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La commissione nazionale per i diritti dell’uomo, istituita lo scorso mese dal governo del Paese, ha richiesto poche ore prima, attraverso un quotidiano ufficiale, la liberazione dei “prigionieri di coscienza”, per rispondere alle richieste in questo senso da parte della comunità internazionale.

I prigionieri che non rappresentano “una minaccia alla stabilità dello Stato e della pubblica tranquillità” dovrebbero essere rilasciati, ha scritto il presidente della commissione nazionale del Myanmar per i diritti umani, Win Mra, nella lettera aperta. “Per questo motivo – ha aggiunto – la commissione sollecita il presidente a concedere l’amnistia a quei prigionieri, e a farli uscire di prigione”.

Appelli a favore dell’amnistia erano giunti anche dalla leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi e dalla comunità internazionale. Stati Uniti e Unione europea avevano posto il rilascio dei circa 2.100 prigionieri politici quale condizione per togliere le sanzioni imposte alla fine degli anni novanta all’ex Birmania per i suoi abusi nel campo dei diritti umani.