Quando, in che misura e in che modo la pianta di coca è stata incorporata nel sistema sociale, riconosciuta e integrata in un orizzonte di interpretazione, inclusa in una normativa socialmente condivisa, che non riguarda solo l’uso alimentare e terapeutico, ma anche una serie di credenze e di associazioni simboliche, di convenzioni nei rapporti interpersonali che costituiscono la trama di correlazioni psicoculturali?
I metodi di datazione applicati su reperti archeologici ritrovati nelle Ande centrali testimoniano come l’uomo abbia cominciato a masticare foglie di coca in epoche precedenti al 2500 a.C. Foglie ritrovate in bocca ai defunti nelle necropoli, vasi di ceramica, spille d’argento, statuine d’oro, attestano il particolare rilievo che la pianta di coca, protagonista principale dei miti di fondazione delle culture andine, ha assunto nella visione del mondo Aymara e Quechua.
Espressioni linguistiche, strumentazioni materiali, saperi incorporati in azioni tecniche, rappresentazioni e simbolismi trasmessi e riprodotti entro specifici ambiti di relazione, attestano quanto antica sia la coltivazione della pianta di coca. Mambear, chaccar, acullicar, pijchear, mascar, coquear: masticare foglie di coca è parte di un antico sistema di valori e di credenze, di un habitus legato alle esperienze di vita, alle memorie familiari e locali delle popolazioni andine. Esistono cerimonie e rituali, connessi a pratiche divinatorie, a status sociale dei partecipanti e agli argomenti in discussione.
Un invito a masticarne è una pratica molto complessa dai significati non solo religiosi: un’occasione di incontro sociale, uno strumento di interazione rituale, un tramite per gli scambi tra esseri umani e dei. Si mastica insieme agli amici per sviluppare socialità, risolvere conflitti in seno al gruppo, trovare soluzioni ai problemi, rinsaldare legami. Si mastica dopo ogni pasto, in occasione delle pause a metà mattino o a metà pomeriggio così come si prende una tazza di tè o una tazza di caffé. Ne masticano i contadini, i pastori, i minatori, i pescatori.
C’è una notevole differenza tra la cultura della coltivazione e del consumo delle foglie di coca, il dichiarare illegale la sua compravendita e la relazione con il consumo di cocaina che avviene nel mondo. Tra proibire ed ostacolare le richieste di industrializzare la foglia di coca per usi leciti e proporre la sostituzione della coltivazione con altri prodotti agricoli che non hanno accesso al mercato. Tra rivendicare il diritto alla sopravvivenza di un cultura, battersi per vedere garantito l’uso personale di un “cato” di terra (circa 16 mq, ndr) coltivato a coca per nucleo familiare e accomunare i cocaleros ai narcos. Tra salvaguardare una coltura tradizionale e distruggere le piantagioni, alterando una intera economia e un assetto sociale, uno stile di vita, una cultura. Cultura minacciata dai governi occidentali che chiedono l’arresto della produzione per usi legali e convivono con le reti mondiali del narcotraffico.