Bajo Flores è la più grande Villa Miseria – equivalente argentino delle favelas- della città di Buenos Aires. Il nome proviene dalla locazione geografica: la Villa è sorta sotto a Flores, uno dei quartieri residenziali più vecchi e popolari della città. Ma a nessuno sfugge l’ironia nera che nasconde il nome: sotto i fiori c’è il fango – il letame, lo stesso che invade le strade sterrate della Villa ogni volta che piove, mescolando l’acqua piovana a quello che fuoriesce dalle fogne artigianali. In questo quadro si innesta una delle questioni più dolorose dell’attualità sudamericana: il narcotraffico e la diffusione di una droga di infima qualità fra chi non può permettersi quelle di prima; per il mercato argentino lo scarto della lavorazione della cocaina (detto paco) proviene soprattutto dal Perù , e viene prodotto ad hoc per gli ultimi consumatori della catena. Sono i figli delle Villas, giovanissimi, disoccupati, destinati alla strada, presto costretti a divenire corrieri del paco per poterlo consumare . E si ingrossa la lista delle vittime , non solo della droga , ma anche dei regolamenti di conti delle bande che detengono il potere della distribuzione e che si spartiscono le zone della Villa , meticolosamente numerate come i settori di un carcere.
Ragazzi giocano in una delle Villa Miseria di Buenos AiresAnche l’omertà. In una notte di qualche tempo fa, sono stati accoltellati due fratelli : il più giovane , Lucas, è morto. Erano entrambi figli di Susana Acosta, delegata di quartiere- praticamente l’unica forma di rappresentanza delle istituzioni in queste terre di nessuno . Susana: una che , quando si è trattato di rompere il silenzio sullo strapotere della criminalità organizzata , non si è mai tirata indietro: “Questi assassini, profughi della giustizia , si nascondono certi della protezione della polizia”. L’omertà copre come una nebbia le baracche di Bajo Flores : ognuno, almeno una volta, ha visto uno spacciatore vendere droga accanto a un poliziotto indifferente, o peggio ancora, corrotto alla luce del sole. Denunciare è inutile, oltre che molto pericoloso. E non si tratta solo della paura di ritorsioni: come tutte le mafie del pianeta , anche quella peruana che controlla la Villa sa che il potere passa anche attraverso il consenso . E non è raro che gli abitanti considerino i capi della criminalità come dei benefattori: Salvador, come chiamano qui a Marcos Estrada Gonzalez –secondo la polizia, il cervello della banda più potente- ha provveduto a pagare l’albergo a diverse famiglie che hanno dovuto lasciare la casa perchè minacciate da una banda rivale. Ma Susana è sempre rimasta fuori da queste logiche. “ Con il tema della droga sono sempre stata molto sincera : io non ci sto. Altri delegati non erano della stessa opinione : l’unico modo per avere più sicurezza,dicevano, è allearsi coi cartelli. Ma io sono contraria, ora più di prima ” .Questo coraggio gli è valso la riconferma puntuale del suo ruolo nel quartiere, anno dopo anno . E , forse, ha qualcosa a che fare con la morte di suo figlio. “ Non so. Il giorno della veglia funebre un uomo mi si è avvicinato e mi ha detto: ‘ sicuramente è stato un errore, sorella. Cercavano qualcun’altro. Però possiamo rimediare con del denaro’ ”. Susana ha risposto con un uno sguardo inorridito, racconta. Ma questa pratica- indennizzare le famiglie delle vittime accidentali della guerra tra Narcos – già diffusa in altri paesi, probabilmente ha già preso piede anche qui. Una giustizia triviale che rinvia a chissà quando l’intervento di quella ordinaria .
Una Villa Miseria argentinaIl parere. Secondo Gabriela Cerruti, ministro dei Diritti Umani , l’unico modo di controllare la violenza prodotta dal narcotraffico “è ricostruire e affermare la presenza nel quartiere, in tutte le forme possibili”; ad esempio, se gli abitanti non possono denunciare quello che succede, creare una rete che bypassi la polizia locale e faccia arrivare le denunce, da parte dei rappresentanti del governo, direttamente alla Camera del Crimine. Questa proposta fa i conti con un problema profondissimo della società argentina : lo Stato sa che non può controllare la polizia. Almeno non in tempi brevi. Inoltre, l’Argentina è ancora piuttosto disarmata perchè la diffusione massiva del paco nelle Villas è cominciata non prima della fine degli anni ’90, e il cartello peruano si manifesta ormai come il più potente del Sudamerica . Perciò, è una battaglia che si può vincere solo combattendola dal basso. Qualche passo può già essere fatto , investendo su un cambio di mentalità generale che agisca in seconda battuta anche sui singoli poliziotti: una catena umana , sociale, intorno al narcotraffico.