“Se usi LSD, salterai giù dal tetto”: con argomenti come questo, pur mascherati da un linguaggio pseudoscientifico, circa mezzo secolo fa furono demonizzate e bandite le sostanze psichedeliche, classificate insieme alle droghe più “dure” nelle convenzioni internazionali e nei singoli paesi. Una decisione apparentemente legittimata dai noti casi di abuso, ma nella sostanza una grave prevaricazione ideologico-politica: e questo, tenuto conto sia dei dati sulla effettiva pericolosità, sia dei risultati che si andavano ottenendo nelle ricerche in campo psicologico e in quello della terapia di alcuni disturbi mentali. Tuttavia da qualche tempo si è avviato un processo di revisione di tale anomalia, per esempio, con lo studio del 2007 condotto nel Regno Unito da un gruppo di esperti sotto la guida del professor Nutt e con un secondo studio sui criteri di classificazione del danno delle sostanze pubblicato sul Lancet nel 2010. (cfr) . In base a un indice di pericolosità comprensivo di tre componenti (danno fisico, dipendenza, danno sociale), su 20 droghe lecite e illecite l’LSD e l’ecstasy finirono rispettivamente in 14a e in18a posizione: lontanissimi da droghe illecite dure come l’eroina e la cocaina (prime due posizioni) e da droghe lecite come l’alcol (sesto) e il tabacco (nono).
Ora un servizio del New York Times dei primi di maggio, ripreso da Repubblica/NYT del 18, è dedicato a un gruppo norvegese di advocacy per la legalizzazione delle sostanze psichedeliche (principalmente LSD, ecstasy e psilocibina). L’iniziativa, lanciata dallo psicologo Pål-Örjan Johansen e da sua moglie Teri Krebs, ha avuto un successo inatteso, raccogliendo autorevoli sostegni sia scientifici che giuridici e politici. ll succitato professor Nutt ha sottolineato il contributo dell’iniziativa alla lotta contro lo stigma e la paura per gli psichedelici, e come sia in corso un vero rinascimento della ricerca su di essi dopo decenni di paranoia e di censura letali per la scienza. E aggiunge “l’LSD terrorizza i governi, che hanno una paura tremenda che cambi il modo in cui la gente guarda al mondo”. Il direttore medico dell’Agenzia norvegese del farmaco, Steinar Madsen, ha espresso il suo interesse per l’iniziativa (data la sua posizione, ovviamente, non poteva spingersi oltre). Un giudice in pensione della Suprema Corte norvegese, Ketil Lund, ha dichiarato il suo sostegno in quanto la proposta contribuisce alla battaglia contro le politiche antidroga dei paesi occidentali, che ha definito un “fallimento assoluto”. Un analogo appello dello psichiatra britannico James Rucker, per una riclassificazione di LSD e altri psichedelici tale da liberare dalle pastoie gli studi mirati alla valutazione del loro potenziale terapeutico, è apparso il 26 maggio sul Britsh Medical Journal (cfr): anche questo ripreso in un vistoso paginone di Repubblica il giorno successivo (p. 37). Comunque su molte altre azioni in questa direzione non possiamo soffermarci ulteriormente.
Insomma, si moltiplicano e si qualificano i focolai di opposizione alle politiche proibizioniste: cioè al coro di denunce dei disastri della guerra alla droga, si aggiungono strada facendo, nella marcia verso UNGASS 2016, gli specifici interventi che insistono sui danni alla ricerca scientifica, a importanti aree della terapia, all’esercizio dei diritti come le scelte ricreazionali. E quanto ai rischi, ricorda Johansen:”Ogni cosa comporta un rischio: se passeggiate in una foresta, un albero può cadervi in testa; ma questo non significa che non dovreste mai entrare in un bosco”.