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La legislatura si è chiusa con un nulla di fatto in tema di riforma della legge sul consumo di droghe e senza essere riuscita ad affrontare nodi come il testamento biologico, le unioni di fatto, la procreazione assistita. Un’eredità pesante, come ha avuto modo di scrivere Stefano Rodotà su La Repubblica (14/02/2008). Poteva la maggioranza di Prodi evitare di mettere nel cassetto queste riforme? Forse questo esito era già annunciato dal risultato elettorale del 2006; un sostanziale pareggio dopo cinque anni di Berlusconi. Cinque anni in cui la destra aveva governato, interpretato e cambiato il paese. Per questo quando discutiamo del governo, delle speranze disattese non riesco a mettere tra parentesi i rapporti di forza politici e sociali che hanno segnato questa esperienza. L’accusa che mi sento di fare all’Unione è quella di non aver letto fino in fondo le conseguenze di quel risultato. Il centrosinista è stato incapace di mettere a tema il pareggio e governare di conseguenza. Ha navigato a vista.
Il corposo programma di Prodi per una sola legge parlava chiaramente di abrogazione, quella sulle droghe, ma si è visto che già il decreto che alzava la soglia di sostanza consentita per uso personale bastava a far vacillare la tenuta della maggioranza. Non sono solo venuti al pettine nodi non sciolti della cultura politica del centrosinistra, come la ben nota difficoltà ad affrontare il tema del consumo senza paternalismo. La debolezza della vittoria politica ha fatto il resto.
Adesso davvero l’eredità è pesante, soprattutto in tema di diritti e autonomia delle persone. L’irruzione della polizia nel policlinico di Napoli sulla base di una denuncia anonima è un fatto gravissimo, che mostra dove può portare la crociata contro l’aborto e la volontà di controllo delle scelte procreative delle donne. Sulla pelle delle donne salta lo stato di diritto, per tutti. La mai sopita tentazione paternalista e autoritaria di uno stato che decide cosa è meglio per te, per la tua salute, per la tutela della vita, per le tue relazioni d’amore, per il tuo corpo irrompe nella cronaca quotidiana.
Questo clima politico culturale vede, dall’esperienza del referendum sulla legge sulla procreazione assistita in poi, le gerarchie vaticane impegnate in prima fila, con interventi diretti, nelle istituzioni e in parlamento. Fino ad oggi le risposte della politica sono state deboli, troppo occupate a rincorrere l’elettorato cattolico sui singoli temi, mentre in gioco c’è il carattere stesso dell’impegno dei cattolici in politica e la laicità delle istituzioni, tema caro anche a tanti cattolici democratici.
Si può invocare che questioni così delicate non siano oggetto di strumentalità elettorale, ma non è possibile girar la testa dall’altro lato. C’è bisogno di chiarezza sugli intenti delle forze politiche. La campagna elettorale non può non parlare di questa posta in gioco; sui diritti e l’autonomia delle persone si decide la qualità della democrazia.  
Cecilia D’Elia