze intossicanti, ma vengono consumate insieme ai pasti, per piacere e degustazione.
Bisogna anche rendersi conto che la Svezia è un Paese di cultura puritana in cui nel XIX secolo presero piede i movimenti anti-alcool. L’obiettivo che si proponevano era una sua proibizione totale. Sotto l’influenza di questi movimenti, tradizionalmente, la politica svedese sul consumo di alcool è stata essenzialmente restrittiva e si basa su un modello scientifico, quello del “consumo totale”, il cui obiettivo è la limitazione del consumo complessivo di bevande alcoliche (agendo principalmente sulla disponibilità e sul prezzo) allo scopo di ridurre i danni provocati dall’alcool. L’adesione all’Unione Europea ha, però, di necessità, comportato l’abbandono di taluni aspetti di tale politica.
GRUPPI DI PRESSIONE FINANZIATI DALLO STATO
Le scelte restrittive sull’alcool producono, come inevitabile conseguenza, una logica altrettanto restrittiva nei confronti delle altre droghe. Questo non è però sufficiente a comprendere la politica assunta verso le sostanze illecite. Al riguardo, un elemento determinante è legato al ruolo svolto da alcuni gruppi radicali di pressione “antidroga”, finanziati dallo Stato. Altro importante fattore da tenere presente è la funzione che la lotta alla droga esercita nella società svedese.
I sondaggi rivelano che in Svezia c’è una fortissima obiezione morale contro la droga. La droga viene considerata uno dei problemi che minano alle fondamenta la società, ben più di altri, quali, ad esempio, la disoccupazione. A parziale spiegazione, va detto che, storicamente, gli svedesi non hanno alcuna dimestichezza con sostanze intossicanti diverse dall’alcool; le altre droghe sono sempre state qualcosa di “estraneo”, con cui lo stato sociale non è mai riuscito a fare i conti. Tuttavia, poiché un problema sociale diventa tale solo quando viene definito in questi termini, la spiegazione va cercata più in profondità.
UN CAPRO ESPIATORIO IDEALE
Svariati autori scandinavi hanno dimostrato come la questione della droga sia, essenzialmente, il capro espiatorio ideale su cui calamitare la colpa e le ansie in realtà dovute ad altri problemi sociali. Negli anni ’80 e ’90 la lotta alla droga è stata così accanitamente repressiva perché, in tempi di crescente insicurezza e di declino dello stato sociale, ha rappresentato simbolicamente la protezione della Svezia e di quanto è “tipicamente svedese”. Questo spiega perché il “pericolo” droga sia spesso presentato come qualcosa di estraneo alla Svezia e importato dall’estero.
I giornali scandinavi tendono sempre a sottolineare la provenienza “straniera” sia della droga sia degli spacciatori. Questo aiuta a capire perché questo Paese, da quando è entrato a far parte dell’Unione Europea, difenda a spada tratta e tenti di “esportare” la propria politica repressiva sulle droghe, respingendo con forza le tendenze liberali presenti nel continente, considerate pericolose.
ALCUNE CIFRE
La Svezia ha una storia relativamente lunga di consumo di sostanze stimolanti del sistema nervoso centrale. Introdotta alla fine degli anni ’30, l’anfetamina poteva essere legalmente acquistata come farmaco da banco. Veniva usata sotto forma di pillole per dimagrire o come sostanza adatta a potenziare le capacità mentali e fisiche. La maggioranza dei consumatori era costituita da persone “normali”, che facevano occasionalmente un uso funzionale di sostanze stimolanti e non accusavano alcun problema. Si ritiene che negli anni ’40 vi fossero circa 200.000 consumatori, vale a dire il 3% della popolazione. Solo un gruppo ristretto, stimato in circa 200 consumatori, ne assumeva dosi massicce. A causa di tale abuso, la prescrizione delle anfetamine venne regolamentata. Tuttavia le modalità delle prescrizioni continuavano a essere piuttosto liberali e di fatto era possibile procurarsi anfetamine con relativa facilità.
Il “tipico” tossicodipendente svedese assume l’anfetamina per via endovenosa. Il consumo di tale sostanza è per lo più episodico, il che significa che la sostanza viene assunta per giorni e notti consecutive, a cui fa seguito un periodo di riposo, in cui viene talvolta usata l’eroina come “tranquillante”. Dopodiché, il ciclo ricomincia. Negli ultimi anni i consumatori di anfetamine sono passati all’eroina, sostanza il cui consumo era in passato relativamente raro. In tempi recenti, l’accesso all’eroina scura, più economica, proveniente dal sud-ovest asiatico è diventato più facile.
Poiché l’obiettivo dichiarato del governo svedese è una società senza droga, si fa di solito riferimento a cifre sul grado di diffusione, secondo cui il consumo di droghe di laboratorio sarebbe diminuito da quando, intorno agli anni ’80, è stata introdotta una politica restrittiva. In effetti, i dati disponibili indicano una diminuzione tendenziale durante gli anni ’70 e ’80. Tuttavia, la diminuzione più sensibile non ha avuto luogo durante gli anni ’80, quando è stato introdotto il concetto di “società senza droga”, bensì nel decennio precedente, quando la politica era meno restrittiva.
IL CONSUMO AUMENTA
Se paragonato a molti altri Paesi occidentali, il consumo di droga in Svezia non è particolarmente elevato (nel 1996, l’8% degli studenti quindici-sedicenni ammette di aver fatto uso di sostanze stupefacenti). Secondo lo studio del CEDRO, ciò non deriva dall’applicazione della politica repressiva, ma da altri fattori culturali e sociali, quali il carattere omogeneo della società e l’assenza di una forte cultura urbana. Anche in Svezia, come in altri Paesi, si assiste comunque a una fluttuazione nel consumo di droga. La politica repressiva non è stata in grado di impedire, là come altrove, l’aumento del consumo di sostanze stupefacenti negli anni ’90. In Svezia l’aumento non riguarda solo il consumo di cannabis e di droghe sintetiche, ma anche di eroina. Secondo alcune stime ufficiali, questo è passato dai 12.000 consumatori del 1979 ai 17.000 del 1992. Benché non siano disponibili dati certi sul numero dei tossicodipendenti dal 1992 in poi, numerosi indicatori segnalano un ulteriore aumento.
Sia il lavoro sul campo nelle aree suburbane, sia le interviste rilasciate da agenti di polizia e, soprattutto, da assistenti sociali, indicano un aumento del numero di giovani che fumano eroina, in particolar modo nei quartieri poveri. Il fatto che i giovani cresciuti in ambienti socialmente problematici siano più soggetti all’abuso di sostanze stupefacenti è un elemento che, a quanto pare, in Svezia non viene preso gran che in considerazione, quando si discute della politica sulla droga.
Viceversa, la ricerca di Tim Boekhout van Solinge insiste sul punto: un’analisi seria sull’aumento del consumo e sulla stessa politica svedese nei riguardi della droga, sempre più severa e dettata dalla paura, deve riferirsi al contesto di crisi economica e di declino del welfare. Un contesto in cui la “lotta alla droga” assolve alla funzione di rassicurazione simbolica rispetto ai tanti “pericoli” che minacciano la società svedese. Ciò spiega anche perché in Svezia si sia creato un clima in cui ci si aggrappa in modo dogmatico alle politiche esistenti e risulta impossibile condurre un dibattito razionale sui pro e i contro delle diverse opzioni. Pur tuttavia, anche in quel Paese, iniziano a esserci alcuni timidi segnali di una minore influenza dei gruppi fondamentalisti che dominano la politica sulle droghe.
Il libro The Swedish Drug Control System – An in-depth rewiew and analysis (pagg. 220, 45 fiorini olandesi) è disponibile in tutte le librerie olandesi e fiamminghe. Può essere ordinato alla casa editrice Mets di Amsterdam e anche tramite Internet al sito: http://www.frw.uva.nl/cedro/order/