Ho assistito da poco alla street parade di Zurigo dove circa un milione di persone (prevalentemente giovani, ma anche famiglie ed alcuni che non sarebbe sbagliato definire “anziani”) hanno allegramente invaso la città (che ha meno di 400.000 abitanti) per celebrare una sorta di carnevale techno. Leggendo, appena rientrato, come da noi, in Italia, prevalga invece un’organizzazione di eventi “rave” sempre più piccoli e sempre più nascosti (inaccessibili quindi a chi, per esempio, svolge azioni di prevenzione e di cura), vorrei fare alcune considerazioni a partire da una dato semplice: le cose succedono. Succede, ad esempio, che i giovani che amano un certo tipo di musica e di ballare insieme si ritrovino e si organizzino per celebrare questi “riti”. È un fenomeno che da molti anni attraversa tutta l’Europa (potremmo dire tutto il mondo) e che, con diversi stili, è definito da nomi come “rave party”, “street parade”… Succede anche che le persone assumano droghe, soprattutto in alcune fasi della loro vita e della loro esplorazione del mondo che li circonda.
Una società, per fronteggiare questi fenomeni, può scegliere diverse strade: una passa sicuramente attraverso la scelta di ostacolare tali comportamenti e questo, certamente, spingerà alcuni a non metterli in atto (in genere le persone non particolarmente interessate a queste cose), mentre spingerà altri ad agire tali comportamenti di nascosto (le persone molto interessate a queste cose). Un’altra strada, scelta dalla città di Zurigo – appartenente, non dimentichiamolo, ad un paese profondamente conservatore come la Svizzera – è stata quella di cercare di controllare e gestire le situazioni che possono creare danno o allarme alle persone e alla città. Le politiche della città nascono quindi da questa contemporanea attenzione alla salute pubblica e al controllo sociale. La stessa combinazione salute-controllo è alla base delle cosiddette “stanze del buco”, dell’offerta di trattamento – compreso quello con eroina – e dell’organizzazione, appunto, della “street parade”. Questo fa sì che un milione circa di persone che attraversano Zurigo, ballando al ritmo della techno, diventino un’occasione di festa (e di business) per la città e per i cittadini, con televisioni e media di tutta Europa che partecipano a questo evento gioioso. La nostra mentalità (queste cose non si devono fare) fa sì che 3.000 persone vicino a Guastalla diventino un dramma umano e sociale con denunce, segnalazioni e inquinamento dell’ambiente circostante.
Il ministro Giovanardi ha commentato, riferendosi alla morte di una ragazza per assunzione di ecstasy, che l’analisi della pastiglia non avrebbe certamente modificato il suo comportamento. Io questo non lo so. So che ho visto analizzare le pastiglie – a Zurigo ovviamente, in quanto da noi non si può fare – e ho visto segnalare alle persone di fare attenzione a compresse con percentuali particolarmente elevate di principio attivo. Ho visto segnalare allarme per la presenza di compresse, vendute come ecstasy, contenenti morfina e che potevano provocare overdose da oppiacei; ho visto operatori che, nell’attesa della risposta dell’analisi della compressa, intervistavano le persone, parlavano con loro, le informavano su rischi e conseguenze possibili. Ho visto una polizia discreta, che lavorava in sinergia con gli altri operatori. Ho visto ammanettare uno spacciatore senza che la folla intorno, giovani e giovanissimi, si scagliasse contro i due poliziotti che erano intervenuti. Ma è possibile in Italia, per la destra, parlare di tutela della salute dei consumatori ed è possibile in Italia, per la sinistra, parlare di controllo sociale? Possiamo provare a declinare questi termini? Penso che negarli voglia dire consegnarli ad altri, parlarne e discuterne voglia dire, forse, provare a farli propri e a costruire, su queste parole, una politica che sia a difesa dei cittadini (tutti) e non a difesa delle proprie ideologie.
Edo Polidori