La Russia ha rimesso un piede in Afghanistan. Il capo del Servizio federale di controllo sulle droghe di Mosca, Viktor Ivanov, ha annunciato oggi che agenti russi, in un’inedita e spettacolare operazione congiunta con gli statunitensi, hanno distrutto quattro laboratori per la produzione di eroina nel turbolento paese centro-asiatico.
Mandando in fumo una tonnellata di droga, pari a 200 milioni di dosi e a un danno per i narcotrafficanti di un miliardo di dollari.
La notizia va oltre il semplice ambito della lotta al narcotraffico. Mosca ha più volte garantito che non intende unirsi ai contingenti internazionali a guida Nato che combattono nel conflitto afgano, avendo anche l’esperienza di una sanguinosa occupazione e d’un umiliante ritiro nel 1989, che ebbero un ruolo non secondario nella caduta dell’Unione sovietica. Tuttavia la lotta all’eroina, che per Mosca è un obiettivo strategico, è anche una leva per tornare a contare in uno scenario per l’influenza e l’egemonia in Asia centrale, una regione ricca di risorse energetiche e importante, perché ponte di collegamento tra l’Europa e la Cina.
L’eroina è sicuramente per la Russia un flagello. Ivanov recentemente ha denunciato che “circa il 2 per cento della popolazione in età da lavoro, tra i 15 e i 64 anni, è tossicodipendente”. Si tratta di un milione e mezzo di persone.
Ogni anni è una strage. “Il problema non risolto dell’Afghanistan ci costa enormi perdite. Il numero di 30-40mila morti è ampiamente sottostimato”, ha affermato il capo dei servizi anti-droga.
Il presidente afgano Hamid Karzai ha chiesto spiegazioni al comando Nato in Afghanistan su un’operazione antidroga congiunta di Usa e Russia fatta senza il permesso del governo di Kabul. “Nessuna organizzazione o istituzione” si legge in una nota governativa afgana “ha il diritto di eseguire simili operazioni militari sul territorio del nostro Paese senza un permesso e un accordo con il governo islamico dell’Afghanistan.