Con questo numero Fuoriluogo sospende le pubblicazioni, almeno nella formula attuale, di inserto mensile di otto pagine de il manifesto. Difficoltà tecniche di stampa impediscono che il giornale continui ad uscire in questa veste. Ma poiché non è venuta meno la disponibilità del quotidiano che ci ospita, abbiamo altre possibilità (un inserto più snello di sole quattro pagine, un “salto di qualità” con un supplemento più corposo come numero di pagine e investimento di risorse). Tuttavia una sospensione si impone. Un vincolo oggettivo ci pone di fronte alla necessità soggettiva di fare un bilancio delle nostre motivazioni e del gradimento del nostro prodotto: un’esperienza di oltre tre anni è comunque un “fatto” su cui riflettere. Il numero 0 di Fuoriluogo usciva nel lontano Ottobre ’95, allora come inserto di Narcomafie. Nel frattempo il contesto politico è profondamente cambiato, ad iniziare dal quadro politico istituzionale. In questi anni si sono succeduti ben tre governi, di cui l’attuale segnato dalla divisione della sinistra. Il che non facilita la messa all’ordine del giorno dei temi a noi cari: i quali rischiano di essere ancora di più considerati come un “ingombro” e messi in sordina, oppure strumentalizzati per battaglie di schieramento. Unica bussola è l’autonomia, che peraltro abbiamo sempre difeso: valgano per tutte le campagne sulla legalizzazione della cannabis, e per una giustizia davvero garantista (per tutti, ad iniziare dai più deboli). Ma c’è di più. Assistiamo ad una perdita di senso della politica (intesa come passione collettiva per la cosa pubblica di tutti e di tutte), non riducibile alla vecchia opposizione fra istituzioni “cattive” e società civile “buona”. Un simbolo di ciò: quando una potenza mondiale bombarda un paese straniero, ignorando regole di diritto consolidate come la preventiva dichiarazione di guerra e delegittimando tutte le sedi di confronto politico, a noi cittadine e cittadini inermi è come se venissero meno le forme della politica, le “parole per dirlo”. Non vorremmo esser accusati di velleitarismo, né di essere affetti da sindrome di onnipotenza. Tuttavia, rileggendo quel numero 0, scopro che già allora volevamo con Fuoriluogo produrre comunicazione fra soggetti ed esperienze: un piccolo laboratorio di cultura politica che, attraverso i temi delle droghe e dei diritti, ponesse al centro il tema della libertà. Nella consapevolezza che una società che ha bisogno sempre più di appellarsi al valore simbolico della proibizione (per le droghe ma non solo), mettendo fuori-norma sociale un numero sempre maggiore di soggetti, inevitabilmente vede restringersi gli spazi di relazione sociale, di interazione con l’altro/l’altra: in una parola gli spazi di quella insostituibile dimensione che è la politica. Un bilancio non è facile. Si è messo in moto un movimento, anche grazie a Forum droghe e Fuoriluogo: alla Conferenza di Napoli è stata tematizzata, seppur non accolta, la legalizzazione della cannabis, ed è stata prodotta una mediazione con la proposta di depenalizzazione del consumo di tutte le droghe e di un maggior impegno sulla riduzione del danno. All’assemblea generale dell’ONU la stantia riproposizione della “guerra alla droga” ha trovato una prima seppur limitata opposizione in una pattuglia di paesi europei. Ma l’impegno di Napoli è rimasto sulla carta per responsabilità precisa del governo: un atto di resa di una classe politica, che ha penosamente balbettato anche nel difendere la minima misura deflattiva del carcere, che era stata capace di approvare in Parlamento. Ma dovrebbe riflettere anche parte di quel “sociale” che opera nel Welfare: rischia di difendere meccanismi di puro assistenzialismo e controllo sociale, se non riconosce la soggettività e i diritti, dei tossicodipendenti, degli immigrati, dei malati di AIDS. Sul progetto iniziale Fuoriluogo è cresciuto: lo dimostrano non solo l’ampliamento tematico nell’ottica dei diritti sociali e civili, ma soprattutto la crescita, ben oltre l’area di riferimento iniziale, delle collaborazioni (dai centri sociali, al mondo degli operatori, alle esperienze e forze di movimento in Europa e oltre).Ne è una riprova la recente edizione on line, realizzata grazie al contributo della CGIL, che comunque continueremo Forse per questo varrebbe la pena di “alzare il tiro”. Per il momento non mi resta che ringraziare Narcomafie e Luigi Ciotti, e poi il manifesto che ci hanno dato credito, nonché tutte le associazioni che hanno collaborato all’impresa. Un grazie anche alla redazione (tutta volontaria), e particolarmente a Sergio Segio, per il tempo e le energie generosamente profuse. Adesso la parola è a voi, cari lettori, care lettrici. Nel frattempo mi sento di dirvi arrivederci.
Tre anni vissuti appassionatamente
Articolo di Redazione
“Fuoriluogo” si ripensa. Non è un addio ma un arrivederci