“Prevenire e curare la dipendenza da droga può significativamente ridurre la domanda di droghe illecite e aiutare a prevenire il danno correlato. Le strategie finalizzate alla riduzione della domanda rappresentano la risposta razionale alle malattie trasmesse per via ematica, come lo Hiv e l’epatite”. Queste affermazioni sono state fatte in apertura di una conferenza sul tema tenutasi in questo stesso mese a Kiev, sotto gli auspici dello Unodc, l’agenzia delle Nazioni Unite sulla droga e il crimine. Dietro il linguaggio tecnico burocratico, emerge il fuorviante messaggio: per combattere lo Hiv, non c’è bisogno di distribuire siringhe pulite, né di offrire ai consumatori di droghe programmi con metadone. La “risposta razionale” sarebbe invece l’estensione di trattamenti finalizzati all’astinenza. Invece di promuovere una strategia integrata, di terapie e di interventi di riduzione del danno (scambio siringhe e trattamenti sostitutivi, in particolare), si ritorna indietro di oltre venti anni: l’affrancamento dalla droga (attraverso la terapia) è presentato come “la soluzione” (unica) contro la minaccia del virus Hiv.
Venti anni fa, l’Europa imparò un’amara lezione: le politiche “dure” orientate alla punizione dei consumatori con un’offerta unica di trattamenti mirati all’astinenza non furono capaci né di prevenire né di bloccare l’epidemia di Aids. I paesi che hanno insistito su questa strada (Spagna, Francia, anche l’Italia fino al 1993) hanno registrato alti tassi di infezioni da Hiv. I paesi che più rapidamente si sono convertiti alla riduzione del danno, come la Gran Bretagna, l’Olanda e la Svizzera, hanno visto rapidamente diminuire l’incidenza dell’infezione. Da allora, la riduzione del danno è progredita senza soste: da programmi pionieristici, promossi negli anni ottanta dagli stessi consumatori come forma di auto tutela, fino a divenire strategia adottata a livello globale, di efficacia scientificamente provata: si vedano la strategia Unaids 2011-2015 (Getting to zero) e la “guida tecnica” per l’accesso universale alla prevenzione dello Hiv, a cura della Oms, dello Unaids e dello Unodc. Proprio così, dello Unodc: la stessa agenzia delle Nazioni Unite che alla conferenza di Kiev ha lanciato quel messaggio assolutamente divergente.
La contraddizione si spiega guardando alla storia: come dice il nome stesso dell’agenzia Onu, la mission tradizionale ha riguardato il controllo penale delle sostanze psicoattive, mentre l’aspetto della salute pubblica è stato in gran parte negletto. Solo di recente lo Unodc ha iniziato a lavorare più in sintonia con altri organismi internazionali (Unaids, Oms), per mandato orientati alla difesa della salute e dei diritti umani. Ma le vecchie politiche sono dure a morire e riprendono pericolosamente vigore laddove si ritrovano in perniciosa sintonia con le politiche locali. E’ il caso di molti paesi dell’Eurasia, dall’Ucraina appunto, alla Russia: paesi che si distinguono per violazione dei diritti umani dei consumatori di droghe, nonché, guarda caso, per alti tassi di infezioni Hiv, oltre il 42% trasmesse attraverso l’uso iniettivo.
Associamoci all’appello delle Ong di International Drug Policy Consortium: l’Onu deve dire chiaramente che il trattamento della dipendenza non può sostituire le specifiche misure di prevenzione dell’Hiv.