Il progetto pilota di autorizzare dispensari di hashish a Copenhagen ha avuto una battuta d’arresto dopo che il Ministero della Giustizia danese ha respinto la richiesta del Comune di sperimentare in città una regolamentazione legale dei derivati della cannabis.
Come ci racconta Tom Blickman dal blog del TNI Drugs&Democracy, in una lettera al Consiglio comunale, il ministro della Giustizia social-democratico, Morten Bødskov, ha scritto che il governo non permetterà l’esperimento in quanto ritiene che la regolamentazione di hashish e marijuana possa aumentare sia la disponibilità che l’uso, e che questo è stato imprudente dati gli effetti collaterali associati alla cannabis.
Questo significa che il progetto pilota del Comune per autorizzare l’apertura di 20/25 dispensari e disciplinare così il commercio legale di cannabis in città è ormai morto e sepolto? Non del tutto. Warming Mikkel, il responsabile in carica degli Affari Sociali e membro della Red-Green Alliance (Enhedslisten in danese), ha annunciato che avrebbe sottoposto la questione al parlamento nazionale. I rosso-verdi non fanno parte del governo di minoranza di centro-sinistra, ma assicurano il sostegno parlamentare. “Penso che sia davvero un peccato che il ministro della Giustizia non aiuti ad aprire nuovi orizzonti” ha detto Warming. “E ‘ovvio che l’attuale politica in materia di droghe non è efficace. L’hashish sta finanziando alcuni dei più grandi criminali cittadini ed è una delle cause principali della guerra tra bande nella città. Depenalizzando la marijuana, toglieremo il pane dalla bocca delle bande criminali”.
Anche, i social-democratici che siedono in Consiglio comunale non sono d’accordo con il loro ministr. Aslan Lars Rasmussen, Social-democratico e membro del Consiglio comunale di Copenaghen, ha criticato la decisione del governo, sostenendo che la criminalizzazione di hashish e marijuana è stata la causa principale del livello elevato di criminalità in città. La regolamentazioen della fornitura ai cannabis shop limiterebbe il conflitto fra bande, secondo Rasmussen: “noi speravamo che avrebbero preso sul serio la nostra proposta, visto che abbiamo il sostegno di 80 per cento del Consiglio Comunale. Copenhagen ha un problema serio, perché il conflitto fra bande è il risultato del commercio illegale di marijuana. Le bande in città fanno girare più soldi di 7-Eleven”.
Nella lettera al Comune, Bødskov, non ha affrontato il problema della violenza delle gang in relazione al mercato locale di hashish e marijuana. Invece, ha motivato il suo diniego dell’esenzione dalle norme statali per il progetto pilota di Copenaghen sulla base dei possibili effetti nocivi per la salute e sull’ipotesi – peraltro priva di fondamento – che l’uso di cannabis potrebbe aumentare una volta depenalizzata. Pur concordando che la cannabis può avere effetti nocivi, Warming non è d’accordo con l’argomentazione del ministero della Giustizia che regolamentandone il commercio significherebbe incoraggiare più persone a fumare marijuana: “non c’è nulla che suggerisca che la depenalizzazione porterebbe ad un aumento dei consumi. Al contrario, esperienza dall’Olanda punta effettivamente il contrario. ”
Il destino del progetto è quindi nelle mani del parlamento danese. Anche se il progetto è sostenuto dai social-democratici nella città di Copenaghen, il portavoce del social-democratici per le questioni della giustizia nel parlamento nazionale, Haekkerup Ole, ha espresso seri dubbi. Egli pensa che Copenaghen non abbia riflettuto a fondo sul progetto e ha osservato che mentre la Danimarca è riuscita a frenare il consumo di sigarette e alcol tra i giovani attraverso un approccio più restrittivo, sarebbe “fastidioso” andare nella direzione opposta con la cannabis, suggerendo che ciò porterebbe ad un aumento dei consumi.
Haekkerup convenientemente ignora il fatto che sotto l’attuale regime probizionista il numero stimato di consumatori abituali e “pesanti” di cannabis è aumentato da poco meno di 8.000 nel 2005 a 11.000 nel 2009, secondo il rapporto nazionale sulla Danimarca per l’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (OEDT). Inoltre, depenalizzare l’uso personale non ha portato a un sostanziale aumento dei consumi in paesi come il Portogallo e Paesi Bassi. Il consumo di cannabis nei Paesi Bassi è in media uguale o inferiore di quello nei vicini paesi europei e sostanzialmente inferiore a quello in Francia o nel Regno Unito, per esempio, che hanno politiche molto più restrittive.
Il governo non ha chiarito come l’attuale linea dura stia diminuendo l’uso di cannabis e gli impatti negativi sulla salute. Nel 2003 la Danimarca ha nuovamente penalizzato il possesso di droghe illecite per il consumo personale, dopo 35 anni di de-penalizzazione. Le politiche di criminalizzazione dei precedenti governi conservatori hanno solo portato a una diffusione in tutte le strade del fiorente mercato illegale, e ad un aumento della violenza legata al commercio. La cannabis è ampiamente disponibile per, tutti compresi i giovanissimi.
Curiosamente, Bødskov ha inviato la lettera previa consultazione con il Ministro della Salute, Astrid Krag Kristensen, del Partito Popolare Socialista (SF), partito che ha spinto per la depenalizzazione della cannabis nel 2001. Tuttavia, la SF non è disposta a fare le barricate sulla questione. “C’è una risoluzione del congresso sulla depenalizzazione della marijuana, ma per come la vedo io in questo momento, non esiste una maggioranza a favore della depenalizzazione e non emetteremo ultimatum”, ha detto il portavoce degli affari giuridici di SF, Karina Lorentzen. Il Partito liberale radicale (Radikale Venstre), l’altro partito della coalizione al governo, non vede con favore la depenalizzazione, ma la sua posizione è ambigua.
Il progetto pilota
Il 25 gennaio 2012, il Consiglio comunale di Copenhagen ha approvato la richiesta al Ministro della Giustizia per l’autorizzazione – come progetto pilota quinquennale – di attivare un sistema comunale di vendita dei derivati della cannabis, con 20-25 punti vendita. Il Comune immagina un sistema simile a quello statale del monopolio dell’alcool che opera nella vicina Svezia, in cui la marijuana è coltivata direttamente dall’ente pubblico o tramite licenza da coltivatori privati. Il ministro della Giustizia dovrebbe quindi esentare l’iniziativa municipale dall’applicazione della normativa vigente sul traffico di droga.
Il progetto pilota per la regolazione della cannabis normerà tutte le fasi della filiera: la coltivazione, l’importazione, vendita e acquisto. I cinque anni di progetto pilota ha lo scopo di dimostrare o confutare se un mercato regolamentato della cannabis è in grado di soddisfare i seguenti obiettivi:
- Avere un impatto positivo sui consumi e soprattutto l’abuso di cannabis.
- Creare una piattaforma per un’informazione pubblica più efficace sugli effetti e gli effetti negativi dell’uso di cannabis.
- Creare un contatto migliore e più tempestivo tra i “tossicodipendenti” da cannabis e il sistema dei trattamenti.
- Ridurre il passaggio dall’uso di cannabis alle sostanze più pericolose, separando il mercato della cannabis da quello delle droghe pesanti.
- Avere un effetto limitante sulla criminalità organizzata, e sulle bande, particolarmente violente.
La richiesta fornisce alcuni dettagli sul set-up del progetto pilota. La produzione di cannabis è effettuate per il tramite di società autorizzate, comprese imprese pubbliche. Il personale nei punti vendita deve essere ben formato per consigliare sugli effetti nocivi dell’uso di marijuana e consigliare sulle opzioni di trattamento per abuso di cannabis e altre droghe o di alcool. Ci saranno dei limiti alla quantità che potrà essere acquistata ogni giorno per singola persona. L’identificazione si renderà necessaria per limitare l’accesso agli adulti e prevenire il turismo della cannabis. In alternativa, i non residenti potranno acquistare solo quantità limitate. Il progetto sarà accompagnato da una campagna di prevenzione sugli effetti nocivi dell’uso di cannabis e delle droghe pesanti.
Mentre il Comune ha fornito alcune linee guida generali per il progetto pilota, il progetto vero e proprio dovrebbe realizzarsi nel dialogo e nella cooperazione con i gruppi di governo, i portatori di interessi e i partner dell’iniziativa. Un concreto regime sperimentale prevede la creazione del necessario quadro legislativo. Il possesso di cannabis per uso personale deve essere legale o decrimininalizzato, per questo Copenhagen ha bisogno della collaborazione e dell’approvazione del governo nazionale. Il Comune ha anche bisogno di un’autorizzazione per la coltivazione della cannabis.
Durante i cinque anni di durata del progetto pilota del Comune, esso sarà regolarmente valutato per misurare l’impatto sull’uso, la criminalità e le eventuali conseguenze non volute. La valutazione dovrebbe fornire la base per le future discussioni e le decisioni circa la depenalizzazione e la regolamentazione del mercato della cannabis. A condizione che il governo consenta la “deroga” per il progetto pilota, il Dipartimento dei Servizi Sociali del Comune elaborerà un sistema di regolamentazione più specifico per Copenaghen.
Da dove arriva la cannabis in Danimarca
È interessante notare che la proposta include l’opzione per importare la cannabis fino a quando la Danimarca non avrà una sufficiente e stabile produzione nazionale di hashish. Al momento, la maggior parte della cannabis venduta in Danimarca è hashish proveniente dal Marocco. Lo sbarco in Danimarca è principalmente tramite Spagna, Paesi Bassi o direttamente dal Marocco ed è organizzato da organizzazioni criminali danesi. Giuridicamente l’importazione di hashish dal Marocco richiederebbe un accordo tra i due governi e sarebbe un test interessante per verificare i limiti geografici delle convenzioni delle Nazioni Unite di controllo delle droghe
La cannabis è sempre più coltivata in Danimarca. Esistono due tipi diversi di coltivatori: l’auto-consumatore e il coltivatore sperimentale da un lato e i coltivatori per lucro dall’altro. Il gruppo degli “autocoltivatori” include le persone che desiderano essere autosufficienti e, forse, anche fornire cannabis agli amici vicini e remoti. Spesso considerano la coltivazione della cannabis come un hobby, cercano di coltivare piante di buona qualità, e vogliono evitare qualsiasi contatto con l’ambiente criminale. Secondo una recente ricerca la maggior parte di questi coltivatori possiede meno di 20 piante e realizzano un profitto moderato dalla produzione. L’altro gruppo, quello orientato al profitto, spesso sono invece parte dell’ambiente criminale e riforniscono il mercato illegale.
Cannabis Social Club
Un’opzione che non è discussa in Danimarca è il modello dei cannabis social club, introdotto dalle associazioni di utenti in Spagna. I club sono registrati correttamente come associazioni non commerciali di utenti adulti che coltivano e distribuiscono cannabis per soddisfare le loro esigenze personali, senza dover ricorrere al mercato nero. Essi si basano sul fatto che l’uso della droga non viene criminalizzato e la coltivazione e la distribuzione tra gli utenti, senza distribuzione ad altri è consentito dalla legge spagnola.
Questa è una opzione che potrebbe essere attuabile nel diritto danese grazie al principio di opportunità, per cui le linee guida di “perseguimento penale” da esso derivanti potrebbero stabilire le regole secondo cui i club devono operare. Si potrebbero regolare i gruppi di auto-coltivatori esistenti in Danimarca e collegarli ad un gruppo più ampio di consumatori, mettendo così in crisi il mercato nero. Tuttavia, tale opzione necessita anche di una decisione del governo su come applicare le linee guida di perseguimento penale e invertire le attuali politiche repressive. Gli osservatori segnalano come siano scarse le possibilità che questo accada.
Leggi il post di Tom Blickman. (traduzione di leonardo fiorentini)