Il Forum della Società Civile Italiana sull’Hiv/Aids a partire da questo 1° dicembre ha dichiarato la propria intenzione di monitorare l’azione del Governo nella lotta contro l’Hiv/Aids attraverso ventiquattro indicatori stabiliti dalla Dichiarazione di Roma, un documento sottoscritto da oltre cento associazioni nel luglio scorso. L’iniziativa nasce dalla preoccupazione per la paralisi delle istituzioni in questo settore, per motivi incomprensibili. Gli indicatori per una lotta efficace all’Hiv riguardano soprattutto le politiche di prevenzione, il superamento dello stigma, il rispetto della privacy, l’accesso ai farmaci e alla diagnostica, le politiche antidroga e la ricerca scientifica, l’impegno internazionale nella lotta contro l’Aids. Purtroppo ad oggi il monitoraggio ha dato esito negativo in tutti i campi. Eppure anche quest’anno l’Istituto Superiore di Sanità nel presentare i dati nazionali su Hiv/Aids ha ricordato che oltre un terzo delle persone che si scoprono affette da Hiv riceve la diagnosi in fase avanzata di malattia, già con un rilevante danno al sistema immunitario; che dal 1996 ad oggi ben due terzi delle persone diagnosticate con Aids non ha effettuato alcuna terapia antiretrovirale prima di tale diagnosi; che la maggioranza delle nuove infezioni è attribuibile a contatti sessuali non protetti, che costituiscono l’80,7% di tutte le segnalazioni; che tuttavia ad oggi non esistono campagne incisive di promozione all’uso del profilattico.
Il Fondo Globale per la Lotta contro l’Aids, la Tubercolosi e la Malaria ha annunciato pochi giorni fa lo stop a nuovi progetti per i prossimi due anni a causa della diminuzione del sostegno finanziario e la garanzia dei soli servizi essenziali per quelli già in corso. Eppure, i risultati dell’estensione dell’accesso alle terapie sono positivi, come evidenzia l’ultimo rapporto Unaids – l‘agenzia Onu che promuove e coordina la politica internazionale per la lotta all’Aids – uscito proprio in questi giorni.
Quanto al nostro paese, l’Italia non ha ancora onorato quanto promesso più volte al Fondo Globale, al quale ha addirittura sospeso ogni contributo dal 2009, caso unico fra i paesi del mondo occidentale.
C’è dunque bisogno di azioni immediate. L’Unaids ha appena lanciato lo slogan “Getting to Zero”: un impegno rivolto ai governi del mondo e a tutti per arrivare a “zero nuove infezioni da Hiv, zero discriminazioni e zero morti dovute ad Aids”. L’obiettivo dovrebbe essere raggiunto entro il 2015. Chi come noi da trent’anni lotta contro l’Hiv, pensa che ciò non sia utopia: con le conoscenze attuali, con la scelta di alcune priorità, con un impegno politico ed economico adeguato, è possibile arrivare a zero.
Il nodo più delicato riguarda la prevenzione: i nuovi prodotti farmaceutici hanno di molto aumentato la sopravvivenza ma non esiste un farmaco capace di distruggere l’agente infettivo, dunque il virus è destinato a diffondersi se non si interviene con campagne preventive adeguate. Eppure questo semplice principio di sanità pubblica è stato ampiamente disatteso dai vari ministri della sanità che si sono succeduti nel tempo. Inoltre, investire nella prevenzione significherebbe un notevole risparmio per la spesa pubblica, visto che le cure, destinate a durare tutta la vita, sono assai costose. Diminuirebbero forse i profitti delle case farmaceutiche, ma di sicuro migliorerebbe la salute dei cittadini e delle cittadine.