L’Olanda ha assistito ad una significativa normalizzazione del consumo di cannabis negli ultimi trent’anni, col sistema dei coffee shops. Questi locali sono autorizzati a vendere piccole quantità di cannabis, ma l’acquisto da parte dei gestori di una quantità sufficiente della stessa sostanza rimane illegale. L’illegalità dell’approvvigionamento dei coffee shops presenta gravi inconvenienti. Il primo e più importante è che la cannabis conserva un’immagine “criminalizzata”, a causa della mancanza di regolamentazione e del continuo impiego della repressione per combattere gli importanti interessi economici legati al traffico della stessa. Per queste ragioni nel 1998 la Fondazione per la Politica sulla Droga dei Paesi Bassi (NPDF) ha elaborato una proposta per allargare la politica di “tolleranza”. Si tratterebbe di istituire un sistema di produzione, trasporto e vendita dei prodotti della cannabis attraverso circuiti chiusi: un certo numero di produttori sarebbero autorizzati a rifornire determinati coffee shops , con un sistema di contabilità controllabile dalla polizia, dal fisco e dalle autorità sanitarie. Analogamente a quanto oggi avviene per la vendita al pubblico, il sistema di approvvigionamento proposto verrebbe sottoposto al controllo del “triangolo” delle autorità locali (il Sindaco, il Procuratore distrettuale e il Capo della Polizia). Questo progetto presenta numerosi vantaggi: i consumatori sarebbero garantiti come per ogni altro acquisto, le confezioni recherebbero informazioni affidabili circa il prodotto contenuto, e i coffee shops sarebbero autorizzati a tenere scorte sufficienti per il normale svolgimento della loro attività. La proposta è stata inviata al Governo, ma finora non vi sono state risposte a livello ufficiale. Le autorità locali hanno comunque dimostrato un considerevole interesse, anche se nessun magistrato si è dimostrato disposto a cooperare. E’ evidente che si aspetta una decisione a livello nazionale col via libera del Ministero di Giustizia. Discutendo di decriminalizzazione della canapa, occorre però dissipare l’equivoco che potrebbe sorgere, qualora il dibattito si concentrasse solo su questa sostanza, in base al criterio della sua dichiarata innocuità. Questo approccio infatti offre il destro ai proibizionisti di centrare l’attenzione dell’opinione pubblica sui rischi e la tossicità della cannabis e delle altre droghe illecite. Questo può essere un dibattito senza fine, e può lasciare nell’opinione pubblica l’impressione che la cannabis sia più tossica di quanto non dicano coloro che ne chiedono la legalizzazione; e che le altre droghe siano così pericolose e creino una così forte dipendenza, da richiedere una lotta ancor più determinata . La politica sanitaria non può essere decisa solamente in base al criterio della tossicità; non è questo il nocciolo della questione. In ultima istanza, la chiave del problema sta nello stabilire quale sia il sistema migliore per controllare i rischi per la salute associati al consumo di droghe. Dovremmo avere il coraggio di riconoscere che i motivi di salute pubblica addotti per giustificare la proibizione – e cioè, che il rischio associato al consumo di droghe è tale che i governi hanno il dovere di proibire queste sostanze- non costituiscono un argomento valido. La proibizione non diminuisce i rischi per la salute, anzi, li aggrava (in aggiunta ai disastrosi effetti collaterali a livello sociale). Il controllo dei rischi sanitari non richiede la proibizione, bensì, una regolamentazione legale per ridurli , stimolando l’auto-controllo individuale e permettendo alle autorità di esercitare un ragionevole controllo esterno. Vent’anni di esperienza nei Paesi Bassi hanno dimostrato che una politica relativamente tollerante in materia di droghe ottiene migliori risultati dal punto di vista della salute pubblica, rispetto alle misure fortemente repressive in linea con i principi sostenuti dagli Stati Uniti e dalle Nazioni Unite. Poiché la tesi della proibizione delle droghe si basa ufficialmente su motivazioni di salute pubblica, appare logico controbattere questo argomento sostenendo che i rischi per la salute associati al consumo della cannabis sono assai ridotti. Questo argomento contiene in sé un pericolo: esso può essere interpretato come una giustificazione della proibizione delle altre droghe, dal momento che comunemente si ritiene che i rischi per la salute di queste ultime siano di gran lunga superiori a quelli della cannabis. La fine della proibizione della cannabis non dovrebbe significare solamente un trasferimento di risorse e di mezzi per combattere le restanti droghe, così come avvenne negli Stati Uniti dopo l’abolizione della Proibizione dell’alcol nel 1933. La regolamentazione legale della cannabis è necessaria, non per la sua innocuità, ma proprio perché il suo consumo comporta un certo rischio per la salute. Dal punto di vista della salute pubblica, la società dovrebbe tenere conto non solo della sua tossicità o del rischio di un’eventuale dipendenza, bensì del miglior modo per ridurre al minimo e contenere i rischi per la salute associati al suo consumo. E, fondamentalmente, il medesimo ragionamento dovrebbe applicarsi alle altre droghe, per le quali si renderebbe necessaria una maggiore e più severa regolamentazione. Le differenze sono di grado, non assolute: una sostanza può comportare un maggiore rischio per la salute rispetto ad un’altra, ma tutte le droghe attualmente illecite necessitano di una migliore regolazione. Neanche il consumo di sigarette – il più tossico e rischioso, dal punto di vista della dipendenza – dovrebbe essere proibito, non almeno se si persegue l’obbiettivo di tutelare la salute pubblica. La regolamentazione legale aumenterebbe inoltre le possibilità di un intervento precoce per i consumatori problematici. Poiché i rischi della cannabis sono minimi, le regole per il suo consumo sarebbero assai ridotte. Il che non significa che alla cannabis non si applichino misure di riduzione dei rischi per la salute. Importanti informazioni sanitarie per i consumatori di cannabis sono ad esempio contenute nel libro di Hall e Solovij “Adverse Effects of Cannabis” (Effetti Negativi della Cannabis), Lancet, 1998. Il dibattito sulla legalizzazione della cannabis potrebbe alzare una cortina fumogena che ci allontana dall’affrontare il vero problema: una adeguata regolamentazione per tutte le droghe illecite. Usare la cannabis come punta di lancia della nostra strategia impiegando gli argomenti sbagliati – e cioè che la sostanza è quasi innocua e solo una percentuale irrisoria di consumatori sviluppa dipendenza- , può condurre ad un complicata ed insostenibile controversia tossicologica ed epidemiologica. La legalizzazione delle sostanze psicotrope attualmente proibite è necessaria precisamente a causa della loro tossicità, dei rischi di abuso e di potenziale dipendenza: essa permetterà migliori condizioni per un consumo controllato e migliorerà le condizioni di vita dei consumatori problematici. La vera domanda da porsi è allora questa: qual è il sistema che permette di controllare più efficacemente i rischi sanitari correlati al consumo di droghe?
Il materiale di documentazione della NDPF è sul sito www.drugtext.nl
*Psichiatra, Netherlands Drug Policy Foundation