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I mass media, alla fine degli anni ’80, avevano definita l’MDMA”killer drug ecstasy”, lanciando una campagna allarmistica che ruotava tutta sul rischio di overdose fatale . Insomma, una nuova peste del duemila. Ma la realtà non ha dato ragione al sensazionalismo. Su questo e su altro ha voluto dire la sua l’Osservatorio Europeo sulle droghe (EMCDDA), con il rapporto New trends in synthetic drugs in the European Union redatto nel ’97. Innanzitutto, il problema dell’ecstasy non è la crisi acuta, l’overdose. In tutta l’Unione europea le morti per ecstasy oscillano intorno a 200 in dieci anni, con beneficio d’inventario, perché questa cifra appare più una stima che un dato certo. Il rischio relativo (numero delle morti diviso per il numero di dosi assunte) è assai contenuto: nel Regno Unito, dall’87 al ’96, si sono verificate 42 morti per un totale di dosi assunte stimato in 143 milioni. Il rischio è dunque di uno su 3,4 milioni (uno su 82.000 è quello dei paracadutisti sportivi!). Come a dire che “il rischio di mortalità a causa del consumo di ecstasy è inferiore a quello relativo a molte delle attività praticate dai giovani”. Non solo, ma le morti sono per lo più causate da fattori di contesto o da mix di sostanze. Gli effetti fisici quali perdita di appetito, insonnia, aumento della pressione arteriosa, della temperatura corporea e del ritmo respiratorio, sono a volte accompagnati da nausea, mal di testa e vomito e, più raramente, danni al fegato. Tuttavia, ” dal punto di vista statistico, gravi effetti fisici sono piuttosto rari” e, spesso, questi ultimi sono dovuti all’uso improprio di altre sostanze per sostenere ilcome down da ecstasy. Sul piano psicologico, l’EMCDDA segnala esperienze di confusione, disorientamento, depressione, paranoia e ansietà, raramente però preoccupanti. Quanto ai discussi casi di psicosi indotta dall’ecstasy, il rapporto pone molti dubbi. Si sottolinea la mancanza di studi attendibili, le osservazioni sono per lo più retrospettive, e si suggerisce che il consumo di droga sia più un sintomo di disagi psichici che una causa. Il vero nodo sta nella neurotossicità dell’ecstasy, nei danni cioè che può comportare nel medio e lungo periodo. Di questo, ben poco si sa. Esperimenti di laboratorio hanno testimoniato che alti dosaggi di MDMA iniettati in animali hanno comportato ” una diminuzione nella produzione di serotonina e, in misura minore, di dopamina, e il danneggiamento dei terminali nervosi che rilasciano la serotonina”. Tuttavia, “il problema della neurotossicità negli esseri umani è irrisolto. Non è chiaro di che danno si tratti, né a quali dosaggi si produce, e in quali periodi di tempo”. Intanto, mentre si aspetta che la ricerca produca qualche certezza in più, si punta sulla riduzione della domanda e sulla riduzione del danno. Più su quest’ultima, verrebbe da dire, a giudicare dall’attenzione che il rapporto dedica alle numerose campagne di informazione mirate ai consumatori attivi in tutta Europa . E a giudicare, anche, dalla annotazione sul dibattito, del tutto aperto, attorno ad una chiara definizione di “riduzione della domanda”, un concetto, affermano i ricercatori, ” con contorni spesso indefiniti e contestati”. Così, il panorama delle attività e dei progetti europei ci parla soprattutto di informazione pragmatica per un uso consapevole attraverso poche, chiare “regole d’oro”. Con uno slogan efficace, che dall’enfasi delle più radicali strategie di riduzione della domanda (il reaganiano “Just say no!”), suggerisce, più sommessamente, un praticabile “Just say know”. Conosci, informati, diventa consapevole.