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Il 4 giugno scorso, rispondendo ad alcune interrogazioni parlamentari, il Ministro Orlando ha detto che erano circa 8.500 i detenuti in esecuzione di una condanna definitiva esclusivamente per il possesso di droghe. Di questi, circa 3000 avrebbero potuto essere interessati alla rideterminazione della pena perché condannati per fatti di lieve entità quando questa condizione era un’attenuante non bilanciabile con l’aggravante della recidiva. Altri, potrebbero essere ancora in esecuzione delle pene previste dalla legge Fini-Giovanardi e giudicate illegittime dalla Corte costituzionale. Altri ancora, infine, potrebbero essere stati condannati sulla base di previsioni penali ridotte con la conversione in legge del decreto Lorenzin. Siamo dunque di fronte a ben tre cause possibili di detenzione illegittima che, se i numeri non sono cambiati nel frattempo, potrebbero interessare tra le 4000 e le 5-6000 persone (praticamente tutti i condannati per detenzione di droghe, al di fuori dei casi riguardanti il possesso di ingenti quantitativi di droghe “pesanti”).

E’ mai possibile che in un Paese minimamente civile, che si dice ispirato ai principi liberali di tutela della persona umana e dei suoi diritti fondamentali, alcune migliaia di persone siano in carcere senza titolo giuridico legittimo, per inerziale applicazione di pene che hanno perduto la loro validità?

Sono quasi sei mesi che poniamo questo problema, da quando la Corte costituzionale ha giudicato illegittima la legge Fini-Giovanardi. Sin da allora era chiaro a tutti che il problema applicativo più rilevante della sentenza riguardava i detenuti in esecuzione di pene spropositatamente più lunghe di quelle stabilite dalla legge tornata in vigore per effetto della pronuncia della Consulta. Per questo avevamo chiesto un decreto-legge o un indulto mirato alla cancellazione della parte illegittima delle pene in esecuzione. Ma col tempo, mentre il Governo produceva un inutile decreto volto a ripristinare tutto ciò che si poteva riciclare della legge incostituzionale, a quel problema si sono aggiunti gli altri.

I giuristi formalisti, liberali vecchio stampo, tutti codici e pandette, potrebbero obiettare che il problema non esiste: i detenuti che lo vogliano possono avanzare istanza di rideterminazione della pena attraverso i loro avvocati e dunque perché metter di mezzo il Governo? Se però questi signori scendessero le scale della loro sapienza giuridica e si facessero una scarpinata in galera, scoprirebbero che quelle migliaia di detenuti quando non sono totalmente ignari del fatto che stanno subendo una pena illegittima, non hanno i mezzi per un’adeguata assistenza legale. E il risultato è, appunto, che in migliaia stanno ancora lì a riempire inutilmente carceri che (lo ricordiamo per inciso) ospitano ancora una decina di migliaia di detenuti oltre la loro capienza regolamentare.

Il Governo, quindi, non può restare a guardare, aspettando che il tempo consumi l’illegalità in corso. Per questo al ministro Orlando chiediamo di fare almeno due cose: richiamare all’attenzione dei capi degli uffici di procura la responsabilità che il Pubblico ministero – quale garante dell’osservanza delle leggi e della regolare amministrazione della giustizia – ha di procedere anche d’ufficio alla rideterminazione di pene illegittime; e poi scrivere due righe a quegli 8500 detenuti, informandoli delle mutate condizioni normative che potrebbero riguardarli, sollecitandoli a far valutare il loro caso da un legale. Dentro e fuori e le carceri, anche in agosto troveranno associazioni e Garanti decisi a “cancellare le pene illegittime”.

Vedi dossier “Cancelliamo la pena illegittima” su www.fuoriluogo.it