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Ogni giorno, per raggiungere il mio ufficio, passo davanti a un piccolo parco. In questo parco lungo la strada c’è un gruppo di persone. Se ne stanno lì – seduti, in piedi, sdraiati – e tutti tengono in mano bottiglie di vino o lattine di birra. Non vestono con molta cura, a volte indossano degli abiti logori, e alcuni di loro hanno delle pettinature che assomigliano a uno zoo.

In genere parlano. Sembrano impegnati in discussioni piuttosto accese ma, allo stesso tempo, alcuni di loro restano seduti ad ascoltare in silenzio e altri sembrano persino dormire. Il loro è un gruppo di “street drinkers”, di “vagabondi”. Si conoscono tutti, il parco è il loro piccolo punto di aggregazione. È piuttosto evidente che non lavorano,  almeno non quando li vedo insieme. In gran parte sono uomini.

Un’altra esperienza che mi capita frequentemente è parlare con un gruppo di persone solitamente molto ben vestite, in una bella stanza, spesso di pomeriggio, in occasioni che in olandese vengono chiamate “ricevimenti”. Un ricevimento viene organizzato, ad esempio, quando un professore lascia il suo incarico per passare a un’altra università. Anche dopo la discussione di una tesi di dottorato si usa offrire un ricevimento. In queste occasioni, le persone sostano in piedi e quasi tutte tengono in mano un bicchiere di vino rosso o bianco o, talvolta, un bicchiere con un drink più forte come il gin o il whisky. I presenti ridono, discutono animatamente o si aggirano in silenzio vagando da una persona all’altra. Tutta questa gente ha un lavoro. Ci sono sia uomini che donne, in misura quasi equivalente.

Le due osservazioni servono come lezione numero uno nella sociologia del consumo di droghe. Naturalmente, la droga che giocava un ruolo nelle due situazioni descritte era l’alcol.

Rispondendo a una domanda sulle conseguenze sociali e sanitarie del consumo di alcol, a quali risposte ciascuno di noi penserebbe subito? Probabilmente risponderemmo: «per favore,  dimmi a quale tipo di consumo di alcol ti riferisci». Giusto. Dunque, a proposito della cocaina: «a quale consumo di cocaina ci riferiamo?»

Patricia Erickson (e altri) iniziano il loro libro The Steel Drug. Cocaine and crack in perspective (1994), mostrando che il consumo di cocaina in America è presente in circostanze e gruppi sociali di tutti i tipi. È possibile trovare consumatori di cocaina nei ghetti poveri delle città del Nord America, ma anche nei sobborghi chic o nelle case dei ricchi. Ericson cita uno studio di Wallace. In questo studio, la maggior parte dei consumatori di crack vengono da «famiglie “disfunzionali” dei ghetti con notevoli problemi sociali». Ma nei nostri studi sui consumatori di cocaina, io e Arjan Sas abbiamo riscontrato l’uso di crack tra consumatori di cocaina con una buona occupazione, altamente “funzionali” e completamente integrati, così come è stato osservato anche da Waldorf e colleghi nei loro studi condotti in California nel 1991, e da Reinarman e Levine nel 1997. In che modo, dunque, dobbiamo affrontare la domanda su quali siano le possibili conseguenze sanitarie e sociali del consumo di cocaina?

Come per l’alcol, anche per la cocaina gli effetti dipendono dai diversi modi di assunzione

Lezione numero due. Dobbiamo prepararci all’idea che non esiste una risposta semplice a questa domanda.  È piuttosto evidente che, come nel caso dei due gruppi di consumatori di alcol che ho descritto prima, dobbiamo essere disposti ad accettare il fatto che le risposte a questa domanda possono essere molto diverse, da un tipo di consumatore di cocaina all’altro. Molto dipende dal gruppo a cui il consumatore appartiene e dal suo modello di  consumo.

Il gruppo a cui appartiene il consumatore

Prima degli anni ‘80 sono apparsi molti studi sui consumatori di cocaina che erano sottoposti a un qualche tipo di regime clinico. Come possiamo vedere oggi in Olanda, molti consumatori di oppiacei hanno scelto la cocaina come seconda droga o, dopo avere usato oppiacei per qualche tempo, hanno sostituito il consumo primario di oppiacei con un consumo primario di cocaina.

In gruppi dove la disoccupazione e i comportamenti criminosi sono la regola, dove prevalgono condizioni abitative disagiate e l’integrazione sociale nella cultura dominante lavorativa o familiare è bassa, il consumatore di cocaina, di alcol o di qualsiasi altra droga si comporterà in modo molto diverso dal consumatore che fa parte di un’altra sottocultura. Se non andiamo a lavorare, perché dovremmo smettere di usare la cocaina alle nove di sera? Se non dobbiamo fare bella figura con il nostro capo tutte le mattine mostrandoci brillanti, i freni sulla gestione del nostro tempo legati al contesto sono davvero diversi rispetto a quando invece dobbiamo fare bella figura.

Se non facciamo parte di una cultura in cui si mangia tutti i giorni e si mangia bene, le conseguenze sulla salute del consumo di alcol, ma anche di cocaina, saranno diverse che se mangiassimo bene e con regolarità. Se fumiamo la cocaina per scappare costantemente da qualche tipo di disagio sociale, gli effetti che cerchiamo sono diversi che se fumassimo la cocaina per lanciarci in una avventura di sessualità e di eccesso.

La gente sembra desiderare gli effetti che a volte ottiene dalle droghe, e cerca di fare in modo che essi si ripetano. Gli effetti che si cercano nelle droghe possono variare molto, anche con la stessa droga. Le due tipologie di consumatori di alcol che vi ho presentato inizialmente cercano nell’alcol effetti diversi. La scelta di questi ultimi dipende molto dalla propria collocazione sociale, ma anche dal proprio carattere e dall’interazione tra situazione e stato d’animo.

Modelli di consumo

Prendiamo ora in considerazione il modello di consumo di una droga. Per modello di consumo intendiamo la misurazione di alcune variabili come la tipica quantità consumata, la frequenza tipica del consumo e l’intensità tipica dell’intossicazione. Di solito definiamo anche, nell’ambito del modello di consumo, il tipo di situazione che il consumatore sceglie per consumare.

Nel caso dell’alcol, tutti noi conosciamo un certo tipo di consumatore che assume alcol tutti i giorni, ma in piccole quantità e con livelli di intossicazione molto bassi o addirittura pari a zero. I consumatori di questo tipo si fermano in un bar dopo il lavoro, o bevono un drink a casa mentre chiacchierano con i figli. Potremmo chiamare questo modello di consumo “uso frequente intossicazione zero”. Si tratta di un nome molto neutro. Un’altra possibilità è questa: un consumatore che beve vino quotidianamente, e che lo sceglie molto attentamente per abbinarlo ai pasti ma non come veicolo di intossicazione, potrebbe essere chiamato un “consumatore di alcol gourmet”. Lo stesso vale anche per la cocaina, sebbene nel caso dei consumatori di cocaina il gusto possa essere importante, ma in modo molto diverso che nel caso del vino. Il consumatore di cocaina apprezzerà il gusto amaro, intenso della cocaina, o il gelo sottile in fondo alla lingua.

Abbiamo trovato una quantità considerevole di consumatori di cocaina – consumatori che usavano questa sostanza tutti i giorni ma con quantitativi molto piccoli, meno di 0,5 grammi alla settimana – a cui piace sentire il gelo, o la stimolazione molto leggera dopo cena, in modo molto simile a coloro che dopo cena bevono un caffè. Per ottenere questo effetto gli bastano delle strisce di cocaina molto piccole, anche se la loro ricchezza o la riserva di cocaina che hanno a disposizione nel cassetto dell’ufficio gli consentirebbe di usarne in quantità molto maggiori. Comunque, i modelli di consumo possono prevedere un uso infrequente ma con grossi quanti- tativi (di solito si parla di consumo a dismisura), oppure un uso frequente e con grossi quantitativi – i cosiddetti modelli di consumo ad alta frequenza e ad alta intensità. Per studiare le conseguenza sociali e sanitarie del consumo, bisogna distinguere molto attentamente tra i modelli di consumo.

[1-continua]

Ringrazio il professor Nicolas Grahame Ph.D, Di- partimento di Psichiatria, Indiana University School of Medicine, per le sue osservazioni e per avere curato l’editing di questa relazione.

Il link alla versione originale su: www.fuoriluogo.it