Amsterdam – La Cannabis Cup, una manifestazione unica (o quasi) nel suo genere giunta ormai alla 24esima edizione, si è svolta ad Amsterdam la scorsa settimana, nonostante il vento di tempesta che spira ormai da tempo sul discusso esperimento olandese di tolleranza della cannabis. Gli organizzatori, che hanno accolto oltre 5000 visitatori giunti da ogni angolo del globo, hanno tenuto a battesimo una nuova location, nei pressi della Bijlmer Arena – estrema periferia sud della città – per lo spazio fiera e confermato il locale ‘Melkweg’ per le serate e la premiazione per la miglior ‘strain’ dell’anno. Tutto come da copione allora? Non proprio. Quest’anno è andato in scena anche un fuori programma che i proibizionisti oltranzisti di mezzo mondo avranno certamente salutato con esultanza da stadio: durante la terza giornata di fiera, 200 agenti della polizia di Amsterdam hanno fatto irruzione obbligando i visitatori ad allontanarsi, previa perquisizione e confisca di marijuana ed hascisc per chi ne fosse stato in possesso, mentre agli espositori è toccato attendere diverse ore affinchè la polizia – e gli ispettori dell’ufficio delle tasse al seguito – terminassero di accertare il quantitativo di cannabis e le ricevute emesse per i pagamenti di semi ed accessori. Motivo? Appellandosi alla parte dell’Opium Act (la legge olandese sugli stupefacenti) che consente alla polizia di agire in deroga al regime di tolleranza in vigore dagli anni ’70, ossia nel caso di sospetto di attività “non autorizzata” di vendita o di possesso (in teoria la cannabis dovrebbe essere consumata solo presso il coffeeshop o un’abitazione privata) gli agenti hanno sequestrato un chilo di cannabis, arrestando un espositore per possesso di un quantitativo di marijuana di poco superiore al massimo consentito, mettendo di fatto fine alla festa. Fonti della polizia hanno fatto sapere che agenti in borghese avevano notato nei giorni precedenti la cessione di “campioni” di hascisc e marijuana e l’offerta di ‘assaggi’ presso alcuni stand. Fatto reale, per carità, ma dato lo ‘scarso bottino’ del raid (a fronte di centinaia di persone perquisite, è stato sequestrato un quantitativo irrisorio, considerando la natura della fiera…) ed il rilascio senza denuncia dell’unico espositore fermato, in tanti si sono quindi interrogati sui veri motivi di questa azione ed in particolare sulla sospetta scelta di tempo: la prima Cannabis Cup si tenne nel 1987 e da allora questa ventiquattresima edizione è stata la prima a ricevere le attenzioni della polizia.
Colpa del clima politico, dicono in tanti. Ad appena un anno dal suo insediamento, la coalizione di centro-destra in carica, ha trovato il tempo, nonostante la crisi, di occuparsi già 3 volte dell’esperimento di tolleranza. Una vera e propria persecuzione: la prima, alla fine dello scorso anno, rilanciando con la norma che prevede la chiusura dei coffeeshop a meno di 150 metri dalle scuole superiori (norma in vigore da sempre ma in realtà fino ad oggi disapplicata) innalzando questa distanza a 350 metri, quindi la scorsa primavera presentando la proposta di trasformazione dei coffeeshop in club privati accessibili solo ai residenti ed infine, solo poche settimane fa, con l’ultima “novità” del divieto di vendita di cannabis con oltre il 15% di THC. L’Olanda, una volta terra di tolleranza e pragmatismo, sta vivendo da alcuni anni una crisi d’ identità e la rinomata attitudine liberale sta facendo posto ad un conformismo cinico e populista che rischia di polverizzare decenni di scelte coraggiose, spesso adottate in maniera solitaria contro la disapprovazione – ed in alcuni casi l’aperta ostilità – della comunità internazionale. Ma quella che la stampa nazionale ha già definito la “war on soft-drugs” del governo Rutte, è in larga parte il tentativo di nascondere la precarietà del quadro politico olandese uscito dalle elezioni dello scorso anno; alla vittoria personale del leader razzista Geert Wilders non ha fatto seguito, infatti, un ‘effetto traino’ per gli altri partiti conservatori, con il risultato di consegnare ai Paesi Bassi un parlamento sostanzialmente bloccato ed un governo frutto dell’unico compromesso possibile per scongiurare il ricorso ad elezioni anticipate. Un governo di centro-destra debolissimo, schiavo alla camera bassa di Wilders, che lo appoggia esternamente – la regina Beatrice aveva infatti posto il veto all’ingresso del leader xenofobo nella compagine governativa – ed alla camera alta addirittura in minoranza ed ostaggio di una micro-formazione cristiana ultra confessionale. Tra le imbarazzanti e grottesche uscite di Wilders, tra le quali la proposta di istituzione di un registro che schedi i cittadini del regno su base etnica e la messa al bando del Corano, e le attenzioni verso l’SGP, formazione confessionale, razzista, sessista ed omofoba già oggetto di un procedimento da parte della Corte Europea per i Diritti Umani, le “amicizie” scomode hanno pesantemente minato la credibilità del gabinettto Rutte.
In queste condizioni, quindi, è stata premura del governo concentrarsi su questioni che avessero potuto garantire ai partiti della coalizione di presentarsi ad un probabile imminente voto anticipato con qualcosa tra le mani: tagli alla spesa sociale (i fondi per la cultura sono stati dimezzati, con esultanza di Wilders e della sua guerra – una tra le tante… – agli “hobby di sinistra”), privatizzazione delle proprietà pubbliche, rilancio del nucleare, guerra a stranieri, immigrazione e richiedenti asilo, guerra agli squatters, e, dulcis in fundo, chiusura dei coffeeshop.
Quest’ultima circostanza è allo stato attuale improbabile, ma come esposto da Coskun Cörüz, deputato cristiano-democratico, Mercoledi scorso, durante un dibattito televisivo sulle droghe, con Tofik Dibi giovane parlamentare della sinistra rosso-verde del Groelinks – partito che caldeggia la legalizzazione della cannabis – “ si tratta di un primo passo. Appena il sistema dei pass e le altre norme restrittive entreranno a regime, nel giro di un paio d’anni, faremo la mossa successiva e finalmente ci sbarazzeremo di questa terribile esperienza che tanto discredito ha portato al nostro paese. La tolleranza zero è la sola vera opzione”. A dire il vero, in base ai sondaggi che danno il gradimento della coalizione in caduta libera, il tasso di disoccupazione, raddoppiato in un anno e le porte della recessione aperte, sembra più credibile che in caso di elezioni anticipate priorità degli olandesi sarà sbarazzarsi di questo governo.“Gli studi scientifici sulla pericolosità della cannabis sono estremamente ambigui, le regole dettate ai coffeeshop sono già rigidissime e poi, come si fa ad imporre una misura unica, nazionale, come i pass a realtà diversissime come Maastricht ed Amsterdam? – diceva Dibi durante il dibattito – Le città che non vogliono coffeeshop possono già ora farli chiudere. Nel nostro paese solo un comune su 4 ha scelto di autorizzarne la presenza. E poi.. allo stato attuale abbiamo il fenomeno sotto controllo, i consumi sono contenuti, i gestori pagano le tasse sulla merce venduta e tutto si svolge alla luce del sole. Perchè dovremmo distruggere un sistema che funziona?”.
Già, perchè una scelta considerata da molti ‘suicida’ come quella di escludere i turisti, che di fatto restituirebbe allo spaccio di strada un mercato strappatogli alcuni anni fa con una probabile catastrofica ricaduta sull’ordine pubblico e sull’economia della città? Attualmente 1 turista su 4, si reca nella capitale per la sua fama di città liberale e per la cultura della cannabis che ha visto proliferare negozi, bar e locali interamente dedicati ai suoi estimatori. Un’economia vera e propria, insomma, ben inserita nel tessuto cittadino e solido volano per industria alberghiera, ristorazione ed intrattenimento, senza contare i milioni di euro l’anno pagati dal business della cannabis in tasse (che contribuiscono in maniera determinante anche alle campagne anti-droga del governo).
Ristoratori ed albergatori di Amsterdam sono, ovviamente, sul piede di guerra, appoggiati dal sindaco laburista, Heberhard Van deer Laan, che di impiegare agenti di polizia in questa ‘battaglia fuori tempo contro la cannabis’ – come ha definito, il sindaco, i piani del governo – non vuole proprio saperne. Nel dettaglio, la norma sui pass è stata studiata, in maniera abbastanza esplicita, con l’intento di far collassare l’intero sistema su cui si è retto nei quasi quarant’anni di applicazione l’esperimento di tolleranza, scaricando le conseguenze sui ‘borgomastri’, i responsabili dell’ordine pubblico: la quantità di cannabis acquistabile quotidianamente scenderebbe a 3 grammi a persona, i coffeeshop non potrebbero avere più di 1500 soci ed ogni socio potrebbre servirsi solo presso il “suo” coffeeshop. Secondo uno studio commissionato dal comune di Amsterdam, il 75% dei consumatori della città non intende adeguarsi ad alcun piano di “schedatura” e se nel 2012 l’operazione dovesse alla fine andare in porto, preferirebbe acquistare dal mercato nero. Insomma: meglio clandestini che schedati. Discorso analogo per il “troppo THC”: se fosse stabilito un limite del 15%, secondo il Greenhouse, sparirebbero dai menù dei coffeeshop oltre la metà dei prodotti in commercio. Senza contare che non esistono protocolli riconosciuti per la misurazione della quantità di THC.
Se la “retata” presso la Cannabis Cup e l’aggressiva propaganda governativa non fanno presagire alcunchè di buono, nei Paesi Bassi la cultura radicata della cannabis e l’ampia accettazione sociale non sembrano affatto scalfiti dai ‘venti di guerra’. D’altronde la “canna”, da queste parti non è più una questione di “ingenuo libertarismo del passato”, come ha etichettato in maniera sprezzante l’esperimento di tolleranza Coskun Cörüz oppure una questione che investe esclusivamente minoranze etniche e culturali: si tratta piuttosto di un pezzo di storia, società ed economia dei Paesi Bassi, che la coalizione attualmente al potere, la più conservatrice dal dopoguerra, spera (questo si ingenuamente) di poter cancellare con un tratto di penna. (Massimiliano Sfregola)
Vai al filmato dell’annuncio della perquisizione alla Cannabis Cup (via youtube)