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«Modelli e stili di vita liberi dall’uso di qualunque droga, ponendo il valore del rispetto di se stessi e degli altri al centro del progetto educativo»: anche la Relazione annuale al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze in Italia nel 2003 ricalca, nelle parole del ministro Maroni, lo slogan governativo del disegno di legge Fini. Un intero capitolo della corposa relazione è del resto dedicato – come prevedibile – al nuovo assetto ideologico, amministrativo e normativo: il tono è quello di una decisa e pervasiva patologizzazione del consumo, difficile rintracciare nelle 610 pagine del Rapporto qualcosa che assomigli a una riflessione, non parliamo di una politica, sui consumi di massa, nonostante poi i dati disegnino un’Italia in cui sperimentatori e consumatori moderati sono in gran numero. L’enfasi governativa è centrata innanzitutto sulla percezione sociale del consumo, che programmaticamente va fatta virare verso la droga come “male” indistinto, portando acqua (e milioni di euro) al mulino delle campagne pubblicitarie, e insieme esaltando l’educazione tra pari (cui è dedicato un intero allegato), cosa che pone non poche domande, dato che questa metodologia non è (non dovrebbe essere) un uso strumentale delle relazioni tra i giovani per scopi degli adulti (di governo), ma piuttosto una capacità adulta di fare i conti con le culture, le percezioni e le scelte dei giovani… Ma, andando oltre, altri capisaldi sono: una maggiore capacità dei servizi di «orientare al trattamento», rigorosamente drug free, e alla disintossicazione «anche con modalità rapide» (speriamo non si tratti di urod…), e l’idea di una dipendenza «sempre più vicina ai problemi di salute mentale», che suggerisce un forte avvicinamento alla psichiatria e una nuova enfasi sulla doppia diagnosi. Fuori dal campo della patologia non esiste nulla, sembra che il fenomeno così complesso del consumo sia “a una sola dimensione”. E così dalla parte politica della relazione emerge la figura del “consumatore unico” che la parte di indagine, invece, sembra smentire ad ogni riga. Non solo, ma proprio attorno a questo inesistente consumatore indistinto il disegno di legge trova la sua (auto)conferma. Qui il testo è assai esplicito: «le soglie non sono pertanto correlate con le dosi (minime, medie, massime, letali) né con il periodo di assunzione (giorno, mese, anno). Esse rappresentano, invece, il quantitativo massimo di principio attivo che il soggetto può detenere senza incorrere nei rigori della sanzione penale». Insomma, del consumatore reale non ce ne importa nulla. Il consumatore reale, invece, ha davvero tanti volti. Oltre ai consueti dati tratti dall’attività di servizi e ministeri, la Relazione presenta due studi di prevalenza: uno il noto Espad (European school project on alcohol and drugs), analisi europea sui consumi dei giovani tra i 15 e i 19 anni; l’altro, condotto dal Cnr – Istituto di fisiologia clinica, Ipsad (Italian population survey on alcohol and drugs). Quest’ultimo – condotto su 11.869 questionari ritornati dei 37.000 proposti – ha interessato persone tra i 15 e i 54 anni, e ha analizzato le percentuali di consumatori occasionali (almeno una volta nella vita), nell’ultimo anno e negli ultimi 30 giorni. Chi ha provato almeno una volta la marijuana è il 22%, un dato in crescita soprattutto tra gli adulti (+7%), il 4,6% la cocaina, con un aumento tra il 2 e il 4% sul 2002, mentre il consumo di oppiacei cresce ma in minor misura, e – dato interessante – soprattutto nella fascia degli adulti, tra i 35 e i 44 anni. Queste percentuali decrescono in modo molto significativo quando si analizzano gli altri due livelli temporali: nell’ultimo anno ha consumato rispettivamente il 50% dei giovani e il 25% degli adulti che aveva precedentemente sperimentato marijuana, e negli ultimi 30 giorni, ha usato canapa il 75% di chi ha dichiarato l’uso nell’ultimo anno e il 50% di chi ha usato cocaina. Insomma: si consuma più canapa e più cocaina rispetto al 2002, ma il consumo in una percentuale notevole di casi è sporadico o viene abbandonato molto rapidamente. Inoltre, l’aumento percentuale maggiore è registrato tra gli adulti. Per trarre qualche conclusione: la nuova legge rischia di intasare prefetture e servizi (quando non le galere) di persone adulte che usano a scopo sperimentale o ricreativo. L’indagine sui giovani (28.000 questionari in ambito scolastico), anch’essa condotta sui tre livelli temporali, mostra un lieve aumento della prevalenza: nel 2003 usa canapa una volta nella vita il 57% dei 19enni (il 15% dei 15enni), nell’ultimo anno il 46% (il 10% dei 15enni) e nell’ultimo mese il 33% (il 9% dei 15enni). I valori relativi alla coca per i 19enni sono rispettivamente per i tre periodi: il 17% (era il 12% nel 2001), l’11,5% e il 7%. In ogni caso, anche qui si evince un meccanismo molto diffuso di abbandono spontaneo del consumo: anche più drammatica sarebbe, in questo scenario, la sciagurata ipotesi di imporre trattamenti e stigma a che incontra le droghe come fatto occasionale nella propria vita. Per quanto concerne i trattamenti, diminuiscono gli utenti dipendenti da eroina (sono il 76% degli utenti, erano l’86% nel 1998), crescono quelli da cocaina (sono oggi l’8,9%) e chi ha problemi per la canapa (10%). Le terapie per la dipendenza da oppiacei sono stabili, con l’81% di trattamenti metadonici (cresce la terapia a lungo termine, rappresenta il 60%) e solo 139 Sert su 522 somministrano buprenorfina. Mentre le morti per overdose – 429 nel 2003 – diminuiscono (anche se la Relazione riporta i solo dati del ministero degli Interni) e l’Hiv riguarda il 16% degli utenti (ma solo il 4,7% di quelli nuovi), le epatiti sono ancora emergenza: la B, sebbene in leggera flessione, tocca ancora il 47% degli utenti testati, la C ben il 62%. I dati del 2003 rilanciano, inoltre, un “allarme donne”: la flessione positiva nel contagio da Hiv e da epatiti non riguarda loro, che percentualmente oggi si infettano di più. Le prefetture, intanto, continuano a lavorare “per” i ragazzini e per la canapa: l’82% dei 21.630 casi del 2003 riguarda questa sostanza, il 20% dei segnalati ha tra i 18 e i 19 anni, l’8% tra i 15 e i 17, il 35% tra i 20 e i 24. Anche le forze dell’ordine sembrano all’opera soprattutto per questo: il 61% delle operazioni di polizia riguarda marijuana e derivati (il 5% piante), a fronte del 20% dedicato alla cocaina, al 15% agli oppiacei, il 2% all’Mdma e simili. Infine, i fondi disponibili per le Regioni: stante che tra le novità del 2003 c’è anche l’assenza di vincoli di destinazione delle risorse per le politiche sociali, è ben difficile stabilire se e come è variata la spesa per le dipendenze. Solo poche Regioni hanno potuto segnalare questo dato. L’Emilia Romagna passa dai 6,4 milioni di euro del 2002 ai 4 milioni di oggi, la Liguria da 2,8 a 1,9; la Toscana da 6,2 a 2,8. Una situazione che non promette nulla di buono.