“Drugs on street: no crash” questo è il titolo del progetto coordinato dal Dipartimento delle dipendenze di Verona con il dichiarato obiettivo di contrastare i danni prodotti dalle intossicazioni da alcol e da droghe illegali durante la guida (articoli 186 e 187 del codice della strada). In sintesi, le forze dell’ordine organizzano gli ordinari controlli, dotati dei necessari strumenti per misurare l’alcolemia e/o la presenza di tracce di sostanze illegali nell’urina o nella saliva, altri atti invasivi non sono praticabili. Ai guidatori fermati, barcollanti e stralunati, o coinvolti in un incidente, viene applicato l’accertamento. Se risulta positivo scattano le sanzioni pecuniarie, la sospensione o la revoca della patente ed anche l’eventuale sequestro del mezzo. Il tutto è proporzionato al livello di intossicazione e/o alla gravità dell’incidente. L’articolo 187 (droghe illegali) indica con più precisione la possibilità di accompagnare il conducente sospetto e/o incidentato ad un ambulatorio specialistico, allestito in loco o presso una struttura sanitaria per effettuare una visita medica e redigere un referto sulle condizioni della persona.
Su questa base si è costruita la sceneggiata prevista dal progetto, estremamente costosa e quindi autolimitante e con enfasi retorica sulla comunicazione, comprensiva della menzogna contenuta nel seguente passaggio: «Sulle strade della nostra città, nelle notti del fine settimana, una persona su due circola in uno stato psicofisico tale che potrebbe causare incidenti stradali in cui numerose altre persone potrebbero ferirsi, o, peggio, perdere la vita». L’affermazione, allarmistica e coerente con la recente campagna di stampa, è contenuta nel capitolo del manuale del citato progetto dedicato alla comunicazione, che afferma: «La comunicazione, diversamente dalla pubblicità, che deve favorire la vendita di un prodotto, è una delle attività strategicamente più importanti per un’azienda perché trasferisce informazioni e contribuisce alla costruzione dell’immagine dell’azienda stessa».
Banale marketing narcisistico, perdonabile per la nobiltà dello scopo? No, piuttosto precisa strategia di supporto alle campagne terroristiche per costruire il consenso politico attraverso procurati allarmi (l’azienda della paura e della sicurezza), con inevitabile fallimento dello scopo dichiarato e condivisibile della sicurezza stradale. L’azione è troppo costosa per poter essere applicata su larga scala e quindi risulta inutile. Rimane irrisolta l’incongruenza derivante dalla dimostrazione oggettiva dell’intossicazione attraverso tracce di consumo pregresso o attuale. Il supporto del barocco linguaggio di una parte della medicina legale, che vanta «criteriologie» o «epicrisi» ineccepibili, non è convincente e si avvale solo di un potere da rendita di posizione. Pesi e misure diversi tra alcol e droghe illegali, fermo restando che la maggioranza degli incidenti avviene con alcolemie sotto la soglia legale. Sarebbe meglio investire in prevenzione ed educazione, ma questo è troppo razionale per rispondere all’irrazionale disegno di dissuasione fondato sull’intollerante ed arbitraria repressione. Infine complimenti per il titolo: “Drugs on street: no crash”, un boomerang linguistico, ai lettori scoprire l’arcano, buon divertimento.
Franco Marcomini