A che punto è la notte? Torna, puntuale, il Rapporto sui diritti globali (Ediesse 2007, pp. 1365, euro 30,00), realizzato a cura della Associazione SocietàINformazione, su impulso della Cgil e con la collaborazione di un arco sempre più vasto di associazioni e coordinamenti (Arci e ActionAid, Antigone e Gruppo Abele, Legambiente e Forum ambientalista, Cnca e Cnvg). Torna e ci racconta lo stato dei diritti civili e dei diritti sociali, dei diritti globali e di quelli ecologico-ambientali. Il nostro barometro domestico e planetario, che ci tira fuori dalla contingenza e ci mette nel mondo: puntualmente esso costringe la nostra stanca ritualità a misurarsi con il contesto entro cui essa accade. Quattro parti e tredici capitoli che si sviluppano attraverso una sintesi, il punto, le prospettive, le schede, i fatti, le parole-chiave e i numeri per un quadro locale-globale dell’economia e del lavoro, del welfare, delle politiche sociali e del terzo settore, della sicurezza, della giustizia e delle libertà civili, della globalizzazione, delle politiche ambientali e del processo di integrazione europea. Analisi e commenti di don Ciotti e di Mauro Palma, Presidente del Comitato europeo per la prevenzione della tortura, dei responsabili di settore della Cgil e dei rappresentanti delle associazioni partner del progetto.
«Una forza corrosiva e potente rischia di mangiare la Terra», scrive in esordio Sergio Segio, infaticabile coordinatore di questo colossale lavoro. «La consapevolezza ecologista secondo la quale la Terra ci è data in prestito dai nostri figli è rimasta lettera morta, tradita e irrisa» dall’irresistibile successo della celebre battuta di Woody Allen che azzerava nella semplice contabilità del dare e dell’avere il debito con i posteri: «cosa hanno fatto loro per me?». Seguiamo l’argomentazione di Segio: «ciò che ancora trattiene e impedisce il cambiamento radicale è la cinica consapevolezza che i costi immediati e più alti dell’alterazione climatica li pagheranno i Paesi poveri». Questa cinica consapevolezza si traduce nella sfida della dominazione di una parte del pianeta sul resto del mondo: «così stando e rimanendo le cose, il conflitto globale diventa inevitabile. Potrà assumere le sembianze del conflitto di religione o focalizzarsi contingentemente in vario modo, ma è e rimarrà soprattutto conflitto generato dalle disuguaglianze». È il conflitto che non si placa in aree del mondo e che si accende in violente forme terroristiche oltre la cortina di quei territori straziati dallo stillicidio della morte e della distruzione.
«Parente stretto della guerra, suo nocciolo duro, è la violazione dei diritti umani. Un fenomeno in crescita, favorito dalle misure antiterrorismo adottate in molti Paesi dopo il 2001, accettato come “male minore” anche nella civile Europa». L’eccezione, si sa, fa la regola: ne modifica l’intensità e la legittimità, e di fronte alle teorie della violazione necessaria dei diritti umani, la soglia della tutela subisce un brusco scossone verso il basso, consentendo l’inconsapevole abuso nei confronti della devianza e, in modo particolare, di quella umanità eccedente che si accalca nelle acque del Mediterraneo o al confine messicano con gli Stati uniti d’America.
Lo scossone verso il basso, in umanità e diritti, è quello che puntualmente viene registrato nelle condizioni di vita e di lavoro fin dentro le isole dell’opulenza occidentale, dei Grandi che amano riunirsi nella tarda primavera, per discutere delle cose del mondo, come se fosse un appuntamento mondano d’ancien regime. E così, mentre il rito degli incontri e degli scontri si ripete stancamente, aumenta il divario con il Resto del mondo e si diffonde la povertà nello stesso mondo dei Grandi.
Guglielmo Epifani, nella sua prefazione, cita il vecchio riformista Jacques Delors: «le conquiste del modello sociale europeo sono rimesse in causa o sfidate, da una parte, dalla globalizzazione e dal mutamento tecnologico e, dall’altra, dallo squilibrio che si è creato a vantaggio delle forze del capitale e a spese delle forze del lavoro, divenendo i salariati la variabile di adeguamento alla mondializzazione».
A rileggere la sequela di dati, analisi e notizie contenute in questo Rapporto, a quasi dieci anni da Seattle è ben misero il bottino del movimento altermondialista. La strada dei diritti, della sicurezza dei diritti, resta però la strada maestra di chi abbia a cuore la libertà e la dignità di uomini e donne.
Il decennio, e lo stesso Jacques Delors, ci ricordano che i diritti non sono frutti che cascano dall’albero, ma traguardo di una lotta da rinnovare ogni giorno, pena la loro decadenza sotto i colpi di coloro che preferiscono trincerarsi dietro il privilegio del proprio, esclusivo, diritto alla sicurezza.