Giancarlo Arnao non ha mai capito come persone intelligenti potessero dire o pensare così tante sciocchezze sulle droghe. Ho scoperto questa sua caratteristica la prima volta che l’ho visto. Eravamo a Londra, nel 1987. Ci conoscemmo in un college universitario dove il docente di diritto americano Arnold Trebach aveva organizzato il suo primo seminario internazionale sulla riforma della politica sulle droghe. Da quel momento in poi abbiamo parlato, e riso, un bel po’.
Dal seminario londinese nacquero le conferenze annuali della Drug Policy Foundation a Washington. Ogni anno, quasi senza eccezione, Giancarlo veniva e interveniva soprattutto sul suo tema prediletto, le agenzie internazionali dell’Onu per il controllo della droga. Naturalmente capivo perché gli piacesse parlarne: ogni volta nei rapporti annuali trovava, nero su bianco, le più recenti versioni ufficiali della Proibizione. Non si stancava mai di spiegare meticolosamente le contraddizioni presenti in quei testi, e di mostrare le mezze verità, le falsità e le distorsioni della storia su cui l’ideologia della Proibizione si basa. Ai suoi molti ascoltatori Giancarlo insegnava a prendere quei testi sul serio.
Tutto questo significa che ho conosciuto Arnao solo a metà. L’altra metà, il dentista che aveva a cuore i suoi pazienti, solo occasionalmente emergeva dai suoi racconti.
Come conseguenza della sua indignazione per la retorica della Proibizione, Giancarlo Arnao amava lavorare su libri di cui la gente comune potesse fidarsi. Nutriva grande fiducia nella possibilità di educare le persone con la ragione e il buon senso.
Giancarlo ha scritto libri ben organizzati sulle politiche sulle droghe, su tabacco, cocaina, cannabis, e io stesso sono testimone di quanto attento fosse il suo lavoro su questi argomenti. Se necessario dedicava ore o giorni a scoprire piccoli dettagli per i suoi libri e gli articoli destinati a riviste scientifiche, ma altrettanto faceva per un articolo da consegnare a un giornale nel giro di una settimana.
Controllava e ricontrollava. Non voleva rischiare di mettere per iscritto qualcosa che potesse risultare opinabile. In tutto il mondo aveva amici a cui poteva rivolgersi, se aveva bisogno di informazioni o di riferimenti bibliografici specialistici.
Uno dei suoi lavori più solidi e penetranti è il volume Proibito capire, in cui trovano espressione la sua indignazione e tutta la sua conoscenza di un secolo di mitologia della droga. In Italia conosceva tutti coloro che avessero a che fare con la politica sulle droghe e aveva lavorato per, e con, tutte le associazioni da lui ritenute valide. Fuori dell’Italia Giancarlo era stimato nella piccola comunità globale dei ricercatori che si occupano delle politiche e del consumo di droga. Era considerato uno studioso dotato e responsabile.
Conoscevo Giancarlo Arnao da più di dieci anni, e di questo sono felice. Insieme con sua moglie Christa aveva una conversazione brillante, amava la buona cucina, la musica, e gli piaceva scherzare. Il suo senso dell’umorismo mascherava a volte la rabbia, e a volte la sua rabbia mascherava il senso dell’umorismo. Ma trovava sempre un equilibrio.
Fin quasi alla fine Giancarlo ha continuato ad andare in bicicletta per le colline della Toscana. Ma, negli ultimi mesi, a volte era sopraffatto dal dolore, quando si accorgeva che la sua strada era solo in discesa. Che sia morto a casa sereno e in pace, senza le sofferenze di un lungo periodo di inabilità che tanto temeva, è il grande merito di Christa. Lei ha reso possibile quella dignità che Giancarlo meritava. Non è per questo più facile accettare che non ci sia più, ma certamente è meno doloroso.