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Vi sono matrimoni che rispondono a necessità elementari. Quasi fatti di natura. Questo vale anche per il connubio tra il Rototom Sunsplash, sicuramente il più grande festival reggae d’Europa – e a sentire la ministra giamaicana della cultura ospite dell’ultima edizione, Olivia Grange, addirittura il più grande festival reggae del mondo – e il Forum Droghe, l’associazione che con maggiore intelligenza in Italia si occupa da anni di politiche sulle sostanze.
Un matrimonio che ha un comune denominatore «scandaloso», nella brutta Italia in cui ci troviamo a vivere: il rifiuto delle fallimentari politiche proibizioniste sulle droghe, e della sciagurata legge Fini-Giovanardi; la capacità di far prevalere la forza del ragionamento laddove il senso comune plasmato dal sistema politico e mediatico si affida esclusivamente a slogan e disinformazione sistematica. Un matrimonio, quello celebrato fra Forum Droghe e Sunsplash, che ha appunto l’obiettivo dichiarato di contribuire a modificare le matrici culturali che segnano il dibattito pubblico e il comune sentire di noi tutti. E che da tre anni si consolida attraverso la collaborazione diretta del Forum nell’ideazione dei momenti così cari per il Rototom dedicati alle questioni legate alle sostanze, alla canapa prima di tutto, e alle vicende politiche che hanno segnato e continuano a segnare le vite di milioni di consumatori.
Da tre anni infatti, grazie all’opera di Franco Corleone, il Parco del Rivellino di Osoppo, la meravigliosa cornice del Rototom, ospita alcune delle personalità di maggior rilievo in tema di sostanze, e quest’anno, nel dibattito «La criminalizzazione della canapa fa bene alla salute?», due autorità accademiche come Gian Luigi Gessa (farmacologo, Università di Cagliari) e Peter Cohen (sociologo, Università di Amsterdam). Un incontro che è stato seguito da un pubblico numeroso e attento, e che ha visto confrontarsi due opposti e talvolta inconciliabili paradigmi: quello farmacologico del professor Gessa e quello sociale del professor Cohen. In un crescendo emozionante di domande ultime e suggestioni filosofiche, che ancora una volta hanno dimostrato come il Sunsplash, più che un festival musicale, sia un vero e proprio microcosmo, una prefigurazione di una comunità umana riflessiva e piena di rispetto. Caratteri propri del festival che quest’anno sono apparsi grottescamente in contrasto con il surreale dibattito sviluppatosi nei giornali e nei palazzi locali, dove la paranoia securitaria e l’isteria della war on drugs hanno parzialmente oscurato la straordinarietà del Sunsplash. E di ospiti come la ministra Grange e i sindaci di Osoppo (di centrodestra) e Udine, tutti impegnati nella sua difesa e nella difesa delle 160.000 persone che in dieci giorni hanno dimostrato come il nostro mondo possa essere migliore di quello che abbiamo sotto gli occhi. Perché il Sunsplash è proprio questo: un mondo più bello che si lascia sempre con un senso struggente di nostalgia. Almeno fino alla prossima edizione.
Alessandro Oria