La battaglia della Bolivia per eliminare dai trattati Onu di Vienna la proibizione della foglia di coca sta arrivando alla stretta finale. Nel 2011, il parlamento boliviano ha autorizzato il ritiro dalla Convenzione Unica sulle droghe: un atto “pesante”, sul piano dei rapporti internazionali, cui la Bolivia si è decisa dopo che il suo tentativo di abolire il divieto della masticazione tramite un emendamento alla Convenzione era stato bloccato dall’opposizione di un gruppo di “falchi”, sedicenti “amici delle Convenzioni”(v. S.Rissa, Manifesto, 29/6/11). Al momento la Bolivia è fuori dai Trattati internazionali, ma Morales vorrebbe firmarli di nuovo, con un’unica riserva: l’eliminazione del divieto di masticazione della foglia di coca all’interno del paese. Non si sa se anche questa richiesta sarà respinta. Per capire meglio l’intricata partita, occorre distinguere fra il problema specifico e gli aspetti giuridici e politici correlati.
Nel merito, Morales è inattaccabile, perché ha dalla sua le evidenze scientifiche: nel 1995, una commissione di esperti della Oms ha riconosciuto la sostanziale differenza fra la foglia e la cocaina, ribadendo le proprietà nutritive e medicinali della foglia di coca. La Bolivia si fa forza anche del diritto, sia nazionale che internazionale. Il consumo di foglia di coca è protetto dalla Costituzione boliviana in quanto usanza tradizionale indigena, mentre la stessa Onu, in una dichiarazione specifica sui diritti delle popolazioni autoctone del 2007, ha assicurato tutela internazionale alle pratiche culturali dei popoli originari. Su questa base, il Forum permanente per le questioni indigene (organismo consultivo del Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite) ha sancito la legittimità della masticazione della foglia di coca.
Sul piano legale, lo sforzo della Bolivia di riconciliare la legislazione nazionale e internazionale è un atto dovuto. Ma dovrebbe essere interesse della stessa Onu e degli stati membri ammodernare le Convenzioni sulle droghe, adeguandole ai nuovi pronunciamenti sui diritti umani e sulla tutela delle culture “altre” da quelle dominanti: per non creare un conflitto all’interno stesso della machinery Onu.
Se la proposta di emendare la Convenzione del 1961 è stata bloccata, più arduo sarebbe negare alla Bolivia il riaccesso “con riserva”, vista l’inflazione di “riserve” già avanzate da molti stati (senza che queste abbiano creato impedimento al loro accesso alle Convenzioni): 33 stati hanno firmato con “riserva” la Convenzione del 1961, 30 quella del 1971, 35 quella del 1988. Le riserve sono le più varie, ma è degna di nota quella avanzata dagli Usa al Trattato del 1988: “Riserva su qualsiasi eventuale legislazione o altra azione proibita dalla Costituzione degli Stati Uniti”.
Con ciò siamo al cuore della vicenda politica. Sia gli Usa che la Bolivia rivendicano il diritto a considerare la Costituzione come legge suprema, a presidio della democrazia e dell’autonomia nazionale. Se alla Bolivia non fosse concesso ciò che gli Stati Uniti d’America hanno a suo tempo ottenuto, sarebbe solo in forza di rapporti di potere e di volontà di controllo (politico) sui paesi “emergenti”. Gli “amici delle Convenzioni” dimostrerebbero di avere a cuore i propri interessi particolari, più del controllo sulle droghe o del diritto internazionale.
Articolo di Redazione
Grazia Zuffa torna sulla lotta boliviana contro la proibizione della foglia di coca per la rubrica di Fuoriluogo per il Manifesto del 22 febbraio 2012,