Il dramma della morte di Jannick ha colpito profondamente i sentimenti dell’opinione pubblica del nostro paese. I mass media hanno molto insistito sulla necessità di vietare il commercio dell’ecstasy, veicolando in questo modo l’errata convinzione che la diffusione del suo consumo sia legata a una mancata repressione del traffico e dello spaccio. Per discutere di quella che ci è stata presentata come la “nuova grande emergenza”, Fuoriluogo ha incontrato la Ministra per la Solidarietà sociale Livia Turco.
I sequestri e gli arresti di questi giorni dimostrano che la legge già punisce il mercato delle pasticche. Questo non ne ha impedito la diffusione e soprattutto non ha efficacemente tutelato la salute dei consumatori. A tuo parere abbiamo davvero bisogno di aumentare la repressione?
Nonostante la forte pressione degli organi di stampa e della campagna emergenziale alimentata dalle televisioni, il Governo ha puntato sull’informazione e la prevenzione, terreno privilegiato dal mio ministero, che non da oggi insiste sulla necessità di raggiungere i giovani e i giovanissimi con messaggi informativi e dissuasivi. Già nel 1997 avevamo finanziato una campagna sulle cosiddette nuove droghe, imperniata su azioni mirate sul territorio, nei luoghi di aggregazione giovanile e di intrattenimento notturno. Campagna, studiata con esperti qualificati, che si avvaleva di linguaggi e modalità di comunicazione mutuati dal mondo dei giovani e che evitava accuratamente ogni tono terroristico, considerandolo inefficace e controproducente. Campagna che continua tuttora per iniziativa di gruppi del volontariato, con materiale informativo messo a disposizione dal nostro Dipartimento. Quanto alla repressione, non si tratta di aumentarla, ma se mai di qualificarla, sollecitando le forze dell’ordine a individuare i laboratori clandestini e le centrali di importazione. C’è anche, e non può essere sottovalutato, un problema di aggiornamento delle tabelle delle sostanze stupefacenti, per poter perseguire lo spaccio. Infatti i sequestri poco significano se poi le pasticche sequestrate, la cui composizione è varia, non risultano nelle tabelle.
Un recente studio dell’Osservatorio europeo ridimensiona l’enfasi sulla pericolosità dell’ecstasy e presenta i pochi dati disponibili sul consumo di droghe sintetiche, relativi al Regno unito. Dal 1987 al 1996 i morti per ecstasy sono stati 42. Per comprendere il significato di questa cifra, l’Osservatorio la paragona alle morti per alcol, che in Gran Bretagna ammontano a 33.000 in un solo anno. Questi dati, pur non nascondendo i rischi, invitano però a non criminalizzare la sostanza. L’Osservatorio reputa efficaci quegli interventi di riduzione del danno, tesi a indirizzare il consumo verso un uso moderato e meno rischioso. Il tuo ministero quali indirizzi persegue? Ci sono esperienze che avete ritenuto giusto sostenere, anche attingendo dal Fondo nazionale antidroga?
Con l’approvazione della legge 45, che disciplina il Fondo nazionale per la lotta contro la droga e il successivo Atto di coordinamento e di indirizzo per la valutazione dei progetti da parte delle Regioni, sono riconosciuti, tra gli altri, gli interventi di riduzione del danno “purché finalizzati al miglioramento della salute e della qualità della vita, nonché al recupero sociale”. Tocca però alle Regioni scegliere i progetti da finanziare e mi risulta che in alcune realtà siano stati previsti anche interventi di riduzione del danno nei luoghi più a rischio. Nella stessa discoteca Number One della provincia di Brescia è già all’opera un progetto che ha queste caratteristiche. Per la parte del Fondo che è riservata ai progetti delle Amministrazioni centrali, la Commissione istruttoria ha già previsto il finanziamento di iniziative di prevenzione, di monitoraggio e di formazione riguardo alle nuove droghe. Non mi pare però che l’Osservatorio minimizzi i rischi connessi all’uso delle droghe sintetiche, tanto è vero che ha predisposto un Sistema di allerta rapido, sostenuto anche dal nostro paese, per individuare con tempismo le nuove droghe presenti sul mercato illegale e proporne la messa fuorilegge nell’Unione Europea. Questo è già stato fatto, per esempio, con la MT-4.
Uno dei problemi aperti è il controllo del mercato clandestino e delle sostanze in circolazione. In Olanda affiancano all’informazione l’analisi delle pastiglie. In Italia un progetto simile presentato dall’Emilia-romagna, è stato bloccato. Non credi sia utile sperimentare anche da noi un simile intervento?
Le esperienze degli altri paesi, compresa questa olandese, vanno valutate e studiate accuratamente. So che la Regione Lazio, ad esempio, ha varato un progetto pilota che prevede un Centro mobile di raccolta di pasticche che possono essere consegnate spontaneamente dai cittadini senza incorrere in sanzioni, affinché siano tempestivamente analizzate dai laboratori dell’Istituto superiore della Sanità.
C’è, anche a seguito di tanta cattiva informazione, e di campagne come quella del Corriere della sera sulla cura coatta per i tossicodipendenti, una reale ansia dell’opinione pubblica su questi temi. Sorge il dubbio che si sia voluto cavalcare una nuova emergenza per rafforzare una linea politica che punta tutto sulla repressione…
La grande stampa ha senza dubbio cavalcato spregiudicatamente l’allarme sulle nuove droghe enfatizzando le paure e le insicurezze oggi così diffuse nell’opinione pubblica. Ricordo, invece, che quando noi lanciammo la campagna di informazione sull’ecstasy oltre un anno fa, facemmo molta fatica a destare l’attenzione dei giornali e delle tv! L’aver lavorato però, lontano dai riflettori, ha forse reso più efficace la campagna che voleva rivolgersi ai ragazzi fuori dai toni emergenziali. Io credo che occuparsi seriamente della diffusione delle droghe, alcool incluso, tra i giovani voglia dire rispondere a una domanda di spazi, di socialità, di luoghi di incontro e di divertimento che spesso non trova altra risposta che nelle discoteche e nelle pasticche. In questa direzione va la legge sulle politiche per i giovani da noi presentata e ora all’attenzione del Parlamento.